Per il Pdl è giunto il momento di tornare a una politica sostenuta da idee

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Per il Pdl è giunto il momento di tornare a una politica sostenuta da idee

17 Ottobre 2011

Qual è, in questo momento, approssimandosi le elezioni (che siano tra sei mesi o nella primavera del 2013 poco cambia), il collante politico del Pdl? Me lo sto chiedendo da venerdì pomeriggio della scorsa settimana, subito dopo che il governo ha ottenuto la fiducia alla Camera ed ha sventato il golpe all’amatriciana (far mancare il numero legale) ordito dalla più infantile e velleitaria delle opposizioni che si siano viste in attività negli ultimi vent’anni.

Se, infatti, la prospettiva è soltanto quella di resistere aspettando Godot e, dunque, di vivere alla giornata, non credo che il Pdl possa sognare un futuro meno che opaco e comunque gravato dall’ipoteca della sconfitta politica. Purtroppo la sensazione che si ha è proprio questa. Suffragata anche dalla precipitosa e scomposta nomina di due viceministri e di un sottosegretario (un altro è stato spostato al più importante dicastero degli Interni) dopo solo un’ora dalla vittoria parlamentare.

La "mossa" ha fatto intendere che la sola politica praticabile sembrerebbe quella del dare e dell’avere, a prescindere dal giudizio sulle persone che si sono giovate di repentine promozioni in pochi mesi. E la circostanza, si converrà, non depone assolutamente a favore dello spirito di coesione nella maggioranza ed ancor più nel partito.

Ecco, dunque, la domanda iniziale. Tutta qui la politica che il centrodestra riesce ad esprimere mandando, tra l’altro, a gambe all’aria i buoni propositi espressi negli ultimi tempi dal segretario Alfano: favorire la meritocrazia, costruire il partito degli onesti, radicarsi sul territorio, esprimere idee e coinvolgere la gente in un progetto?

Già, ma quale progetto? Da quello che si vede, il partito ed i gruppi parlamentari sono avvitati nel far quadrare i provvedimenti economici e tenersi il ministro dell’Economia le cui idee sono sempre più eccentriche rispetto alle richieste e alle sensibilità del parlamentari del Pdl. Manca, dunque, una politica. E se non la si inventa al più presto e la si impone con la necessaria energia, prevedo che a breve gli esodi dalla maggioranza saranno ben più consistenti di quelli che si sono registrati finora. A quel punto a che cosa si aggrapperà Berlusconi?

Insomma, la democrazia aritmetica adesso non basta, semmai è stata sufficiente in passato. Occorre la democrazia politica, sostenuta da idee che possano ingenerare passioni, entusiasmi, quantomeno interessi in quella ancor consistente porzione di elettorato che, a fronte delle molte delusioni di questi ultimi anni, mostra un preoccupante distacco dal centrodestra, pur non guardando a sinistra. Vorrebbero sapere gli elettori se il Pdl è sempre sinceramente bipolarista e se così è perché non si dà da fare al fine di riformare la legge elettorale in senso ovviamente maggioritario, cavalcando magari il referendum.

Vorrebbero poi sapere se l’architettura istituzionale prevede seriamente l’introduzione del presidenzialismo e se nel Pdl si aprirà, anche a fronte della tragedia economico-finanziaria che stiamo vivendo, un serio ed approfondito dibattito sulla sciagurata cessione di sovranità delle nazioni ad organismi burocratici che stanno mettendo serie difficoltà i popoli.

Vorrebbero conoscere che cosa intende fare il partito per focalizzare l’attenzione sul declino europeo che inevitabilmente coinvolge anche il nostro Paese e se nutre qualche idea circa il rilancio del primato della politica, non foss’altro per non farsi strappare questo tema tipicamente di destra (se così posso esprimermi) da movimenti improvvisati senza spessore ideologico e culturale.

Ecco, come sempre, alcuni motivi che, francamente, mi sembrano molto più sensibili e suggestivi per costruire una campagna politica piuttosto che vagheggiare – e malauguratamente lo si fa soltanto teorizzandola – la costituzione di una sezione italiana del Ppe, eventualità che oltretutto annegherebbe in una indistinta formazione neo-democristiana tutte le anime riformiste del Pdl. Non mi sembra, almeno per quel che s’è capito finora, una prospettiva lungimirante.

Si torni, dunque, alla politica. Il partito elabori, i gruppi parlamentari stimolino e sorreggano il governo, l’esecutivo assuma il decisionismo come suo costume e porti avanti due o tre cose da completare entro la fine della legislatura, evitando, se possibile, di evocare scenari che preconizzino elezioni anticipate. A forza di ripetere questo mantra da cupio dissolvi, si perderanno per strada molti parlamentari i quali, di fronte alla evenienza di tornare a casa prima del tempo, penseranno bene di disertare Camera e Senato.