Per azzoppare Bersani il Pd affonda Emiliano

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Per azzoppare Bersani il Pd affonda Emiliano

06 Ottobre 2011

Al termine della rigidissima giornata dì Brindisi, il Pd è il primo sconfitto. Dilaniato da almeno tre contese; geografica, politica e generazionale. II partito, con la lunghissima riunione per arrivare all’eiezione di Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e neopresidente dell’ And, non dà di sicuro il migliore spettacolo di sé in vista di eventuali – prossime – scadenze elettorali. Ma non È il partito di maggioranza relativa dell’opposizione l’unico sconfitto.

Anche l’Anci esce malconcia dalla prima giornata della ventottesima assemblea dell’associazione, celebrata Ieri a Brindisi Per la prima volta, l’elezione del presidente non si svolge come una festa per il candidato già scelto dal partito che ha il maggior numero di sindaci, condiviso alla vigilia dalle altre forse politiche e acclamato dai 755 componenti dell’assemblea. La presidenza Delrio inizia di sera, oltre tre ore dopo l’orario stabilito da programma, quando le autorità hanno in parte lasciato Brindisi, sfiancati dal ritardo, e soltanto al termine di una battaglia aspra e confusa, nella quale i rivolgi-menti di campo, le accuse, le manovre sotterranee e le alleanze più o meno con-fessagli si svolgono sotto gli occhi di tutti. E Michele Emiliano? Sconfitto anche lui, nelle sue ambizioni e nella sua strategia meridionalista, pur se sul filo di lana. Perde per quattro voti, 89 a 85, la battaglia interna al Pd, nonostante la rete tessuta fino all’ultimissimo minuto, nonostante i molti voti del Nord, di fatto, numeri alla mano, ottenuti alla sua causa, “Abbiamo riunito il popolo del Sud in un progetto comune – dichiara il sindaco di Bari, sfiancato dalla lunga battaglia di nervi, e dopo aver, con obbligato (air play, firmato per primo il documento dì proposta di Delrio presidente -. La prossima volta eleggeremo uno dei nostri. Non è bastata la campagna elettorale del sindaco di Bari, da Sud a Nord.

Non è bastato l’endorsement – magari un po’ tardivo, magari un po’ tiepido del segretario del partito, Pierluigi Bersani. I circa 200 delegati del Pd sono arrivati a Brindisi senza un nome sul quale far convergere tutti gli altri sindaci e rappre-sentanti dei Comuni italiani, com’è consuetudine neU’Anci. Non sono bastati neppure i conciliaboli del mattino al bar, già a Brindisi, tra ì pontieri e poi direttamente tra Emiliano e Delrio. Niente da fare. Il Pd, irrimediabilmente spaccato, si è riunito poco dopo le due del po-meriggio, in assemblea. Ma neanche il dibattito, infuocato, urlato, durato complessivamente sei ore, è riuscito a portare il partito a un’intesa. Risolutivo, a un certo punto, appare il compromesso suggerito da Piero Fassino: a Emiliano la guida, così come indicato dalla segreteria del partito, agli uomini di Delrio i posti dell’ufficio di presidenza, come espressione di quella continuità rispetto a Chiamparino (del quale Delrio è stato vice), invocata soprattutto da Nord. Emiliano ci sta, ma i pasdaran di Delrio dicono un no che non ammette repliche. Tra loro il più determinato è Matteo Renzi, che più che alla continuità, tiene a dimostrare dì poter battere Bersani.

Nessun accordo, quindi, e due strade: andare in assemblea spaccati e affidare all’intera platea dei delegati la scelta tra i suoi due uomini (con il rischio di un inserimento di un terzo incomodo targato Peli), o andare alla conta intema. Per la prima strada Delrio, che ha appena scoperto di poter contare su un buon numero di voti del Pdl, oltre a quelli della Lega già conquistati alla causa nordista: anche Gian¬ni Alemanno, probabile numero due di peso, a un certo punto si esprime pubblicamente per lui. Per la strada della conta interna Emiliano: “Non permetterà mai che questo partito vada all’assemblea senza un nome unitario”, mona durante il suo intervento. La conta, dunque. Che Delrio mostra da subito di temere. “Abbiamo deciso di votare, lo sconfitto si adeguerà” dice davanti alle telecamere. “Rischiamo di perdere”, confessa subito dopo. Anche Renzi non la prende be-ne e lascia la sala furioso. Chi si presenta di corsa per votare è Fabiano Amati, de-legato della Puglia oltre che assessore di Vendola. “Voto Emiliano, nonostante sia il candidato di D’Alema”, dice. E poi sostiene di aver mostrato la scheda elettorale al gruppo dei sostenitori del sindaco di Bari prima di imbucarla.

Non basta. La conta, che Emiliano segue teso e sudato, punisce il sindaco di Bari. Per poco, appena quattro voti di differenza. E lo costringe al fair play prima con la firma in calce alla proposta di candidatura dell’avversario, poi con l’abbraccio di Delrio. Che dice; “La mia ele-zione non è contro qualcosa né contro qualcuno”. Più sincero, probabilmente, quello con Nichi Vendola che mentre il duello era in corso aveva sostenuto che non eleggere Emiliano avrebbe rappre-sentato “la sanzione di una scelta secessionista”. E dopo conferma: “Questa è la dimostrazione che il Sud è considerato una palla al piede e un’atea marginale del Paese”. Scalare le posizioni della politica nazionale facendosi portavoce dei bisogni del Sud è da sempre quello che li accomuna.

(tratto da Il Corriere del Mezzogiorno)