Per Erdogan è un momentaccio: blocco di Gaza giusto, “Flotilla” out
03 Settembre 2011
Non è andato giù al governo turco il rapporto stilato dalla commissione Palmer della Nazioni Unite che, pur giudicando eccessivo il raid dei commando israeliani sulla Mavi Marmara (la nave della Flottilla che l’anno scorso cercò di raggiungere Gaza), e chiedendo a Israele di inoltrare delle scuse formali ad Ankara e a risarcire le famiglie delle vittime (i nove cittadini turchi morti durante l’operazione), in sostanza legittima il blocco israeliano di Gaza e critica Erdogan per aver permesso ai fondamentalisti dell’IHH di imbarcarsi, armati di mazze, bastoni e coltelli, per raggiungere i territori palestinesi.
Spiazzato dal rapporto delle Nazioni Unite, e appreso che il governo israeliano si limiterà ad esprimere rammarico per l’accaduto ma non delle scuse formali (Netanyahu ha ricevuto un forte sostegno popolare su questo punto), Erdogan e il suo ministro degli esteri Davutoglu hanno reagito con durezza, espellendo l’ambasciatore israeliano in Turchia, bloccando qualsiasi iniziativa comune da un punto di vista militare e disconoscendo il documento redatto dalla Commissione Palmer.
Netanyahu, al contrario, si è detto pronto ad adottare il rapporto “con alcune riserve”, definendolo “serio, professionale e approfondito”. Secondo Israele, furono i “pacifisti” dell’IHH (che ne escono per quello che sono: un movimento aggressivo, provocatorio e pericoloso) a reagire all’abbordaggio della Marmara attaccando i commando israeliani, provocando le nove vittime che hanno scatenato la lunga crisi diplomatica tra i due Paesi.
Ma al di là dei rispettivi punti di vista, è importante notare che per una volta le Nazioni Unite non sembrano piegarsi all’opinione favorevole ai palestinesi che domina al Palazzo di Vetro, in molte cancellerie internazionali e nella galassia delle organizzazioni di sinistra pro-palestinesi. Il rapporto rischia al contrario di essere un brutto viatico per la tanto attesa dichiarazione di indipendenza palestinese: lo Stato ebraico ha il diritto di chiudere le frontiere con Gaza per ragioni di sicurezza e si riconosce finalmente la minaccia rappresentata dai missili lanciati dalla Striscia su Israele.
Una soluzione della crisi avrebbe potuto essere questa: Israele chiede scusa e paga i risarcimenti, la Turchia riconosce che il blocco di Gaza è necessario e prende dei provvedimenti contro l’IHH, e i due Paesi continuano a fare affari e ad avere normali relazioni diplomatiche. Invece gli effetti dello scontro in atto sono destinati a influenzare negativamente le relazioni turco-israeliane, almeno fino a quando ad Ankara resterà al potere il governo islamico di Erdogan. Che non ha perso solo una battaglia con Gerusalemme, ma anche con l’Unione Europea (o almeno con quanti credono ancora che una Turchia islamica possa entrare nella Ue), e con gli Usa (quando si tratterà di discutere sulla questione curda ma anche sulla situazione nella parte Nord di Cipro).