Per il mercato immobiliare è tempo di tornare all’equità

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Per il mercato immobiliare è tempo di tornare all’equità

16 Dicembre 2011

Ascoltata in audizione alle Commissioni riunite Bilancio e Finanze di Senato e Camera assieme (solo) a Banca d’Italia, Corte dei conti, Enti previdenziali, Aifa, Comuni, Province e Conferenza delle Regioni, Confedilizia non ha mancato (dati alla mano) di evidenziare che l’anticipazione al 2012 dell’Imu (l’imposta sostitutiva della vecchia Ici) porterà come minimo ad un maggior gettito pari a 11 miliardi di euro. Una cifra, quest’ultima, che rappresenta il 65 per cento circa delle nuove entrate previste dalla manovra Monti, valutate in 17 miliardi.

Gli effetti di questa manovra a senso unico (colpisce, infatti, chi ha sempre pagato il dovuto, a beneficio di altri non altrettanto facilmente individuabili) sono stati al centro dell’undicesima Conferenza organizzativa della Confedilizia che si svolge oggi a Roma. Di certo il mercato immobiliare ne soffrirà pesantemente, sia sotto il profilo delle compravendite che sotto quello delle locazioni. L’assorbimento dell’invenduto è impensabile, neppure è possibile al proposito fare previsioni. Un aiuto (molto relativo) all’investimento immobiliare, potrà venire solo dal calo di fiducia nei titoli di Stato.

L’aggravamento della fiscalità immobiliare ha preteso di trovare una giustificazione nel presupposto che, in Italia, essa sia inferiore a quella degli altri Paesi. Ma il confronto con questi ultimi basato sul rapporto Fisco-PIL è viziato alla radice del fatto che il nostro PIL include anche il sommerso (per cui le tasse sembrano minori di quel che in realtà sono, incidendo su una più ristretta base). La Confedilizia lo ha ripetutamente rappresentato alle autorità di Governo, sottolineando altresì che fuori d’Italia le imposte di trasferimento sono ragguardevolmente inferiori rispetto alle nostre (un 3-10 per cento rispetto al 4 e financo all’1 per cento) ed evidenziando, ancora, che il confronto con l’estero non può prescindere dalla considerazione che i proprietari di casa (la cui imposizione fiscale si basa su rendite che di fatto fanno, incostituzionalmente, riferimento al valore dei beni e non, come la legge catastale prescrive, al reddito degli stessi) patiscono in Italia una tassazione patrimoniale (e quindi surrettiziamente, e progressivamente, espropriativa, come i maestri di Scienza delle finanze insegnano) che non ha paragoni, mentre altrove è caratterizzata dall’essere ancorata al reddito e al civile principio (formalmente stabilito , per la Germania, dalla stessa Corte costituzionale, ancora nel ’95 e, per l’Italia, direttamente discendente dallo stesso principio costituzionale della capacità contributiva, volta che non sia capziosamente interpretato) che il prelievo fiscale non può essere superiore alla concreta capacità di reddito dei beni colpiti.

Ma tant’è. Con la situazione di emergenza per i nostri conti pubblici (nell’augurio, non scontato, che i sacrifici al proposito servano a qualcosa, in una crisi che è soprattutto del sistema Europa, per non parlare di globalizzazione) nonché con l’esigenza di aiutare la crescita, si è preteso di giustificare (come già nel ’92) una manovra che è la confessione dell’incapacità di colpire la ricchezza dove essa effettivamente si annida (e Dio non voglia che anziché di incapacità, di non volontà si tratti: come lascerebbero intendere certe discriminazioni fra soggetti investitori nell’immobiliare, le cui laute agevolazioni fiscali non sono state neppure sfiorate).

Confedilizia (conscia che la battaglia per l’equità non può essere pretermessa e conscia, in particolare, che i risparmiatori nell’edilizia sono una risorsa al pari dei valori, di indipendenza e di libertà, che rappresentano) continuerà a battersi per un ritorno all’equità e contro ogni discriminazione fiscale, anche nello stesso settore immobiliare.

* Presidente Confedilizia