Per i giornali arabi Obama è solo un’altra pedina di Israele

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Per i giornali arabi Obama è solo un’altra pedina di Israele

La Lega Araba e l’ANP. Il presidente della Lega araba Amr Moussa e quello dell’ANP Abu Mazen sono stati i più cauti. Per avere la pace in Medio Oriente Obama dovrà risolvere il conflitto israelo-palestinese e condurre una politica diversa da quella “fallimentare” di George W. Bush. Moussa e Abu Mazen hanno utilizzato due argomenti classici: la palestinolatria, ovvero giudicare la questione palestinese come la soluzione di ogni problema del mondo musulmano, e la propaganda antiamericana, visto che Bush ha stremato (ma non azzerato) i regimi terroristi, le dittature religiose, le monarchie e le autocrazie islamiste.

Hamas ed Hezbollah. Il diplomatico Moussa in sostanza dice le stesse cose dei terroristi di Hamas. Secondo Fawzy Barhum, il portavoce del movimento che governa Gaza: “Obama deve imparare dagli errori di Bush inclusa la distruzione dell’Afghanistan, dell’Iraq, del Libano e della Palestina”. Come se Al Qaeda, i Talebani, Saddam Hussein e l’Hezbollah quei paesi li avessero ricostruiti. “Vogliamo che il presidente americano sostenga la causa palestinese o almeno che non appoggi l’occupazione israeliana”, ordinano i ducetti di Hamas.

Abdelbari Atwan scrive su Al Quds Al Arabi, uno dei principali giornali di Beirut. In un provocatorio editoriale intitolato “Obama’s Historic Intifada” spiega che “l’Islam sarà in grado di imporre il suo punto di vista al resto del mondo”. Durante la presidenza Bush, infatti, “l’America è stata controllata dai sionisti che hanno come obiettivo la distruzione del mondo arabo”. Qualcuno informi Atwan che Obama ha scelto come capo del gabinetto presidenziale Rahm Emanuel, un ebreo-americano figlio di militanti dell’Irgun. Anche Al Jazeera fa il punto sulla nuova squadra spiegando che “Emmanuel è un politico figlio della strada come Obama”. Vengono riportate le affermazioni del presidente al giornale israeliano Ma’aryf: “La nomina di Emmanuel sarà un bene per Israele… è chiaro che il presidente sarà a favore di Israele, perché no? E’ forse un arabo?”.

L’Iran e la Siria salutano il ritorno degli Usa alla democrazia. Per l’agenzia iraniana “Irna” l’elezione di Obama è stata “una catarsi nazionale”. I governi liberali di Teheran e Damasco si riconoscono nell’uomo che “ha spazzato via le ultime barriere razziali nella politica americana, una svolta che sarebbe sembrata impensabile solo due anni fa”. Proprio come fanno i presidenti Ahmadinejad e Assad con le loro minoranze religiose e i dissidenti. “Obama deve distanziarsi dagli approcci sbagliati di Bush perché così vuole il popolo americano – chiede il ministro degli esteri iraniano Mottaki – l’elezione del presidente mostra la richiesta di cambiamenti essenziali nelle politiche interna ed estera”. Ma quanto sono alti i pulpiti degli ayatollah…

I toni cambiano se leggiamo i quotidiani di Teheran. Per l’Iranian Daily: “L’uomo nero non cambierà la politica americana”. In un editoriale del Jomhouri-ye Eslami leggiamo che “La cosa migliore che potrà fare l’uomo nero alla Casa Bianca è di sostituire parte dello staff e cambiare alcune procedure cerimoniali”. Non si occuperà di modificare “la struttura del regime americano che è egemonizzato dai capitalisti, dai sionisti e dai razzisti”. La stampa svela che democratici e repubblicani sono parte della stessa “oppressione americana”. Il ministro dell’informazione di Damasco, Bilal, auspica che “la vittoria di Obama consentirà di passare da una politica di guerra e embargo a una politica di diplomazia e dialogo” ma per il quotidiano siriano Al Watan “Obama non sarà molto meglio di Bush o forse peggio”. Questa contraddizione tra le dichiarazioni di principio dei leader e l’antisemitismo della stampa emerge con evidenza nelle vignette dei maggiori giornali arabi.

Afghanistan e Pakistan. Lo speaker talebano Qari Mohammad Yousuf: “non abbiamo particolari aspettative ma se Obama manderà altre truppe in Afghanistan il nostro Jihad continuerà”. E il presidente Karzai: “La mia prima richiesta è che gli americani mettano fine alle uccisioni dei civili”. Che bel modo di ringraziare gli amici. L’ambasciatore pakistano a Washington: “Il presidente Zardari ha espresso la speranza che le relazioni Pakistan-Usa si intensifichino sotto la nuova leadership americana”. Ma le vignette sui quotidiani di Islamabad mostrano un Obama dalla bocca spalancata che vomita missili e bombe sul Pakistan.

Egitto, Arabia Saudita e Golfo Persico. Al Ahali, il portale del Partito Nazionale Democratico egiziano (quello del presidente Mubarak) non ha dedicato neppure un titolo alla vittoria di Obama. Il Saudi Daily invece rincara la dose: “Non ci sono differenze significative tra Obama e McCain. Erano in disaccordo solo sui modi per raggiungere gli obiettivi americani che saranno perseguiti per altri cento anni”. Questi sarebbero gli alleati più fedeli degli Stati Uniti nel mondo arabo. L’editorialista saudita Dawood al-Shirian scrive che con Bush e i neoconservatori “hanno rinnegato se stessi e il sogno americano”. Che riconoscenza per l’amministrazione che ha salvato il culo dei principi sauditi dal golpe di Bin Laden.