Per l’Italia il problema è non finire nel Sacro romano impero
22 Marzo 2017
di Daniela Coli
Il Corriere è generalista e trasformista, si sa, ma a forza di far preparare torte e budini sempre dagli stessi chef, si rischia di non distinguere più tra zucchero e farina. Così, abbiamo un pezzo un po’ generico e un po’ pasticciato, su “chi odia la società aperta”. Viene da chiedersi se i politologi tifosi di Hillary Clinton si riferiscano magari al finanziere Soros, il sostenitore della moglie di Bill che vorrebbe riempirci di migranti. Nell’articolo la Cgil invece è dipinta come il diavolo che sta per riagguantaci e – ahinoi! – non ci si rende conto che senza l’orribile Cgil non ci sarebbe neppure l’egemonia culturale a cui gli editorialisti del Corriere sembrano tenere tanto, come grande muraglia cinese contro la barbarie di Brexit. E qui cascano le braccia, perché, si sa, l’Inghilterra è la patria del liberalismo e con Brexit i britannici non vogliono affatto liquidare il libero scambio.
Tutt’altro, vogliono liberarsi dei lacci e lacciuoli di Bruxelles e correre per conto loro, decidere come e con chi fare affari e migliorare la qualità di vita dei propri connazionali. Non si capisce perché gli inglesi dovrebbero scomparire nel melting pot. Ai nostri elitisti piacciono tanto le élite, ma hanno dimenticato che la teoria delle élite l’ha inventato Pareto, per il quale i britannici erano i romani moderni e la democrazia una specie di lotteria.
Il successo dei 5 stelle preoccupa tanti intellettuali e giornalisti renziani, ma era prevedibile che scappasse dal Pd di Renzi chi non fa parte delle categorie protette dall’ex sindaco di Firenze. Il Pd è ormai votato da insegnanti, pensionati, borghesia intellettuale e funzionari pubblici. La destra – scriveva sul Corriere del 30 settembre 2016 Galli della Loggia – non esiste e non esisterà più, ha fondato le sue fortune sull’anticomunismo e sull’economia Renzi le ha tolto questi due cavalli di battaglia, et voilà, les jeux sont fait! Alla destra per Galli della Loggia restava la “xenofobia”, espressione raramente usata nel giornalismo anglosassone anche prima di Brexit, perché i media inglesi hanno sempre difeso le categorie più deboli.
Basta pensare al programma May per i conservatori, che si propone di difendere il lavoro britannico. Non diversamente da Trump, che per il Foglio come per Repubblica è il “cafone in chief” al quale viene contrapposta la Merkel, nuova leader della globalizzazione. Anche qui molti pasticci, perché la Germania (non solo quella della Merkel) ha sempre rifiutato missioni universali. E di certo non lo farà sotto elezioni. Trump è stato uno shock per la Germania che con la Cina è la nazione che ha più guadagnato dalla globalizzazione e Berlino ha un rapporto stretto con Beijing, ma bisogna rendersi conto che se la Germania aveva avuto da Obama l’investitura di leader dell’Europa non è più tale con la Brexit, che la priva dell’Atlantico, e con Trump, che intende ridurre la potenza cinese.
Il problema per noi è quindi di non ritrovarci in un nuovo Sacro romano impero, tutto altro che un mondo libero e aperto.