Pd, in Campania vince l’uomo “nuovo” di De Mita e Bassolino

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Pd, in Campania vince l’uomo “nuovo” di De Mita e Bassolino

24 Ottobre 2007

Se qualcuno finge ancora di vedere
nel Partito Democratico il “nuovo che avanza”, faccia un salto in
Campania. O comunque segua con un pizzico di attenzione in più le vicende del
Pd in questa regione. Non farà fatica a scoprire una realtà emblematica, anche
se ovviamente contrassegnata da specificità locali: il soggetto politico di cui
Veltroni è stato incoronato leader non è nuovo e non avanza. Per la
proclamazione – ancora precaria e traballante – dei risultati delle
primarie si è dovuta attendere la tarda serata di ieri, martedì 23 ottobre, dopo un ultimo “supplemento di informazioni ” (sic) da parte
dell’Ufficio Tecnico Amministrativo Nazionale. E il nome del segretario
regionale è comparso sul sito ufficiale del partito soltanto questa mattina,
alle 10.08.

Nessun refuso, avete letto bene: 23
ottobre. Nove giorni dopo la chiamata alle urne. Un record difficilmente
battibile, un ritardo da guinness dei primati. Nove giorni per contare le
schede dei 438mila votanti (questa, almeno,  la cifra dichiarata ufficialmente).
E non è mica finita qui: sul responso continua a gravare il sospetto di
brogli e pressioni, ad aleggiare l’ombra del dubbio, a incombere la minaccia di
reclami. Polemiche e contestazioni fioccano non solo da parte dei
candidati non eletti alla segreteria, ma anche da singoli aspiranti
all’ingresso nell’assemblea regionale. Uno spettacolo francamente penoso. Del
resto, fin dall’inizio – addirittura già dalla campagna elettorale – nel
Pd campano è prevalsa la logica del “tutti contro tutti”. Una lunga
scia di veleni e accuse, anatemi e invettive. E’ parsa una sorta di guerra per
bande politiche, altro che “partito non attraversato da
correnti”. Una plastica e perentoria sconfessione dell’ecumenismo
veltroniano. Roba che, al confronto, Mastella e Di Pietro sembrano i
fidanzatini di Peynet.

Il segretario regionale – Alla
fine la carica è stata attribuita a Tino Iannuzzi, deputato
salernitano, l’uomo di Bassolino e De Mita. Ma soprattutto di De Mita, che
non a caso ha immediatamente provveduto a “marchiarlo” facendogli
fare a Capriglia Irpina (un centro a pochi chilometri da Avellino) la prima
apparizione in campagna elettorale e poi anche la prima uscita pubblica dopo la
proclamazione ufficiosa dei risultati. Iannuzzi, dunque, parte tra dubbi e
perplessità sulla trasparenza della sua elezione. E con l’onere di dimostrare
sufficiente caratura per una gestione autonoma e innovativa. Quest’ultima
appare obiettivamente un’impresa ardua, se non proprio una missione
impossibile.

Anche il governatore Bassolino, dal
canto suo, ha poco da sorridere. Pur eletto all’assemblea costituente, è stato
superato nel collegio di Bagnoli da un’esponente della società civile, la
sociologa Fortuna Caccavale. 

Gli sfidanti – Erano – ma forse
sarebbe meglio dire: sono – in tre a contendere la segreteria regionale a
Iannuzzi: Salvatore Piccolo (vicino a Vincenzo De Luca, il sindaco di
Salerno, diessino eretico e populista, nemico giurato di Bassolino), il
rutelliano Sandro De Franciscis ed Eugenio Mazzarella in rappresentanza
dell’area Letta. Ognuno rappresenta una distinta anima e sensibilità del Pd
(per parlare di correnti non mancheranno tempo e occasioni), ma su un punto
concordano in pieno: troppe le irregolarità. Nei giorni scorsi hanno parlato di
vero e proprio “scempio” in riferimento all’interruzione dello
spoglio in Campania 1 e Campania 2. Hanno chiesto accurati controlli sullo
scrutinio e il riconteggio di tutte le schede, ottenendo – nella notte del 18
ottobre – il sequestro dei verbali e una sorta di commissariamento dello
spoglio dei voti, avocato a sé dall’Ufficio tecnico nazionale. Dure e clamorose
le loro accuse: da molteplici casi di voto senza documento di identità alla
sparizione di verbali, poi ricomparsi in parte davanti ai commissari. In
sostanza, inspiegabili discrasie riscontrate tra i votanti e l’assegnazione dei
seggi. “Un nuovo partito – ha detto Piccolo – non può nascere con il
peccato originale di un risultato taroccato o di un accordo a tavolino sulle
percentuali, come invece si mormora”. Entro 48 ore sono attesi i
ricorsi degli “sconfitti”, che intanto parlano di
“opacità”, “sospetti non fugati”, “primarie che si
sarebbero dovute rifare”. E c’è pure chi ipotizza iniziative
giudiziarie, accanto ai reclami da presentare agli organismi interni al partito.

Le reazioni nazionali – Una bufera
di tali proporzioni, un simile “pasticciaccio brutto” ha
ovviamente lasciato il segno, con inevitabili echi e risvolti sul piano
nazionale. Non sono mancate reazioni e prese di posizione autorevoli. Tranne
una. Manco a dirlo, quella di Walter  Veltroni, al cui confronto la figura
di Pilato si staglia sempre più come quella di un fermo e risoluto
decisionista. Pur ripetutamente evocato, il segretario nazionale non ha battuto
un colpo e si è rifugiato in un silenzio assordante: il solito
atteggiamento a cui ricorre quando non è possibile dire tutto e il contrario di
tutto, sostenendo contemporaneamente tesi e antitesi.

E’ intervenuto sulla vicenda,
invece, Francesco Rutelli: “Mi sono arrivate notizie di procedure quanto
meno scombinate e denunce di poca trasparenza. Credo che gli organismi di
garanzia debbano assicurare la massima correttezza in questa regione”. Gli
ha fatto eco Umberto Ranieri: “Il confronto politico – ha detto – è
stato soverchiato da una sorta di guerra di nomenclature nel quadro di un
processo di feudalizzazione della lotta politica”.

Morale della favola: l’incredibile
caos del Pd in Campania testimonia che le chiacchiere buoniste stanno a zero,
che certe parole d’ordine veltroniane (innovazione e coesione, ad esempio) non
abitano qui. E che dal territorio giungono risposte niente affatto
incoraggianti per la neonata forza politica di centrosinistra. La
“nuova stagione” non esiste. O assomiglia terribilmente alla vecchia.