Pecorella (Pdl): “La proposta di Orlando sulla giustizia? Ragionevole”
16 Aprile 2010
Sette giorni di fuoco, resi roventi dal tema-Giustizia. Venerdì scorso Andrea Orlando (Pd), dalle pagine de "Il Foglio", avanza "5 proposte" e ieri centocinque deputati del Partito democratico firmano una lettera in sostegno del responsabile di settore del partito. Ma la spaccatura nel Pd è evidente. Intanto, l’Idv insorge e il Pdl accoglie le proposte di Orlando. Ne abbiamo parlato con un giurista, l’Onorevole Gaetano Pecorella.
Onorevole Pecorella, cosa pensa delle 5 proposte del responsabile Giustizia del Pd Andrea Orlando?
Nel complesso mi sembrano ragionevoli e, da parte mia, trovano grandissima disponibilità. Anche se ci sono degli aspetti sui quali non mi trovo d’accordo.
Quali?
In particolare c’è un punto che non condivido: Orlando sostiene che con la riforma ordinamentale varata due anni fa si è già realizzata una "sostanziale distinzione" fra i ruoli. Non credo sia così. Allo stato attuale delle cose, gli organi competenti sanno benissimo quando un pubblico ministero va a fare il giudice. Così come quando un giudice diventa pm. Questo non si può negare. E’ un punto sul quale, a mio avviso, emergono degli inequivocabili condizionamenti che il Partito democratico ha da sempre con i ranghi della magistratura.
Centocinque deputati del Pd stanno con Orlando. C’è chi sostiene che il partito, scendendo "a patti" con la maggioranza, voglia prendere le distanze da Di Pietro. E’ uno scenario verosimile?
Credo che per arrivare ad un punto di equilibrio fra forze politiche e fare delle riforme responsabili, è necessario che le fazioni più estreme siano, come dire, "tacitate" da un accordo fra persone dotate di maggiore buon senso. Ma questo discorso vale anche per la nostra parte. Certo, devo sottolineare che la Lega ha posizioni molto avanzate sul piano delle riforme. Non ci creano troppi problemi. Al massimo possiamo essere in disaccordo su temi come la sicurezza o l’ordine pubblico. Non certo sulla Giustizia.
Quanto è importante che certe riforme siano fatte in modo condiviso?
Credo sia estremamente difficile fare una riforma della giustizia senza una condivisione d’intenti. In primo luogo perché stiamo parlando di un tema di largo consenso. Perciò non può essere “di parte”. E’ chiaro che non ci può essere una sola idea di giustizia. In secondo luogo perché oggi fare delle leggi, anche modeste, significa impiegare tempi lunghissimi. Per questo penso sia meglio trovare delle riforme non troppo radicali, che però siano varate rapidamente.
Tre anni sono sufficienti?
E’ vero, abbiamo altri tre anni. Ma fin’ora, per difficoltà o rotture interne, le riforme non sono ancora state fatte. Faccio un esempio. A breve ci sarà la riforma degli ordini professionali: è un provvedimento molto importante. Però deve essere attuato senza contrasti politici. E’ necessario che la sinistra si sganci dal condizionamento di una parte della magistratura e che noi mettiamo fine alla questione dei processi del Presidente del Consiglio. Insomma, come Orlando stesso dice, è necessario che i magistrati tornino ai loro doveri. Quando afferma, in sostanza, che bisogna avere dei procedimenti disciplinari più efficaci, aumentare la distanza tra pm e giudici, portare a termine i processi in tempi brevi e modificare gli assetti giudiziari, Orlando ha ragione. In fondo, sono tutte cose che noi diciamo da anni. Solo che non le abbiamo ancora trasformate in leggi.
Un altro tema toccato da Orlando è “l’efficacia delle azioni disciplinari” del CSM. Si parla, cioè, di "ragionare" sulle sanzioni ai giudici inadempienti.
Aver sollevato questo problema mi sembra fondamentale. Ci sono, ad esempio, magistrati che hanno determinato delle scarcerazioni per non aver scritto la sentenza in tempo. Altri, addirittura, che non hanno lavorato per anni, provocando gravi danni ai cittadini. E per tutto questo molti di loro non hanno mai ricevuto alcuna sanzione. Questo è inammissibile.
Ci sono altri punti della proposta che trova interessanti?
Trovo importante la ridefinizione delle circoscrizioni. Alcune di queste, ad esempio, lavorano poco e con pochi magistrati. Ci sono città che una volta avevano ruoli istituzionali molto importanti che oggi non hanno più. Quindi vanno "riscritte". Ma attenzione: è necessario anche che le modifiche condizionino in qualche modo le realtà locali. Perché quelli che impediscono il processo di modifica globale sono, da un lato, gli avvocati, che hanno problemi a lavorare lontani dal centro; dall’altro, gli amministratori locali, che non vogliono perdere la bandiera della presenza del tribunale locale nella circoscrizione. Purtroppo, il funzionamento della giustizia richiede dei sacrifici. Certo, mi rendo conto che sarebbe una grave perdita per alcuni avvocati locali e per le piccole circoscrizioni che rimarrebbero prive di tribunali.
Secondo lei la riforma della Giustizia deve necessariamente passare per la riforma della Costituzione?
Non si può pensare che la riforma costituzionale sia pensata per "vendicarsi" dei giudici o per realizzare interessi personali di qualcuno. Facciamo ancora l’esempio della separazione delle carriere: questa passa attraverso le riforme costituzionali in tutti i sistemi liberali d’Occidente. Stesso discorso vale per l’obbligatorietà dell’azione penale o per la responsabilità contabile e processuale del pubblico ministero. Bisogna evitare, in breve, che la Costituzione impedisca delle riforme anche quando c’è accordo fra le parti politiche, altrimenti le riforme ordinarie rischiano di cadere nel vuoto.
Quanto tempo ci vorrà per queste riforme ?
E’ chiaro che in questo momento devono essere considerate moltissime variabili o elementi che creano dei blocchi: il contesto politico è determinante. E se la maggioranza riuscirà a rasserenare questo contesto, credo che si potranno fare le cose in tempi brevi.