Per il Colle tutto tranne il ribaltone. Rebus sui numeri della maggioranza
04 Novembre 2011
Le novità politiche sono tre. Il Colle non è disposto a benedire alcun governo tecnico, Berlusconi al G20 rassicura i partners internazionali sulle misure per la crescita e blinda il maxiemendamento con la fiducia sfidando in parlamento da un lato le opposizioni, dall’altro i delusi-scontenti-malpancisti del centrodestra. Terzo: Casini fa campagna acquisti e il Pdl perde altri due deputati, mentre tre ‘responsabili’ passano al gruppo Misto.
Dalla due-giorni di consultazioni informali, Napolitano registra lo stato delle cose e trae un dato: non ci sono le condizioni per le larghe intese, anzi, “permane il contrasto tra forze di opposizione, da un lato che considerano necessaria una nuova compagine di governo, su basi parlamentari più ampie e non ristrette a un solo schieramento, come condizione di credibilità e attuabilità degli obbiettivi assunti dall’Italia ; e forze di maggioranza, dall’altro lato, che confermano la loro fiducia nell’attuale governo, giudicandolo senza alternative e in grado, allo stato attuale, di portare avanti con il loro sostegno gli impegni sottoscritti, insieme con i doverosi adempimenti di bilancio” si legge nella nota del Quirinale.
Conclusione: “Alle une e alle altre forze appartiene interamente la libertà di assumere le rispettive determinazioni in Parlamento e le responsabilità che ne conseguono rispetto agli interessi generali dell’Italia e dell’Europa, in una crisi finanziaria ancora gravida di incognite”. Che tradotto in termini terra-terra significa: se il governo dovesse cadere si torna al voto. La posizione del Colle incassa l’apprezzamento del Pdl che con Cicchitto definisce quella di Napolitano una raffigurazione “serena e intellettualmente onesta” del quadro politico.
L’idea di fondo, insomma è che non c’è alternativa all’esecutivo che ha vinto le elezioni e che se si dovesse verificare il famigerato incidente parlamentare non c’è governo tecnico o di larghe intese che tenga. Specialmente nel contesto attuale con la crisi che stringe a tenaglia i paesi dell’Eurozona (nessuno escluso). L’altro dato in questi giorni emerso chiaramente è che un governo alternativo al centrodestra non darebbe alcuna garanzia di stabilità e di efficacia nell’attuazione delle misure che servono per rilanciare la crescita e che, necessariamente, come ha certificato la Bce e recepito Palazzo Chigi nel maxiemendamento alla legge di stabilità, passano anche da provvedimenti impopolari e dolorosi. Sulla riforma del mercato del lavoro ad esempio o sull’applicazione dei punti indicati nella lettera di Trichet il Pd è diviso in due, Vendola non ci sta, e le posizioni di Di Pietro (“macelleria sociale” il decalogo della Banca centrale europea) non sono quelle di Casini, né di Bersani.
A Cannes Berlusconi ripete che il problema dell’Italia non sono i fondamentali economici ma il debito che, tuttavia, il nostro paese ha sempre onorato rispettando gli impegni assunti con l’Europa. Spiega che la “ricchezza patrimoniale delle famiglie italiane è un multiplo dello stock di debito” e malgrado un cambio sfavorevole, dall’inizio dell’anno l’export è cresciuto. In altre parole, l’Italia ha punti di forza e l’impegno dell’esecutivo è consolidarli attuando quanto necessario per affrontare una fase complicata ma non impossibile da superare. E’ Sarkozy nella conferenza stampa che chiude la prima giornata di lavori a confermare quanto Bruxelles aveva già fatto rispetto alla lettera di intenti spedita da Roma, ma certo adesso si attendono i fatti.
Ma i fatti sui quali Palazzo Chigi intende agire fanno i conti col pallottoliere dei numeri in parlamento. Casini da giorni ha aperto un pressing sui malpancisti del Pdl per sottrarre uomini e dunque voti al Cav. nel tentativo finora rimbalzato, della spallata definitiva. Per ora c’è riuscito con Alessio Bonciani e Ida D’Ippolito che ieri hanno annunciato l’addio al Pdl e il passaggio all’Udc. Una mossa che abbassa a 316 la soglia della maggioranza, ma c’è da considerare che Alfonso Papa è agli arresti domiciliari e Pietro Franzoso gravemente malato, non è certo possa essere in Aula a votare la fiducia. Ci sono poi tre deputati ‘responsabili’ – Belcastro, Iannaccone e Porfidia – che sempre ieri hanno salutato il gruppo Popolo e Territorio guidato da Moffa per approdare al Misto anche se garantiscono il sostegno al governo. C’è poi la pattuglia degli scontenti pidiellini che nella lettera al Cav. chiedono una forte azione per rilanciare la crescita e l’allargamento della maggioranza ai centristi. Tra questi le incognite maggiori si concentrano su Antonione e Pittelli e sull’ex responsabile Sardelli (che non votò la fiducia il 14 ottobre). Il primo banco di prova sarà martedì quando alla Camera è calendarizzato il voto sul rendiconto generale dello Stato (dove il governo inciampò un mese fa); subito dopo la fiducia sul maxiemendamento alla legge di stabilità.
Il quadro è in movimento e per molti aspetti resta imprevedibile, ma è altrettanto vero che nonostante “un’opa ostile” sul Pdl come la chiama Alfano, sono molti i parlamentari (specie tra i malpancisti) che non vedono di buon occhio l’idea di rinunciare ad un altro anno di legislatura in cambio di un voto anticipato (con annesse le incognite della ricandidatura). E ancora: seppure l’alea di rischio resta alta, chi veramente in questa fase, ancorchè scontento, deluso, malpancista, si incaricherebbe di intestarsi la caduta del governo?
Alfano ieri si è mostrato ottimista e convinto che la legislatura finirà nel 2013; lo stesso ministro Sacconi ha ripetuto che l’addio dei due deputati pidiellini (Bonciani e D’Ippolito) non avrà impatto negativo sul voto di fiducia perché in gioco ci sono le misure che servono all’Italia; di qui l’auspicio a considerare il pacchetto di provvedimenti “per i contenuti che ha” e non per fini strumentali in chiave anti-Cav. Vale per l’opposizione e per i malpancisti del centrodestra. Questione di responsabilità. Nazionale.