Pd nel caos tra Renzi e Grillo, ma anche il Pdl rischia grosso

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Pd nel caos tra Renzi e Grillo, ma anche il Pdl rischia grosso

02 Settembre 2012

Matteo Renzi e Beppe Grillo. Distanti anni luce eppure entrambi ‘mine vaganti’ per e nel Pd. Stesso obiettivo seppure da angolazioni diverse: il sindaco di Firenze si gioca alle primarie la leadership e la battaglia per la rottamazione dei ‘ vecchi’. Grillo ha aperto da tempo la caccia ai voti democrat. A Reggio Emilia Renzi sfila alla festa del Pd e incassa ovazioni quando ripete il refrain del ‘prego si accomodi’ per chi sta in parlamento da 25 anni “e ci ha portato a questa situazione”. Dal suo palco virtuale, il comico lancia l’allarme su fantomatiche forze del male che vorrebbero addirittura toglierlo di mezzo. Campagna elettorale al curaro, c’è da scommetterci.

E il Pdl? Rischia grosso se non si dà una mossa, se non batte un colpo e tornavelocemente  in campo con idee, uomini e programmi in grado di coagulare un elettorato in parte deluso e distante. A cominciare dal come si andrà a votare perché è da qui che discende molto di ciò che accadrà nei prossimi  tre mesi.

Strana la storia. Un anno fa, più o meno di questi tempi, a Vasto Bersani, Vendola e Di Pietro scattavano la foto di un’alleanza (presunta) che sembrava ormai cosa fatta. In mezzo è passato di tutto, compresa la fine del governo Berlusconi e l’ingresso di Monti a Palazzo Chigi, una crisi mondiale enorme da affrontare, un’Europa divisa, misure drastiche per tentare di far quadrare i conti pubblici, una strana maggioranza a sostenere i ‘tecnici’ in Parlamento. Quella foto è ormai sbiadita, sfocata, ingiallita come se fosse passato mezzo secolo. Oggi Di Pietro sta con Grillo e contro Bersani; Vendola sta con Bersani (e forse ci farà pure liste uniche a costo di ‘sacrificare’ l’ala pura e dura del partito, quella che ha fatto il tifo per il niet bertinottiano) ma vorrebbe dentro anche il capo dell’Idv. C’è poi Renzi che (non proprio a sorpresa) ha deciso di correre alle primarie sfidando il leader del partito (e quelli della coalizione, se ci sarà) alla testa del popolo dei ‘giovani’ che vuole scalzare quello dei ‘vecchi’.

Non solo. La mossa politica del sindaco di Firenze rischia di aprire un fronte nel Pd difficile da gestire per Bersani: l’agenda Monti. Il sindaco di Firenze la rilancia come programma della prossima legislatura, ma quanti nel Pd sono pronti a sottoscriverla? I veltroniani sono tentati ma per il momento non si fidano; e gli ex Margherita che faranno? Sta qui la cifra delle tensioni che attraversano un partito stretto tra il sostegno a Monti e il problema di tenere insieme voti ed elettorato (seppure i sondaggi sono favorevoli) di militanti e dirigenti non del tutto in linea con la linea del Prof. di Varese.

La sfida di Renzi è poi sulle primarie. Da Reggio Emilia ci ha rimesso sopra il carico da novanta, proprio nel momento in cui mezzo partito non le auspica (almeno non prima di capire con che legge elettorale si andrà al voto) e Rosy Bindi fa intendere che potrebbero anche non servire o forse, sarebbe meglio evitare. Anche questo è un passaggio delicatissimo per il segretario democrat.

Infine Casini: Renzi ieri lo ha attaccato frontalmente dopochè il leader Udc ne aveva criticato la levatura politica. Un monito velato, quasi a dire: non vogliamo morire democristiani. Musica per le orecchie dei piddini più integralisti. Insomma, a sinistra la maionese rischia di impazzire prima del tempo.

Ma le cose non vanno certo molto meglio nel centrodestra, alle prese con la riserva che Berlusconi dovrebbe sciogliere entro ottobre sulla sua candidatura a premier. Non è poco, anzi è tanto, perché è da qui che discenderanno mosse e assetti futuri nel partito chiamato forse alla sua sfida elettorale più importante. C’è da mettere a punto un programma per l’Italia credibile ed efficace, c’è da rimettere al centro dell’iniziativa politica la famiglia così fortemente penalizzata dalle tasse montiane; c’è da riconnettersi con settori del mondo produttivo persi per strada; c’è da battere il territorio per parlare con la gente. C’è infine, ma non per questo meno importante, da ricostruire, rafforzare, rilanciare l’identità del centrodestra su dossier, valori, idee e progetti. Presente e futuro.

E nel presente c’è da decidere sulla legge elettorale. Dopodomani si dovrebbe arrivare al ‘quid’ nella riunione del comitato ristretto in Senato. L’accordo di fondo c’è, come ricorda il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello che al dossier sulla legge elettorale lavora da mesi, ma il punto vero è capire se e come varare un testo che sia il più possibile condiviso (come vuole Napolitano, arbitro della prossima sfida elettorale), in grado di garantire stabilità ai governi e diritto di rappresentanza ai cittadini. Non c’è tempo da perdere. Per tutti.