Per Alda Merini l’amore è stato una maledizione che le ha portato fortuna

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Per Alda Merini l’amore è stato una maledizione che le ha portato fortuna

01 Novembre 2009

Se ne va a 78 anni Alda Merini, “l’ultima grande voce della Poesia italiana” come ripeteranno per qualche giorno i telegiornali. Forse sarebbe meglio dire che se ne va l’ultima incarnazione del “poeta maledetto”, alla Dino Campana. Un’infanzia apparentemente serena che deraglia in una giovinezza sbandata e una maturità folle e dolente. Le stimmate del manicomio.

Il tramite fra Campana e la Merini, che esordisce giovanissima, appena quindicenne, è stato Eugenio Montale. Tra i numi tutelari, Quasimodo. La vita della poetessa non è stata solo un continuo altalenare fra ospedali psichiatrici, ma anche e soprattutto una ebbrezza infinita, infantile, che l’ha gettata più volte in un vorticoso “vuoto d’amore” (come quello per Giorgio Manganelli).

Vuoto d’amore è il titolo della silloge che nei primi anni Novanta la ributta anche nella mischia del mercato editoriale. Da allora la qualità della sua scrittura, lo “stile” della Merini, si fa più facile. Le zone di qualità si mescolano con una frenesia di pubblicare che la spinge fino alla forma breve,  brevissima, dell’aforisma. Da ultimo la religiosità di quell’Incontro con Gesù in cui la retorica dei vinti si fa cristologia ad alto consumo creaturale, buona per ogni stagione del mercato letterario.         

La Merini è stata quindi capace di fare scrittura partendo dalla sua esperienza privata – e l’ha fatto in modo pubblico, sincero, che poi è l’unica cosa che conta quando si fa poesia – ma ha saputo anche cavalcare saggiamente l’onda del successo. Come quegli applausi ritrovati al Maurizio Costanzo Show di cui, parecchi anni fa, era diventata ospite fissa, portando la Poesia italiana contemporanea in seconda serata (Costanzo ha dichiarato: “Per chiunque fosse distratto, sappia che oggi è morto un grande poeta”). Da Bonolis a Chiambretti, la Merini avea intuito che bisogna giocare con il successo, ridendo della tanto temuta “commercializzazione dell’opera d’arte”.

Si era sempre rifiutata di prendere gli aiuti che lo Stato italiano le ha sovente offerto. Ha avuto una vita ricca, piena e disordinata. Per questo vogliamo ricordarla.