Per la stampa mondiale la “Via della seta” non s’ha da fare
21 Marzo 2019
di Vito de Luca
«Sì, abbiamo notato che c’è un dibattito (in Italia, nda), che ci sono questioni aperte, ma lo troviamo naturale, serve tempo per far crescere una nuova creatura». Chi l’ha detto è WangChao – viceministro del governo cinese, il quale è anche colui che ha firmato l’intesa con il Vaticano sulla nomina dei vescovi in Cina (con tanto di testo rimasto segreto) – anticipando l’arrivo di oggi del presidente della Cina Xi Jinping, in Italia, per firmare il memorandum sulla cosiddetta Via della Seta.
«Una nuova creatura» che fa passare però qualche brivido sulla schiena, la quale ricorda più l’alieno di Ridley Scott, nella celebre saga cinematografica, che il cavallo di Troia paventato dall’Unione europea. Tant’è che sul tappeto rosso che verrà oggi steso a XiJinping (ci chiediamo se il presidente della repubblica italiana, Sergio Mattarella, chiederà conto al suo omologo, visti i suoi recenti interventi contro la pena capitale, delle migliaia di esecuzioni di Stato applicate in Cina), la stampa internazionale ha sollevato più di qualche obiezione. Robert Cooper, ex consigliere a Bruxelles di Catherine Ashton (ex Lady Pesc) e Javier Solana, al Financial Times ha dichiarato, riferendosi all’Italia ma anche al gruppo 16+1 che lega a Pechino soprattutto Paesi dell’Est Europa, che «la Cina ha scoperto di poter scegliersi diversi Paesi membri e impedire all’Ue di avere una politica cinese».
Il Wall Street Journal, invece, ha fatto notare che l’Italia «srotola a Xi il tappeto rosso a caccia dei soldi cinesi», citando il rapporto appena uscito in cui la Commissione europea rileva che gli investimenti di Pechino all’estero «possono risultare in altri livelli di indebitamento e di trasferimento del controllo su asset e risorse strategiche». Il WSJ poi aggiunge che «l’Europa potrebbe meglio rispondere unendosi agli Usa e al Giappone in un fronte unitario che usi la propria forza per obbligare la Cina a giocare secondo le regole oppure a pagare un prezzo politico e economico». Ma se per il FT e per il WSJ l’Europa (Italia esclusa) inizia comunque a riservare una certa attenzione alla cinesizzazione planetaria in corso, per Le Figaro è invece, in tal senso, ancoranebbia fitta per il Vecchio Continente. Il giornale parigino, infatti, titola «Accecamento» l’editoriale di Gaetan de Capèle, nel quale si evidenzia che, «abbagliata dallo specchietto per allodole di un accesso al mercato cinese — in realtà ben chiuso a chiave — l’Europa ha aperto alla grande il proprio e ha lasciato affondare intere parti della propria economia». Per il Daily Telegraph, l’Italia si sta «consegnando mani e piedi al Partito comunista cinese, facendosi beffe della nuova linea dura dell’Ue su Pechino e sfidando apertamente l’asse franco-tedesco». Roger Boyes, poi, del londinese Times, spiega che «la Belt and Road Initiative (alias, la Nuova Via della Seta) non è una nuova versione del piano Marshall, ma un sistema che consente alla Cina di pelare la cipolla dell’Occidente strato per strato». In questo caso la critica èrivolta anche a Germania e Regno Unito, a suo avviso troppo ingenui sui rischi di spionaggio posti da Huawei sul 5G (Sylvie Kauffmann, su Le Monde, concorda, scrivendo ironicamente che, su Huawei, «con il ben noto senso strategico, gli europei reagiscono in ordine sparso»).
C’è spazio, per Boyes, anche per ricordare le recenti affermazioni del presidente del parlamento europeo, Antonio Tajani su Mussolini, che, al pari di quanto dimostrato ormai da tutta la storiografia del fascismo, aveva affermato che il capo del fascismo, durante il suo governo, aveva realizzato anche delle «cose buone». Pur se Boyes,ironizzando su queste parole, concludeche «come gli italiani hanno scoperto molto tempo fa, far arrivare i treni in orario non equivale a governare bene».