Per l’Economist i diritti di Amnesty sono spesso storti
26 Marzo 2007
di redazione
Avete presente “The Economist”, il settimanale inglese radical chic che giudicò Silvio Berlusconi “unfit” a governare l’Italia? Nell’ultimo numero in edicola ha rivolto i propri strali contro l’organizzazione umanitaria “Amnesty international”.
L’accusa è di avere troppi scrupoli “politically correct” e di dare più spazio alle presunte violazioni dei diritti umani che avvengono in Gran Bretagna e negli Stati Uniti a causa della lotta al terrorismo che a quelle che invece caratterizzano da sempre regimi come l’Arabia Saudita e l’Iran.
Anche il titolo dell’articolo è tutto un programma “Many rights, some wrong”, tanti diritti, qualche torto, e prefigura un affondo in cui, il succo è questo: Amnesty sta diventando “unfit”ad occuparsi di diritti umani.
Sotto accusa in particolare è la gestione della ong da quando ne è diventata padrona la signora Irene Khan. La Khan è un’ideologa più che un’operatrice umanitaria e non ha mai nascosto le proprie simpatie per le ragioni degli islamici contro la lotta al terrorismo.
Un po’ come quegli avvocati di Soccorso Rosso che non nascondevano il proprio tifo per le ragioni dei brigatisti rispetto allo stato italiano. Così l’anno scorso furono non poche le defezioni all’interno della stessa Amnesty quando qualcuno lesse la frase secondo cui “Guantanamo è un gulag dei nostri tempi”.
Inoltre sotto accusa è soprattutto il sito internet che con i propri high lights rimanda sempre alle violazioni occidentali dei diritti umani e mette in secondo piano quelle dei regimi dispotici arabo islamici. O comunisti.
Inoltre con la gestione Khan, sempre secondo le contestazioni del celebre settimanale dei liberal inglesi, Amnesty avrebbe perso la propria caratterizzazione di ong che si occupa dei diritti umani per diventare un supporter di tutta quella ideologia terzo mondista che si occupa di commercio equo e solidale, di povertà, di traffico di armi.
Ma vede solo i traffici dei governi e mai quelli delle organizzazioni paramilitari come le Farc o Sendero luminoso.
Tutto il contrario invece dei cugini di Human rights watch che sempre l’Economist cita come esempio della virtù che Amnesty ha perso.
In passato era stata solo la stampa dei moderati e dei neocon americani a prendere in giro l’organizzazione con il facile gioco di parole amnesty-amnesy, ora però anche il giornale ritenuto vicino al labour party inglese e alle sue istanze l’ha presa nel mirino. Cambierà Amnesty o fin quando a comandare sarà la Khan diventerà sempre più “unfit to rule human rights”? (d.b.)