Pdl, via libera alle nomine. E il Cav. ricuce lo strappo con la Lega
09 Aprile 2009
Assetti interni al Pdl e rapporti col Carroccio. Temi caldi, anzi roventi, dopo lo scivolone alla Camera sul decreto sicurezza e i maldipancia nella maggioranza sull’organigramma del nuovo partito. Due dossier sul tavolo del Cav da chiudere in tempi rapidi per evitare ulteriori strascichi polemici. E la giornata di ieri è servita a fare il punto e mettere le cose in ordine. Fuori e dentro il partito.
Cosa accade nel Pdl. Berlusconi ha dato il via libera al pacchetto di nomi proposti dai triumviri Bondi, La Russa e Verdini. Riguardano i coordinatori regionali (con relativi vice), provinciali e i responsabili dei settori in cui si articola l’attività del Pdl. Non ci sono novità di rilievo rispetto alle indiscrezioni già circolate: sostanziale riconferma degli uscenti ai coordinamenti regionali, ma resta aperta l’ultima casella: la Sicilia. Il braccio di ferro tra Miccichè e Alfano ha portato all’empasse e il lavoro di mediazione richiederà ancora qualche giorno prima dell’ufficializzazione (che ormai slitta a dopo Pasqua).
Al di là del gioco di caselle ed equilibri tra Fi e An (fedele alla regola del 70 a 30), il dato che salta agli occhi è che la maggior parte dei nominati – regionali ma anche provinciali – siede in Parlamento. Aspetto non casuale, fanno notare dai quartier generali dei due ex partiti, perchè seppure si trattava di un criterio di massima già previsto sarebbe stato perfezionato con una certa sollecitudine in una riunione notturna seguita alla debacle alla Camera sul decreto sicurezza.
Due gli obiettivi: da un lato stemperare i malumori di molti parlamentari che lamenterebbero il ruolo marginale degli eletti rispetto alle decisioni sull’organigramma di partito e sulla partecipazione al progetto politico e che anche per questo mercoledì in Aula avrebbero mandato un "segnale" approfittando del voto a scrutinio segreto; dall’altro "blindare" le trattative per le candidature alle amministrative e responsabilizzare chi sul territorio ha poteri di getione e di scelta (vedi la nomina dei coordinatori comunali e la selezione della classe dirigente) soprattutto in vista del doppio test elettorale di giugno e della mission affidata ai suoi dal Cav: far crescere il Pdl e raggranellare il maggior numero di consensi. La riconferma dei coordinatori uscenti rientra certamente in quest’ottica anche se la mappa delle nomine – si dice in ambienti vicini a Palazzo Grazioli – non avrebbe entusiasmato il Cav più incline a innovazioni che al mantenimento dello status quo. E c’è chi per questo, non esclude l’ipotesi che il quadro appena licenziato possa subire innesti e modifiche già dopo il voto di giugno.
La ripartizione tra Fi e An assegna agli azzurri quattordici regioni, sei quelle appannaggio degli aennini. Per la parte in quota ai forzisti, in Piemonte resta Enzo Ghigo (Agostino Ghiglia, An, vice coordinatore vicario), in Toscana Massimo Parisi (Riccardo Migliori il vice), in Umbria Luciano Rossi (vice Pietro Laffranco), nelle Marche Remigio Ceroni (Carlo Ciccioli vice), in Molise Ulisse Di Giacomo (vice Filoteo Di Sandro), in Basilicata il senatore Guido Viceconte (Egidio Digilio, vice). Il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino guiderà il coordinamento della Campania e sarà affiancato dal collega Mario Landolfi, il senatore Filippo Piccone si occuperà del partito in Abruzzo (Fabrizio Di Stefano il vice vicario), In Friuli Venezia Giulia confermato Isidoro Gottardo (Roberto Menia il vice), così come in Liguria il deputato Michele Scandroglio (vicario Eugenio Minasso) e in Valle D’Aosta Giorgio Bongiorno (Alberto Zucchi, il vicario). Guido Podestà, candidato del Pdl alla Provincia di Milano, guida il coordinamento in Lombardia (sarà affiancato da Massimo Corsaro); in Trentino Alto Adige l’incarico è stato affidato a Maurizio Del Tenno (Pietro Mitolo il vice).
Ad Alleanza Nazionale sono stati assegnati i coordinamenti dell’Emilia Romagna con Filippo Berselli (Giampaolo Bettamio, il vicario), della Calabria con il sidanco di Reggio Giuseppe Scopelliti (vice Antonio Gentile), della Puglia con il senatore Francesco Maria Amoruso (vice Antonio Di Staso), della Sardegna con il senatore ed ex sindaco di Cagliari Mariano Delogu. Nel Lazio, regione tradizionalmente considerata serbatoio di voti per l’ex partito di Fini, a guidare il partito è stato chiamato il parlamentare Vincenzo Piso (Alfredo Pallone il vicario) . Infine in Veneto il neo-coordinatore del Pdl è il sottosegretario all’Economia Alberto Giorgetti (Marino Zorzato il vicario).
Anche per i responsabili di settore e i loro vice, gli incarichi messi nero su bianco rispettano gli equilibri tra Fi e An specialmente per i dipartimenti "di peso". Al vicepresidente della Camera Maurizio Lupi è stata assegnata l’Orgnizzazione (l’aennino Marco Martinelli è il vice), mentre agli Enti Locali va Giovanni Collino (sarà affiancato dal vicepresidente della Commissione Trasporti Mario Valducci che già guidava lo stesso dipartimento in Fi).
Daniele Capezzone è il portavoce del Pdl e nel ruolo di vice è stata designata la giovane deputata aennina Anna Maria Bernini. Quest’ultima fa parte della pattuglia "rosa" inserita nell’organigramma che vede il ministro Giorgia Meloni nel ruolo di presidente dei Giovani e Francesco Pasquali in quello di coordinatore. La parlamentare Laura Ravetto guida la Comunicazione, settore che sarà co-presieduto dal senatore aennino Alberto Balboni. Il sottosegretario al Turismo Michela Vittoria Brambilla si occuperà delle iniziative movimentiste (Luca Sbardella vice), la parlamentare Barbara Saltamartini quello delle Pari Opportunità insieme alla collega Beatrice Lorenzin (nel ruolo di vice). Micaela Biancofiore insieme a Sergio De Gregorio, Giampaolo Bettamio e Marco Zacchera affiancherà Aldo Di Biagio alla guida del settore Italiani nel mondo.
E ancora: Carmelo Briguglio si occuperà della Formazione (il forzista Nicola Formichella è il vicario); Ignazio Abrignani è responsabile del settore Elettorale (con Vincenzo Nespoli) mentre alle Adesioni va Gregorio Fontana (vice Francesco Biava), Antonio Palmieri guida il dipartimento Internet e nuove tecnologie (Antonio Giordano, il vice) mentre Mario Mantovani si occuperà dei Difensori del voto e dei rappresentanti di lista (con Pietro Laffranco). Da definire lo scacchiere degli incarichi alla guida delle quattordici Consulte, tante quante sono le commissioni parlamentari (Camera e Senato) ma anche qui le caselle sarebbero in gran parte già chiuse: Niccolò Ghedini alla Giustizia, Carlo Vizzini agli Affari Costituzionali, Deborah Bergamini alla Consulta che si occuperà di politica estera, Malgieri alla Cultura e Paolo Amato alle Politiche Comunitarie.
I rapporti con la Lega. La mediazione del Cav è servita a rasserenare il clima e a rimettere in pista la coalizione dopo la strambata di mercoledì alla Camera col governo battuto sul decreto sicurezza e la maggioranza che va sotto tra defezioni e “franchi tiratori” (complice il voto a scrutinio segreto). Berlusconi si sarebbe lamentato coi suoi per le numerose assenze a Montecitorio, specialmente su provvedimenti importanti al centro dell’agenda dell’esecutivo e del programma elettorale del Pdl. Uno dei motivi sui quali, dopo lo schiaffo, la Lega attacca, grida al “tradimento” e minaccia di far saltare gli accordi per le amministrative al nord.
Ieri nel faccia a faccia con Bossi e Maroni il premier ha accolto le sollecitazioni del Carroccio sia sulla questione ronde, sparite dal decreto ma reinserite nel disegno di legge che dovrebbe arrivare alla Camera il 27 aprile, sia sui Cie . Ora l’obiettivo è fare in modo che la norma depennata mercoledì dall’Aula (fissa in 180 giorni la permanenza degli immigrati irregolari nelle strutture di identificazione ed espulsione) resti in piedi anche per evitare che il 26 aprile, scaduti i termini del decreto, un migliaio di clandestini tornino in circolazione.
Certo, i tempi ristretti non aiutano, ma Berlusconi farà da garante. Tra le ipotesi tecniche allo studio ci sarebbe una soluzione intermedia tra i due mesi previsti dalla legge in vigore i sei previsti dal decreto: l’intesa tra Pdl e Carroccio fisserebbe il termine a quattro mesi. Presumibilmente, la norma dovrebbe essere reintrodotta nel provvedimento che il 20 arriverà nell’Aula di Palazzo Madama, subito dopo il passaggio a Montecitorio per l’approvazione definitiva (molto probabile il ricorso alla fiducia). E se il Senatur stempera le tensioni e assicura che lo strappo sarà ricucito, nelle file del Carroccio il malumore resta e non è escluso che farà pesare in chiave elettorale la vicenda sicurezza. Non solo. Perché l’altro nodo da sciogliere nel rapporto Pdl-Lega resta il referendum elettorale. Il Carroccio non ne vuole sapere di accorpare la consultazione popolare alle amministrative ed europee (il raggiungimento del quorum avrebbe l’effetto di premiare con un congruo premio di maggioranza il partito vincente e non più l’alleanza) e su questo è pronto ad aprire un nuovo braccio di ferro con l’alleato.
Strategia in chiave elettorale certo, ma la Lega sa bene che tirare troppo la corda ora significherebbe correre il rischio di ipotecare un cammino spedito verso il federalismo fiscale. Lo sa bene il Senatur che ieri dopo il vertice col Cav ha gettato acqua sul fuoco: con Silvio aggiusteremo tutto.