Pd. Franceschini: “Non ci sarà scissione” e Fassino dice “no” a Bersani

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Pd. Franceschini: “Non ci sarà scissione” e Fassino dice “no” a Bersani

28 Giugno 2009

"Una linea, un candidato. Non è mica l’anticamera della scissione. È un confronto democratico che farà bene al Pd". Il giorno dopo il primo duello con Pierluigi Bersani, svoltosi davanti alla platea degli under 40 al Lingotto di Torino, il segretario del Pd Dario Franceschini si preoccupa di sdrammatizzare la competizione per la scelta del nuovo leader.

Una presa di posizione, quella di Franceschini, che arriva in contemporanea con le preoccupazioni espresse da Eugenio Scalfari,su La Repubblica, per una possibile "implosione" del Pd. Secondo Franceschini, intervistato da L‘Unità, dal duello per l’elezione del segretario non deriveranno conseguenze drammatiche per il Pd. "Siamo un partito che non vivrà più divisioni in base alle provenienze, perchè il mescolamento c’è già stato". La sfida, sottolinea, sarà "sui contenuti". L’importante, ammonisce, è che ci si liberi "dai difetti che ci hanno fatto male in passato, come la paura di votare". Chi vincerà "avrà la forza per affrontare le regionali, impegnarsi nella costruzione del partito, lavorare alle alleanze".

Le prime battute della campagna per l’elezione del segretario democratico sembrano dare ragione a Franceschini almeno per l’aspetto del "mescolamento". Nel posizionamento dei "grandi elettori" dell’uno e dell’altro candidato, non sempre vale lo schema che vorrebbe gli ex diessini con Bersani e gli ex della Margherita con Franceschini. Se Rosy Bindi ha dato il suo sostegno a Bersani, dalla parte opposta Piero Fassino, ultimo segretario dei Ds, ha scelto Franceschini. Secondo Fassino, l’attuale segretario "può essere l’uomo ponte tra due generazioni". "Nella candidatura di Bersani – spiega Fassino in un’intervista a Repubblica – vedo il rischio di un ripiegamento identitario, soprattutto se scatta il meccanismo per cui, venendo dai Ds, tutti i Ds si sentono in dovere di sostenerlo".

Qualche maligno spiega la scelta di Fassino con la promessa della presidenza del pd che gli sarebbe stata fatta da Franceschini. Ma Fassino smentisce nettamente: "Non esiste un patto del genere", afferma, sottolineando che ne Pd la figura del presidente "è inutile". Ci sono poi quelli che sono ancora in dubbio sulla scelta tra i due. Tra questi, l’ulivista Arturo Parisi, che sollecita gli sfidanti a dire qualcosa sul loro programma: "Finora disponiamo dei nomi dei candidati e anche dei loro più o meno grandi elettori. Solo quando conosceremo le loro proposte potrò far sapere a chi vanno le mie preferenze".

Quanto all’ipotesi di un terzo candidato, Parisi invita a pensarci due volte: con una candidatura debole, che si limitasse a togliere voti a Franceschini e Bersani senza arrivare alla maggioranza assoluta, ci sarebbe il serio rischio di sottrarre ai cittadini la scelta finale sul nuovo segretario: e già, perché, secondo lo statuto, per essere eletti con le primarie bisogna raggiungere il cinquanta per cento più uno dei voti, altrimenti la palla passerebbe ai delegati dell’assemblea nazionale che dovrebbero scegliere uno tra i due candidati più votati.

Il tam tam indica Sergio Chiamparino come possibile terzo incomodo tra Bersani e Franceschini; ma il sindaco di Torino, che pure ha ammesso di pensarci, sembra voler aspettare ancora prima di sciogliere la riserva. Delusi quanti speravano in una candidatura di uno degli under 40 del Lingotto. Per questo il blogger Mario Adinolfi, candidato alle precedenti primarie del pd, li sfida a trovare un candidato su cui dare battaglia e a fargli un fischio.