Per la Thatcher l’Europa era molto di più dell’Unione Europea

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Per la Thatcher l’Europa era molto di più dell’Unione Europea

04 Febbraio 2012

"Faccio politica perché esiste un conflitto tra bene e male, e credo che alla fine il bene trionferà."                                                                                             – Margaret Thatcher

Lo stesso accadeva in Europa. Anche paesi come la Germania e la Francia, che amano criticare la cultura “anglo-sassone” della speculazione, si misero a rischiare. Le loro banche prestarono in modo così spericolato che ancora oggi l’intero Continente europeo ne paga il prezzo. L’eurozona che hanno costruito chiedeva solamente che i suoi “criteri di convergenza” per i deficit di budget e debiti nazionali fossero rispettati da tutti gli aderenti.

Non è mai esistita una soluzione al problema di una moneta buona per tutti con un comune saggio di sconto che tenta di tenere insieme economie radicalmente differenti. Non vi è stata mai una risposta alla seguente domanda: “Esiste una prestatore d’ultima istanza”. Proprio le falle iniziali nel processo di costruzione monetaria europea minano ora l’intero edificio.

In tutto ciò, la Thatcher fu coraggiosa e preveggente. Nel 1988, nel suo famose discorso di Brugge, dileggiato da tutti i leader europei, mise in guardia quell’Europa che stava diventando “un club dalla ristretta visione e che si guarda l’ombelico, … ossificato in una mania da iper-regolamentazione”. Per lei, l’Europa era molto più dell’Unione Europea. Includeva tutti i paesi a Est, allora in battaglia per sbarazzarsi del comunismo. Il suo pro-americanismo si fece avanti. Disse che “la comunità atlantica – quell’Europa su entrambi i lati dell’Atlantico – che è la nostra più nobile eredità e la nostra più grande forza”.

Il suo commento più controverso fu il suo attacco tanto contro lo stalismo quanto contro l’iper-statalismo: “Non abbiamo ancora fatto ritirare le frontiere dello Stato in Gran Bretagna, e ce lo vediamo re-imporre da loro a un livello europeo con un super-Stato europeo che esercita una nuova forma di dominio da Bruxelles”. Si oppose strenuamente all’unione economica e monetaria europea.

Il summit della scorsa settimana in Bruxelles (ndt.,il saggio è stato pubblicato dal WSJ lo scorso 17 Dicembre 2011 e quindi il riferimento è al noto Consiglio europeo dell’8-9 Dicembre 2011, quello del ‘gran diniego’ britannico nel quale fu deciso la messa in cantiere del nuovo fiscal compact a livello europeo come voluto dalla Germania di Angela Merkel) ha avuto luogo esattamente a vent’anni dal trattato di Maastricht, nel quale l’UE decise di creare un’unica moneta (con la Gran Bretagna che mise al sicuro la sua opzione per chiamarsi fuori). Oggi, la risposta di Bruxelles ai problemi creati dalla centralizzazione è centralizzare ancora di più.

Questa volta, la Gran Bretagna, guidata stavolta da David Cameron, era così preoccupato d’essere andato più lontano rispetto a quanto non fosse mai andata Margaret Thatcher, opponendo veto al nuovo trattato europeo. Ma gli altri Stati membri troveranno certamente una via per aggirare la posizione britannica. Ciò di cui si sente il bisogno, dicono i leader europei, è un’unione fiscale. Insomma anche se la struttura dell’edificio trema, i suoi architetti tentano di farlo ancora più alto.

Esistono delle ragione per cui le posizioni di Margaret Thatcher sull’Europa, per quanto portentose, fecero fiasco all’epoca. Era diventato impopolare nel suo paese. La sua critica delle politiche europee furono talvolta espresse in sentimenti anti-tedeschi, rese sospettose le sue reali motivazioni. Soprattutto, sembrava che stesse nuotando contro il corso della storia. Il muro era caduto. La Germania fu riunificata. I vecchi nazionalisti erano stati vinti, diceva la gente. “Europa” aveva trionfato, e tutti noi, Est e Ovest, avremmo d’ora in poi vissuto felicemente tutti insieme nella “nostra comune casa europea”.

Nel suo discorso di dimissioni dal governo del 1990, nel quale si abbatté contro la Thatcher tanto come leader del partito Conservatore quanto come primo ministro, il suo un tempo stretto alleato Geoffrey Howe la accusò, per la sua ossessione di preservare lo Stato-Nazione britannico, di vivere “in un ghetto di sentimentalismo rispetto al proprio passato”.

Non appare proprio così oggi. Invece, fu proprio la Thatcher in persona a identificare, un paio d’anni dopo aver lasciato la scena politica, il problema alla base della costruzione europea. Secondo lei il problema stava nel fatto che la costruzione europea “era infusa in uno spirito del futuro già vecchio”. E’ stato fatto “un centrale errore intellettuale” assumendo che “il modello futuro del governo sarebbe stato una burocrazia centralizzata”. Così concluse, dicendo che “i tempi del mega-Stato costruito artificialmente erano finiti”.

Esistono poche possibilità che i leader europei di oggi vogliano ascoltare quel che la Thatcher disse. L’ossessiva costruzione di un mega-Stato continentale continua senza tregua. Ma l’eredità di Margaret Thatcher non sarà una di consenso tra le elite. Mentre il mondo Occidentale affonda sempre di più in un offuscamento, la sua abitudine di confrontarsi con le questioni dure della realtà continua a piacere e sembra oggi più necessaria che mai.

Tratto da Wall Street Journal dello scorso 13 Dicembre 2011