Per la Russia la guerra in Cecenia è finita con il ritorno della Sharia

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Per la Russia la guerra in Cecenia è finita con il ritorno della Sharia

31 Marzo 2009

Dopo la strage di Beslan abbiamo dimenticato la Cecenia. Le violazioni dei diritti umani che si sono consumate in quel pezzo del Caucaso non fanno notizia anche perché Mosca ha espulso per molto tempo giornalisti e osservatori della comunità internazionale.

In dieci anni la Russia ha decimato la popolazione cecena per venire a capo della guerriglia che puntava alla secessione della piccola repubblica caucasica. Si parla di 80, 100 mila morti. “La parola decimazione prende un suono lieve quando la si confronti con la sorte dei ceceni”, ha scritto Adriano Sofri in una lettera rivolta al premier Berlusconi.

Adesso Mosca si ritira lasciando il Paese nelle mani dell’uomo forte Kadyrov, il presidente che si definisce un “musulmano tradizionalista” giustificando l’omicidio delle donne che non seguono i precetti della fede. Kadyrov, uno dei cosacchi di Putin, prima di prendere il potere era il capo del servizio di sicurezza presidenziale ed è tallonato dalle associazioni umanitarie che lo accusano di essere l’ispiratore della famigerata brigata Kadyrovtsky, il suo esercito privato, che si sarebbe macchiato di crimini come omicidio, stupro e tortura. 

Lo scorso 9 marzo, in occasione delle celebrazioni della nascita del Profeta, Kadyrov ha donato 50.000 rubli (circa mille euro) a tutte le famiglie che hanno chiamato il loro bambino “Maometto”. Da febbraio sono state imposte disposizioni sullavendita di bevande alcoliche, sul velo per le impiegate negli uffici pubblici, sul divieto di indossare vestiti femminili scollati alla “europea”. Il presidente ha raccomandato la poligamia perché nel Paese ci sono più donne che uomini.

Torneranno a casa solo 20.000 delle circa 50.000 truppe russe che hanno riportato l’ordine a Grozny dopo averla rasa al suolo nove anni fa. Resteranno un’intera brigata e la 42esima divisione dell’esercito. Al Cremlino non si fidano troppo di Kadyrov e non sono piaciute alcune recenti manovre militari che il presidente ha fatto di testa sua.

Nel 2003, le Nazioni Unite definirono Grozny “la città più disastrata al mondo”. L’80 per cento del potenziale economico ceceno era andato perso. La capitale oggi è stata ricostruita anche se "pace" è una parola strana, fatta di civili che spariscono e strane morti che coinvolgono i ceceni o i loro simpatizzanti in Russia: nel gennaio scorso, è toccato all’avvocato Markelov.

“La situazione in Cecenia è stata normalizzata – ha detto il presidente russo Medvedev – la vita sta tornando alla normalità, e in questo momento vengono costruiti nuovi e moderni edifici a Grozny”, ma la crisi economica avanza e Mosca si è finalmente decisa a riaprire lo scalo aereo della capitale cecena ai voli internazionali. Il terrorismo non è più la priorità assoluta. Ci sono la fame e la disoccupazione.

Mosca ha risposto alla minaccia islamista con la stessa violenza terrificante: eccidi, prigionieri torturati, civili sequestrati. Città e villaggi sono stati rasi al suolo dall’aviazione e dall’artiglieria pesante e un intero popolo di profughi si è rifugiato sulle montagne e nelle grotte. Adesso, grazie a Kadyrov, i ceceni si preparano a tornare alla sharia. Il prezzo della vittoria per i russi, dunque, sembra assai indigesto. La guerriglia islamista continuerà a farsi viva in modo endemico negli stati confinanti come il Daghestan (o l’Inguscezia) dove si sta combattendo proprio in questi giorni. Sono circa un centinaio i terroristi ancora in azione sul fronte ceceno del Jihad caucasico. Lo stesso Kadyrov ha indicato nei circoli wahhabiti i finanziatori delle sacche di resistenza.

I ribelli promettono che ad aprile ci saranno nuovi attacchi. Il “comandante Aslan”, 28 anni, è nato del distretto di Vedensky e pensa che il 2009 sarà l’anno della vittoria, perché i mujaheddin sono penetrati nei villaggi e stanno guadagnano consenso tra la popolazione. “Viviamo con grande normalità nelle loro case. E’ davvero un’ottima cosa che la popolazione ci sostenga e ci capisca”. Era questa la “normalizzazione” a cui alludeva Medvedev?