“Per Forza Italia si apre la stagione dei congressi”

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“Per Forza Italia si apre la stagione dei congressi”

06 Aprile 2007

Sandro Bondi ha in mano una lettera indirizzata a tutti i coordinatori locali del partito e a tutti gli eletti,  datata 4 aprile e spiega: “con questa si apre la fase dei congressi di Forza Italia”.
Il tracciato è spiegato punto per punto. Dal 2 giugno partono le convocazione per i congressi comunali e delle “Grandi Città”: 8000 assise da tenersi entro il 29 luglio 2007. Dal 14 settembre partono invece i congressi provinciali, destinati a concludersi il 18 novembre 2007.
“I congressi comunale eleggeranno i delegati al congresso provinciale  – spiega Bondi – secondo un percorso che nel giro di uno o due anni porterà al congresso nazionale”.  L’obiettivo immediato è avere 8000 coordinamenti e sedi locali.
Bondi è seduto sopra una catasta di quattrocentomila  iscrizioni, il record storico del movimento, e sempre con la prudenza che lo caratterizza, azzarda uno sguardo d’orizzonte: “Vedo un partito che vive del respiro di tre polmoni: il primo è il partito organizzato, quello dei coordinatori locali; il secondo è quello degli eletti locali e nazionali; il terzo i muove nella società, crea rapporti con gli interessi sociali, economici, culturali, anche inventando forme nuove di raccordo e collaborazione”.  I famosi circoli della libertà come c’entrano in questo triangolo? Bondi non si tira indietro rispetto ad un tema che  crea ancora attriti e dubbi in Forza Italia: “Su questo punto la penso così: per quanto ricca e articolata sia la vita di un partito, per quanto nuove siano le sue forme di organizzazione, la domanda di partecipazione che viene dalla società, dalle persone, non potrà mai essere interamente soddisfatta dal circuito dei partiti. C’è per forza bisogno di qualcos’altro. Lo vedo dalla vitalità delle fondazioni, delle associazioni, dal ribollire di pensieri e iniziative che animano internet e anche l’editoria tradizionale. Ecco il posto dei circoli della libertà: il luogo dove questa multiforme domanda di partecipazione fluisce e cresce, in un rapporto come di vasi comunicanti con Forza Italia, cioè di scambio e di equilibrio”.
Sulla base di queste riflessioni, Bondi sta preparando un documento programmatico, politico e culturale, destinato alla riflessione nei congressi e in cui si dovranno mettere in luce, la natura, i compiti e le prospettive del partito.

I temi sono però già tutti maturi. “Sono impegnato a dare vita a un vero partito perché questa è ancora l’unica strada per risolvere un problema secolare per l’Italia: la mancanza di una classe dirigente. Può sembrare solo un’autocritica – aggiunge subito Bondi – ma è una questione seria, affrontata ma non risolta, tra i tanti, da Gramsci, da Croce, da Einaudi…è il problema italiano”.
Si tratta di un dato vero considerando la media, ma Bondi riconosce alcuni momenti di picco. “E’ vero, dice, la prima repubblica ad esempio ha espresso gruppi dirigenti adeguati: peccato siano stato cancellati e marchiati d’infamia dalla finta rivoluzione di Tangentopoli. Ci sono stati uomini politici in quel periodo capaci di guardare all’interesse dell’Italia prima che a loro stessi”. Bondi si lascia prendere da questa analisi: “Gli effetti di Tangentopoli continuano a vedersi in modo drammatico anche oggi, sia sul piano politico che su quello civile. Nel primo caso la “soluzione delle manette” ha consentito alla sinistra italiana di non fare i conti con la sua storia e l’avvio stentato e malpancesco del partito democratico è una delle conseguenze di quella omissione; sul piano civile ci sono ancora oggi parti del Paese, specie al sud in cui il vuoto improvviso di classe dirigente ha prodotto l’immediata osmosi con la criminalità organizzata. La Calabria, ad esempio, andrebbe interpretata in questa chiave”.

Ma è la politica in genere a  soffrire ancora di quello strappo: “E’ così – ammette Bondi – oggi la politica è debole, priva di missione storica e senza una missione è difficile costruire. All’estero c’è un dinamismo diverso, penso alla “rupture” di Sarkozy, alle novità introdotte da Cameron nel panorama inglese”. E in Italia?  “In Italia – Bondi cerca le parole – oscilliamo tra la nevrosi del momento presente, tutto tattica e manovra, e la mistica della rifondazione, del nuovo inizio. Siamo chiusi in questo recinto cervellotico e perdiamo il contatto con la realtà”.  “La sinistra è obiettivamente un elemento di questo blocco: dovrebbe ammettere e riconoscere, come già hanno cominciato a fare studiosi di sinistra in Italia e intellettuali europei, che Berlusconi in questi ultimi dodici anni ha rappresentato l’unico tentativo di innovazione e di cambiamento che ha prodotto novità importanti, sia nel sistema politico che nell’esperienza di governo e nella cultura. Il rinnovamento della sinistra passa soprattutto attraverso questa consapevolezza e questo riconoscimento.  A sinistra dovrebbero essere capaci di vedere le novità positive ,quando si presentano, non con decenni di ritardo, come avviene in questi giorni verso Aldo Moro e Bettino Craxi, con ammissioni di colpe e di errori che non hanno neppure il marchio dell’autenticità. Oggi la sinistra è solo marketing e Veltroni ne è il simbolo”.

 Come se ne esce? “Ci vuole un sforzo di pensiero laterale,uno sprazzo creativo, dobbiamo aprire il recinto, allargare la prospettiva”, dice Bondi e spende parole impegnative: “la nostra missione è quella di ricostruire l’asse liberal-cristiano-riformista-popolare, superare lo smarrimento post-moderno e ritrovare un linguaggio all’altezza della realtà”.
Proviamo a scendere qualche gradino? “Pensi alla parola laicità – chiede Bondi – lo sa dove recupero il miglior significato di questa parola? Nelle parole di un Papa che scrive un libro di ricerca personale di Cristo e dice:
criticatemi, dissentite; lo dice a chi ha fede e a chi non la ha e magari neppure vuole averla. Siamo o no, noi laici, in grado di produrre un pensiero altrettanto laico?”
Se lo fossimo avremmo risolto i nostri problemi?  “C’è un altro piano di analisi che noi abbiamo già abbozzato ma che bisogna far crescere – spiega Bondi –  dobbiamo passare dal welfare state alla welfare community. Vuol dire togliere lo stato dal centro della nostra vita e metterci la persona, la responsabilità di ciascuno verso il proprio benessere e verso quello della comunità. Vuol dire mettere al centro la famiglia e la sua capacità di produrre futuro, mettere al centro i corpi intermedi, le associazioni, le cooperative di solidarietà, il capitale umano e sociale diffuso”. Questo è in sintesi l’altro versante della laicità spiega Bondi, che su questo crinale di pensiero aveva sviluppato il suo libro “Laici e credenti: una fede comune”. “Questa è la rupture che serve all’Italia: mettere i valori individuali  in primo piano, rompere gli schemi e far incontrare  valori e cose, persone e comunità. Questa è anche la sana laicità”. E’ in nome di questa laicità che Bondi parteciperà, il 12 maggio, al Family day: “Ci sarò a nome di Forza Italia e a nome dei cattolici e dei laici, perchè difendere la famiglia vuol dire difendere l’identità dell’Occidente e l’identità di ciascuno di noi.”