Per il bene dell’Europa (e dell’Italia) la Grecia torni alla dracma

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Per il bene dell’Europa (e dell’Italia) la Grecia torni alla dracma

02 Novembre 2011

L’Europa dovrebbe prendere in seria considerazione l’ipotesi di espellere la Grecia dall’euro e il governo ellenico dovrebbe tornare ad adottare la Dracma come valuta domestica. Le drammatiche ultime ore vissute dai mercati finanziari non saranno le ultime e sono ormai chiare tre cose: 1) la Grecia non aveva i fondamentali per poter aderire all’euro ed è quindi stato un errore farla entrare; 2) il piano salva-Grecia è un fallimento, poiché i prestiti concessi non hanno sortito gli effetti sperati sull’economia; 3) il governo di Atene è debole ed ormai in balia della volontà del popolo, che presumibilmente boccerà il prossimo referendum sul bailout.

Una volta iniziata la crisi Greca, economisti, politici e finanzieri si sono subito dibattuti sulla possibilità di allontanare l’economia greca dall’Euro, ma la posizione purtroppo predominante è stata quella di non adottare quella opzione, motivando tale scelta con il rischio che l’abbandono dell’Euro da parte del governo di Atene avrebbe creato un danno reputazionale alla valuta comune, fatto venire meno la fiducia nella stabilità dell’area monetaria portandola, infine, alla sua dissoluzione. Si è quindi reputato più opportuno salvare l’economia ellenica a tutti i costi, mediante un prestito concesso nel maggio del 2010 da UE e FMI, pari a 110 miliardi di euro, suddiviso in diverse tranches.

La situazione dell’economia greca, tuttavia, non è migliorata, nonostante le draconiane misure anti-crisi varate dal governo di Atene, pari a 28 miliardi di euro fino al 2015. Il governo è stato allora obbligato a prendere altre misure lacrime e sangue, comprendenti, tra le altre cose, il taglio di 30.000 dipendenti pubblici. Il resto è noto. Le nuove misure prese hanno scatenano la rabbia della popolazione, fino a costringere Papandreou a richiedere la consultazione popolare. Scelta che ha scatenato una reazione allergica dei mercati finanziari e mandato sotto stress tutte le Borse. Una scelta fatta da un governo debole, a capo di un paese debole che molte volte all’Europa ha promesso impegni che non poteva mantenere.

L’Europa – Italia in testa – paga la partecipazione della Grecia all’euro. Si può parlare di un vero e proprio contagio della crisi, che si sta diffondendo in tutta Europa. L’Italia ne è già stata investita, lo spread btp-bund ha toccato quota 456 punti base, con le conseguenze che le emissioni dei titoli di debito pubblico saranno eccessivamente onerose. Uno scenario devastante per la finanza pubblica del Belpaese, che deve fare di tutto per abbassare il suo rapporto debito/Pil. Le manovre estive sono state opportune e condurranno al pareggio di bilancio già nei prossimi mesi. Ma con un rischio d’emissione pari a questo livello, la componente che ne risentirà in negativo sarà quella legata agli interessi sul debito, che rischia di vanificare gli effetti positivi del miglioramento dei saldi di bilancio.  

Il Governo deve dare prontamente delle risposte, già nelle prossime ore, se non vuole che il differenziale arrivi alla soglia del non ritorno, posizionata, secondo alcuni analisti, attorno ai 600 basis points. Passata quella, è bene cominciare a pensarci, l’Italia è a serio rischio default. Tutte le riforme, già inserite da tempo nel programma del centro-destra, devono essere attuate, cominciando dalle liberalizzazioni, dalle privatizzazione e dalle dismissioni immobiliari, oltre che alla riforma del Welfare, alla quale sta lavorando in maniera paziente e mirata il ministro Sacconi. Sul miglioramento della crescita, finora si è agito in maniera troppo lenta.

Il governo Berlusconi, sul riordino dei conti pubblici, non ha lavorato male. Il raggiungimento del pareggio di bilancio è un risultato senza precedenti nella storia della finanza pubblica italiana e non si può chiedere di strozzare l’economia per migliorare ancora dei saldi che sono già buoni, tra i migliori d’Europa. Il sistema pensionistico, dopo il ritocco dell’età a 67 anni è tra i più sostenibili, in termini finanziari, tra i paesi europei. Tuttavia, tutti questi sforzi di risanamento, che anche Spagna, Portogallo e Irlanda stanno compiendo (alla lista, a breve, potrebbero aggiungersi anche altri insospettabili), rischiano di essere vani se tra i paesi che adottano l’Euro continua ad aleggiare lo spettro greco.

Il ritorno della Grecia alla dracma permetterebbe il ripristino dello strumento della svalutazione del cambio, che renderebbe più sostenibile l’onere di aggiustamento del governo di Atene e consentirebbe agli altri Stati di intraprendere i loro programmi di riforme in un contesto caratterizzato da minor incertezza.