Per il Vaticano è eutanasia, per il padre libertà di scelta. E per la politica?
10 Luglio 2008
L’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione artificiale di Eluana potrà essere eseguita ricostruendo una presunta volontà a posteriori. Lei aveva detto, in un giorno lontano della sua giovinezza spensierata, che non avrebbe mai voluto rimanere attaccata ad una macchina, che non avrebbe mai consentito lo stillicidio del dolore ai suoi cari. Esorcizzando la sofferenza e la malattia, non aveva avuto la benché minima idea di dover rilasciare una dichiarazione scritta della sua volontà. Una volontà poco più che sussurrata, sottaciuta nel tumulto di ben altre volontà, tutte rigorosamente (e giustamente) avvinghiate alla vita. Ma, secondo suo padre e i giudici della Corte d’appello del Tribunale di Milano che hanno emesso la sentenza, quella volontà che si traduceva in una caparbia intenzione di veder garantito il suo diritto alla morte la si poteva desumere. “Ne avevamo parlato tante volte. E avevamo deciso”, ha dichiarato Beppino Englaro. “Se fosse successa una cosa del genere a me o sua madre, Eluana sarebbe intervenuta. Se fosse accaduto a nostra figlia, sarebbe stato compito nostro aiutarla. Purtroppo è stata la sua vita a spezzarsi, ma io ho fatto il mio dovere di padre. Ora finalmente è libera”.
Allora scelse non per se stessa ma per gli altri, come per lo più scelgono i giovani. Ma si può parlare davvero di libera scelta? “La domanda la rivolgiamo a chi in questi anni ha fatto di “libera scelta” e “consenso informato” le parole d’ordine di campagne che, più che al testamento biologico, sembrano invece mirare all’eutanasia”, dice Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare. “Diverso era il caso di Piergiorgio Welby che, in prima persona, ha rifiutato – finché lucido – le terapie”. Il problema, dunque, è politico, troppo politico. “In questi anni, il Parlamento – con esecutivi di diverso orientamento – non ha legiferato in merito, ma questo non significa che esiste un vuoto legislativo, perché la Costituzione garantisce la libertà di ricevere o rifiutare i trattamenti sanitari”. Quali siano però i limiti e le condizioni per ricevere e rifiutare quei trattamenti la politica non lo dice. E per ora ci si trincere dietro alla cosiddetta volontà del paziente. Ma quando questa volontà non esiste e la discrezionalità regna sovrana la politica ha il dovere di stabilire fino a che punto si possono allargare le maglie del giudizio.
“Con la sentenza della Cassazione – continua la Roccella – assistiamo ad un’impressionante invadenza giudiziaria, che si allarga fino a sostituirsi anche ai medici”. E alla politica, aggiungiamo. Ma la vicenda umana non può rientrare – come desidera il papà di Eluana – nel privato. Così come non sarà possibile liquidare quanto ha affermato il Vaticano – che ha definito la sentenza un viatico per l’eutanasia – come ha fatto oggi Beppino Englaro: “Quello che dice il Vaticano vale per il Vaticano, quello che diceva mia figlia vale per mia figlia. Lei si era espressa. Massimo rispetto per quello che dice il Vaticano, ma per noi vale quello che ci diceva nostra figlia”. Perché un diritto non può essere ad personam, deve valere per tutti.
Eluana secondo suo padre ha concluso la sua battaglia per il diritto a morire. Qualcun altro direbbe che ha subito una condanna a morte. Un margine di giudizio troppo ampio per non richiedere un intervento urgente di questo parlamento.