Per contenere gli Usa la Cina è perfino disposta a sostenere Kim Jong-un

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Per contenere gli Usa la Cina è perfino disposta a sostenere Kim Jong-un

24 Dicembre 2011

La morte di Kim Jong-Il non è una buona notizia per la Cina. La scomparsa del “Caro leader” è uno schok che rischia di mettere a rischio lo status quo in Estremo oriente, il presupposto indispensabile dell’ascesa globale cinese. Per Pechino è fondamentale garantire una transizione morbida garantire la stabilità di uno stato perennemente sul punto di collassare. E infatti i policy maker di cinesi si sono subito messi al lavoro per puntellare la debole posizione dell giovane Kim Jong-un, il “Grande successore”.

Pechino lo ha subito definito un grande leader e un buon amico del popolo cinese, che ha contribuito molto allo sviluppo del socialismo", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Liu Weimin. La Cina ha più di un buon motivo per fare da balia a Kim Jong-un e per mantenere intatto lo scenario strategico. La Corea del Nord è una “barriera naturale” che protegge e offre profondità strategica nel Sud-est asiatico. Mantenere spaccata la Penisola coreana è il “core” della dottrina strategica di pechino. Inoltre i leader cinesi sono gli unici a potere dialogare con l’oscuro sistema di potere di Pyongyang.

Lo scorso anno, Kim Jong-Il si è recato in Cina per ben tre volte. Secondo molti analisti, i viaggi servivano per iniziare a coinvolgere i cinesi nel delicato processo di transizione. Essere gli unici interlocutori dell’ultimo regime marxista del mondo significa avere un ruolo che li rende indispensabili nell’arena globale. Il programma nucleare coreano, la suprema minaccia che incombe su tutta la regione, può essere gestito soltanto dalla diplomazia di Pechino. Negli anni, i leader cinesi hanno dimostrato di volere sfruttare, e spesso acuire, l’isolamento della Corea del Nord per rafforzare la propria influenza politica ed economica (il 70 per ceto del commercio di Pyongyang dipende dalla Cina). 

La dirigenza del Ppc dovrà darsi da fare per pilotare la transizione. L’implosione della Corea del Nord sarebbe una catastrofe e altererebbe gli equilibri di potenza in Asia orientale. Mantenere lo status quo non sarà semplice. Kim Jong-un è inesperto e i militari, vero architrave dello stato, non si fidano di lui. Secondo alcuni analisti, inoltre, a Pechino non sembrano avere le idee troppo chiare su cosa fare con la Corea. Secondo Victor Cha, responsabile degli Affari asiatici  alla Casa Bianca dal 2004 al 2007, Xi Jinping, destinato a diventare il presidente cinese il prossimo anno, dovrà decidere se smettere di fare da balia alla Corea del Nord o adottarlo come una provincia. Alla fine prevarrà il pragmatismo. 

Troppo rischioso affrontare un cambiamento così drastico. Anche perché aprire la Corea signifi-cherebbe perdere l’esclusivo canale di comunicazione con Pyongyang. Il regime, infatti, basa la propria sopravvivenza principalmente sul sostegno economico di Pechino, che ha sempre utilizzato il suo rapporto preferenziale con la Corea del Nord per cercare di arginare l’influenza americana nella regione. Normalizzare la Corea vorrebbe dire spalancare le porte all’influenza americana proprio adesso che Barack Obama ha riposizionato l’Asia al centro delle priorità strategiche americane. La voglia di Washington di inaugurare il secolo “Pacifico”  ha già creato insicurezze a Pechino che dovrà tenersi ben stretti i suoi alleati regionali.