
Per le Sardine in Emilia Romagna il Pd dovrebbe vincere senza neppure correre

18 Gennaio 2020
“In un Paese normale in una Regione come l’Emilia Romagna non vi sarebbe neppure bisogno di fare compagna elettorale. Sarebbe bastato presentare i fatti, ma ora per paradosso i fatti non bastano più”. Così il leader delle Sardine Mattia Santori a DiMartedì ha teorizzato di fatto come la campagna elettorale – e quindi le elezioni – sarebbero a suo avviso azioni superflue perchè il Pd del governatore uscente Stefano Bonaccini dovrebbe essere investito di una sorta di aurea divina in grado di garantirgli eterna conferma. Cosa vogliono di più gli Emiliano Romagnoli se non la perfezione democratica?
Dichiarazioni che fanno il paio con quelle di segno opposto delle stesse Sardine che, in vista del voto del 26 gennaio mettono le mani avanti e, come riporta Open, affermano che se dovesse vincere Lucia Borgonzoni, non saranno le sardine ad essere sconfitte: “Abbiamo chiamato alla mobilitazione, alla partecipazione. Ma non siamo un partito né siamo candidati, dopo il 27 gennaio non ci fermeremo”.
Insomma, riassumendo: il Pd in Emilia Romagna secondo le Sardine dovrebbe vincere di default ed essere riconfermato dagli elettori senza neppure partecipare alla corsa elettorale, ma dovendo malauguratamente questa corsa tenersi, se il Pd dovesse perdere allora sarebbe solo Bonaccini e compagni gli sconfitti, non certo le Sardine. Un modo di ragionare indubbiamente arzigogolato e che nasconde malamente il senso di superiorità del movimento di Santori. Le elezioni per le nuove icone della sinistra sono viste come un inciampo fastidioso, un inutile vezzo democratico che mette a rischio il divin volere del regno perfetto Pd incompreso dalla incolta e incivile massa elettorale. Un popolo incapace di scegliere il meglio e che andrebbe educato prima di poter fare la famosa croce sulla scheda. Le elezioni come inciampo, dunque, che potrebbe risultare fatale per i corridori e così le sardine si tolgono i panni dei concorrenti per vestire quelli degli spettatori. Davvero una magia degna della Prima Repubblica. O forse, sarebbe meglio dire, degna e perfettamente coerente con i modi della Seconda e Terza Repubblica.