Per Fini il bicameralismo è finito: esiste solo Montecitorio
15 Ottobre 2010
di redazione
Gianfranco Fini ha archiviato il bicameralismo, derubricandolo quasi a inutile orpello dell’impianto istituzionale. Messa giù così, da un paladino strenuo e convinto del parlamentarismo qual è l’inquilino di Montecitorio potrebbe sembrare un’eresia (termine molto in voga tra i futuristi che lo contrappongono all’ortodossia berlusconiana), ma basta guardare ai fatti per capire che le cose stanno diversamente.
Perché il tentativo del presidente della Camera di far decollare la riforma della legge elettorale dalla Camera bypassando Palazzo Madama dove è già incardinata (commissione affari costituzionali) svela la tattica. Della serie: siccome al Senato la maggioranza è compatta, berlusconiana doc, e i finiani a corto di numeri (e di voti) per far passare i loro paletti e distinguo, l’unico ramo del Parlamento che conti per davvero è Montecitorio, coi trentacinque deputati futuristi dal “no” facile, pronti a sostenere la proposta di Bersani e Casini.
Fini ci ha provato, prima con una lettera alla seconda carica dello Stato con la quale sperava di “scippare” l’avvio dell’esame; poi con una nota informale di risposta al ‘non se ne parla neppure’ che Schifani gli ha comunicato ufficialmente. Questione di forma e di sostanza: insomma, quella di Fini è apparsa come un’invasione di campo istituzionale e, anche per questo, respinta al mittente. Nella nota informale l’ex leader di An considera “ineccepibile” la posizione di Schifani ma aggiunge un’osservazione che col ruolo istituzionale non ha nulla a che vedere e di cui, francamente, non si capisce la ratio se non in chiave futuristantiberlusconiana.
Al presidente del Senato, il collega della Camera fa notare che esiste “una questione politica, perché risulta difficile pensare che il Senato manderà avanti per davvero la riforma”. Alla faccia del fair play istituzionale, l’invasione di campo in questo caso è tutta politica e che a farla sia la terza carica dello Stato appare non solo irrituale ma tutt’altro che super-partes.
E’ la filosofia futurista, bellezza. Che suona così: se al Senato la riforma sul sistema di voto rischia il naufragio, meglio abolire il Senato.