Pensioni, la proposta di Prodi piace ai sindacati ma non al Governo
18 Luglio 2007
di redazione
La proposta di riforma delle pensioni messa a punto da Romano Prodi sarà formalizzata domani alle parti, al tavolo conclusivo che dovrebbe essere convocato nel pomeriggio a Palazzo Chigi.
Prodi è insomma pronto a indicare a sindacati e imprese un percorso a tappe per superare lo scalone introdotto dalla legge Maroni, che, in mancanza di interventi entro il 31 dicembre, porterebbe l’età per le pensioni di anzianità da 57 a 60 anni fermo restando il requisito minimo dei 35 anni di contributi versati.
La soluzione individuata da Prodi consiste in un mix di scalini e quote (somma dell’età anagrafica e degli anni di contributi versati). Sotto la spinta del Tesoro, la proposta di partenza del Governo sarà fissata a 58 anni dal primo gennaio 2008 per poi passare a quota 96 nel 2010 e quota 97 nel 2012. Il punto di chiusura sarà però trovato a 58 anni dal prossimo anno, quota 95 dopo due anni e quota 96 dopo un ulteriore biennio.
Per chi svolge attività usuranti sarà comunque garantito il diritto ad uscire dal lavoro secondo i requisiti della Dini (57 anni più 35 anni di contributi versati). Su questo tema, tuttavia, la discussione non è ancora terminata, anche se ormai sembra a buon punto.
La Uil in particolare chiede un ampliamento della platea. Spinge affinchè tra le attività usuranti vengano inseriti per esempio i lavori vincolati, cioè quelli in cui sono previsti la catena di montaggio e i turni fissi. Ma anche alcune categorie come maestre d’asilo e insegnanti di elementari e medie.
Il quadro delineato da Prodi sembra quindi soddisfare le confederazioni sindacali, che potrebbero incassare anche un altro risultato: il rinvio dei coefficienti di trasformazione a una commissione tecnica con il compito di ricalcolare i parametri di riferimento secondo criteri che tengano conto dell’effettiva crescita dell’economia, dei flussi migratori, dell’allungamento delle aspettative di vita e della crescita del lavoro flessibile.
Tutto resterà come prima, invece, rispetto all’ipotesi di parificazione tra uomini e donne per la pensione di vecchiaia. Resta da vedere cosa accadrà nella maggioranza di centrosinistra, anche alle luce dello strappo, ricucito da Prodi, del ministro della Politiche comunitarie, Emma Bonino. I rapporti tra le varie anime della maggioranza restano infatti molto tesi.
“Bisogna partire dal programma di governo e dall’accordo con le organizzazioni sindacali – ribadisce il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero (Prc) – quelle espresse da un pezzo di istituzioni economiche e politiche comunitarie e le stesse posizioni che ha manifestato il ministro Bonino sono in realtà di tipo antisindacale”.
Il segretario dei Ds, Piero Fassino, rincara la dose e bolla come “estemporanea” l’uscita della radicale Bonino.
Il Guardasigilli, Clemente Mastella, però avverte: se il Governo cade sulle pensioni, l’unica strada è andare al voto nella primavera del 2008.