Per adesso la campagna di Obama vale solo trecentomila “clic”
07 Aprile 2011
Sono trascorsi appena due giorni dal lancio ufficiale della campagna di Barack Obama per le presidenziali 2012, ma Internet ha già espresso il suo verdetto inappellabile. Il video con cui il presidente Usa ha dato il via alla sua scommessa elettorale è stato visto da meno di 300mila utenti di youtube (con una percentuale di gradimento inferiore al 48%), mentre la parodia della “discesa in campo obamiana” realizzata – non a caso – il 1° aprile dal National Republican Senatorial Committee viaggia speditamente verso il milione di visualizzazioni (con un “consenso” superiore all’85%). Per il candidato che, almeno secondo la vulgata progressista, ha rivoluzionato i metodi di fundraising e di comunicazione virale in rete, si tratta di numeri molto negativi. E gran parte del flop, probabilmente, è da attribuire al video in sé.
Lo stile di comunicazione scelto per lo spot – fotografia, montaggio, colonna sonora – è volutamente dimesso. Obama, fatta eccezione per una brevissima sequenza dedicata a un comizio, non si vede proprio. Per non parlare del suo vice, Joe Biden, totalmente ignorato (ha ragione chi ipotizza una sua assenza dal ticket per il 2012?). Questa scelta di understatement, che contrasta visibilmente con il look “messianico” del 2008, rivela una palese sensazione di debolezza che mal si concilia con qualsiasi strategia elettorale. Un candidato forte non si nasconde. Mai.
I protagonisti del video, invece, sono i cittadini chiamati da Obama a rappresentare la spina dorsale della sua campagna grassroot. “Il presidente ha troppo da fare – è il messaggio di fondo – dunque tocca a noi iniziare a pedalare verso la Casa Bianca”. E si tratta di una sfilata di personaggi estremamente rappresentativa per capire quale sarà la strategia del Team O. a livello geografico e demografico. Si parte con Ed, un bianco della North Carolina con i capelli brizzolati: il classico indipendente che “non sempre è d’accordo con il presidente” ma naturalmente lo “stima” e ha “fiducia in lui”.
Poi tocca a Gladys, giovane mamma ispanica del Nevada con una famiglia numerosa, che lascia subito spazio a Katherine, quarantenne bianca del Colorado, ancora eccitata dal “sorprendente” risultato elettorale del 2008. Ancora più eccitato è Mike, ventenne newyorkese che purtroppo nel 2008 non ha potuto partecipare all’orgia di “hope” and “change” ma non vede l’ora di rifarsi nel 2012. Ultima in ordine d’apparizione è Alice, afroamericana del Michigan, che si incarica di trasmettere il messaggio principale dello spot. Quello, appunto, che descrive il presidente come troppo impegnato nel risolvere i problemi dell’America per partecipare in prima persona alla campagna. Poi la sfilata riparte da Ed, interrotta soltanto da qualche generica inquadratura di attivisti al lavoro. Poca folla, pochi sorrisi, niente Obama.
Due minuti (e dieci secondi) sostanzialmente inutili, insomma, se non per avere la conferma che il presidente punterà a compattare la coalizione di giovani, neri, latinos, donne single e indipendenti dei sobborghi che lo ha portato alla Casa Bianca nel 2008. Una strategia poco ispirata, soprattutto considerando il fatto che Suburbia è ormai in rivolta contro i democratici e che la base progressista è in fase prolungata di depressione. Proprio come poco ispirato – almeno mediaticamente – è sembrato questo inizio di campagna. Secondo gli analisti, Obama punta a raccogliere un miliardo di dollari in questo ciclo elettorale. Nel 2008, primarie contro Hillary Clinton comprese, si era fermato a 750 milioni. Se qualcuno davvero pensa che oggi l’appeal del presidente sia superiore a quello di trenta mesi fa, è arrivato il momento di dare una ripassata all’aritmetica.