Pena di morte per Hasan, 13 persone uccise in strage Fort Hood

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Pena di morte per Hasan, 13 persone uccise in strage Fort Hood

29 Agosto 2013

La condanna a morte del maggiore e psichiatra dell’esercito americano, Nidal Hasan, per la strage di 13 commilitoni a Fort Hood, in Texas, nel 2009, va ricostruita nei dettagli. La corte marziale lo ha condannato anche se lui aveva rinunciato a difendersi. Hasan non agì solo, non era un “lupo solitario”, un cittadino americano di fede islamica impazzito per quello che il suo Paese aveva fatto ai palestinesi. Hasan era collegato al network "Virginia 11", alla Falls Church, al Dar al-Hijrah Islamic Center, la “Terra della Migrazione”, uno dei più grandi e influenti centri di preghiera musulmani degli Stati Uniti. A due passi da Washington, Hasan andava a pregare con la sua famiglia. Un quartiere quasi interamente da famiglie arabo-musulmane, con ristoranti halal e money transfer. Nel 2001, mentre Hasan frequentava la moschea, vi transitavano i fratelli Nawaf al-Hamzi e Hani Hanjour, poco più che ventenni. I due avrebbero partecipato al dirottamento dell’American Airlines 77 che si andò a schiantare sul Pentagono l’11 Settembre (25 morti tra i passeggeri e altri 125 all’interno del Dipartimento della Difesa). Prima della strage di Fort Hood, l’FBI aveva scoperto uno scambio di e-mail tra Hasan e Anwar al-Aulaki, l’imam del jihad-fai-da-te globale. Al-Aulaki aveva incontrato di persona i fratelli Hamzi e Hanjour nel 2001. Il suo libello “Costanti nel Sentiero del Jihad” è chiaramente ispirato al materiale di propaganda bellica di Al Qaeda. Dopo la strage a Fort Hood, Aulaki definì “eroico” il gesto di Hasan, incoraggiando altri arabo-americani nelle forze armate a seguirne l’esempio. Il fatto stesso che un maggiore dell’esercito americano abbia inviato dei messaggi di posta elettronica a un personaggio come Aulaki, ottenendo anche delle risposte, avrebbe dovuto far scattare l’allarme. Tra gli studenti modello di Aulaki figurava anche quel “Johnny Walker” che, ventenne, lasciò gli Usa dopo essersi convertito all’Islam, per andare a combattere a fianco dei Talebani (attualmente sta scontando una condanna a 20 di carcere). Questo il background di Hasan. Nelle slides che il maggiore usava per le sue relazioni di lavoro una volta ha scritto: “Noi musulmani amiamo la vita più di quanto voi l’amiate. Combattere per stabilire uno stato islamico per far piacere a Dio, combattere anche con l’uso della forza, è una pratica accettata dall’Islam”. Sembra incredibile ma nessuno si è accorto che stava facendo propaganda per il network jihadista americano; nessuno l’ha interrogato, o si è preoccupato di capire quali fossero le sue frequentazioni abituali. “Se Hasan aveva lanciato dei segnali spiegando alla gente che era diventato un estremista islamico, l’esercito americano avrebbe dovuto mostrare ‘tolleranza zero’ nei suoi confronti, avrebbe dovuto cacciarlo”, disse a Fox News il senatore democratico Joe Lieberman, presidente della commissione per la sicurezza interna degli Usa e gli affari governativi, a ridosso della strage. Ma i superiori di Hasan si erano fatti convincere dalla buonafede di questo ufficiale musulmano di origini palestinesi che chiedeva l’obiezione di coscienza per i suoi confratelli in partenza per l’Afghanistan. Un uomo che si sentiva tanto vittima del razzismo che lo circondava da prendere la pistola e uccidere più Infedeli possibile.