Per Morcone e il Pd il futuro è mo’ o al massimo fino al ballottaggio

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Per Morcone e il Pd il futuro è mo’ o al massimo fino al ballottaggio

11 Maggio 2011

di M.A.

Una campagna elettorale sempre in salita. Se dovessimo trovare una formula per sintetizzare l’esperienza elettorale del candidato del Partito Democratico, Mario Morcone, non potremmo compiere altra scelta se non quella della metafora ciclistica.

Dal momento della sua investitura, il prefetto con alla spalle una brillante ed onorata carriera da servitore dello Stato, contrassegnata dall’esperienza in Kosovo all’attuale incarico di Direttore dell’Agenzia per i beni confiscati alla Mafia, ha dovuto lottare innanzitutto con la sua scarsa notorietà in città. Un illustre sconosciuto dal curriculum di tutto rispetto, che ha speso la prima fase della sua campagna elettorale prioritariamente a farsi conoscere dai suoi concittadini. Un gap non irrilevante che si è andato a sommare alla scarsa popolarità e credibilità del partito che lo ha proposto. Quel Pd uscito a pezzi dalla tragicomica vicenda delle primarie e che doveva far dimenticare l’esito inglorioso dell’esperienza amministrativa targata Bassolino/Jervolino.

Un temerario della politica che si è buttato a capofitto in un’avventura che ha il sapore dell’impossibile. Una candidatura nata quasi per caso. Mentre il PD si leccava le ferite conseguenti alle primarie e vagava nel buio alla ricerca di una possibile soluzione, incassando rifiuti illustri come quello del magistrato anticamorra Raffaele Cantone, dalle colonne de Il Mattino l’imprenditore Borgomeo lanciava la figura dell’ex prefetto come possibile candidato di una coalizione alternativa al centrodestra. Un suggerimento subito colto dal partito di Bersani che vedeva nella sua figura la possibile via di uscita ad una situazione che cominciava ad assumere contorni imbarazzanti. Bisognava evitare che si ripetesse quanto già accaduto alle Regionali nel Lazio dell’anno precedente e l’esito infausto di quella elezione. Se allora erano stati i Radicali con la candidatura della Bonino ad approfittare delle timidezze e degli imbarazzi democratici, imponendo a tutta la coalizione il nome del vicepresidente del Senato, a Napoli il rischio veniva da sinistra e da quell’alleato scomodo che risponde al nome di Antonio Di Pietro.

La candidatura di Luigi De Magistris ha rappresentato la perfetta sintesi di questa tattica di accerchiamento del PD locale che ha rischiato di dividere i democratici anche dai cugini vendoliani. Un rischio evitato grazie alla scelta di questi ultimi di ricorrere ad un referendum tra i loro iscritti per scegliere quale sindaco appoggiare. In appena 350 hanno determinato le strategie di Sinistra e Libertà, un partito che nella sua nomenclatura locale è legato a doppio filo a quella parte di classe dirigente democratica che fino ad oggi ha governato Napoli, ossia quella che fa capo ad Antonio Bassolino.

Incassato il sostegno di SeL, Morcone ha potuto cominciare la sua lunga traversata nel vuoto, lanciando proposte avveniristiche, come il 50% di raccolta differenziata in cento giorni ma potendo dire poco o nulla sulla composizione delle liste dei partiti che lo sostengono. Il Pd ha riconfermato tutti i consiglieri in carica, sancendo di fatto una continuità amministrativa con la fallimentare esperienza uscente. Nella civica di Morcone sono transitati alcuni consiglieri la cui rielezione era a rischio nelle file del Pd. La lista riformista animata da Umberto Ranieri ha associato le sue sorti a quelle dei (pochi) socialisti rimasti a sinistra e degli inconsistenti ambientalisti, che hanno imposto nel logo un demagogico “No al nucleare”. La lista di SeL si è rilevata una succursale dei bassoliniani, in quanto composta da una generazione di politici nati in quella stagione e che difficilmente riusciranno a staccare il loro cordone ombelicale da quella storia.

In questo contesto, si inserisce Morcone. Partito in sordina, ha deciso di rilanciare la sua immagine con una campagna di comunicazione ardita, con slogan di un certo impatto. Da “Genio e regolatezza” a “Nobiltà senza miseria”, ha provato a dare un’immagine di sé diversa da quella del grigio burocrate catapultato da Roma per salvare una barca alla deriva.

Paradossalmente, il suo principale avversario è stato Luigi De Magistris, con il quale numerosi sono stati gli scontri a suon di comunicati stampa. Dal momento in cui è emersa la seria possibilità che l’ex magistrato potesse sopravanzarlo ed arrivare al ballottaggio con Lettieri, la strategia di comunicazione è stata tutta rivolta a recuperare quell’elettorato di sinistra deluso. Ma forse questo non è bastato.

La seconda fase è stata, quindi, rivolta a garantirsi i voti dei grandi elettori del Pd. In particolare, due uscite pubbliche con Antonio Bassolino, l’una al Palapartenope in compagnia del discusso delfino Andrea Cozzolino, l’altra presso la Fondazione Sud, hanno sancito l’impegno dell’ex governatore al fianco di Morcone il quale ha dovuto rinunciare, come imposto da Cozzolino, alle parole “discontinuità” e “innovazione” per il prosieguo della sua campagna elettorale. Un assist non tanto inatteso è venuto, poi, da Ciriaco De Mita, leader regionale dell’Udc che formalmente sostiene un altro sindaco, Raimondo Pasquino. L’ex presidente del Consiglio ha speso parole di elogio per la sua persona, lasciando presagire quale possa essere la strategia del suo partito in caso di ballottaggio.

Scelte che hanno lasciato perplessi in tanti e alimentato sospetti sugli effettivi sponsor di Morcone. Il payout della sua campagna è tutto in uno slogan: Il futuro è mò. La coda della sua campagna elettorale ha determinato fantasiose varianti. Da Il passato è mò a Il futuro è mòscio, sul web corrono le parodie del suo slogan, mentre i sondaggi continuano a preoccupare i vertici nazionali del PD. Una recentissima rilevazione dà De Magistris e Morcone praticamente appaiati. Se il sorpasso dell’europarlamentare dovesse concretizzarsi, il centrosinistra campano rischia di incassare una sconfitta senza precedenti e dare spazio ad un fronte alla sua sinistra col quale misurarsi in termini di proposta di governo.

Riuscirà l’ex prefetto nell’impresa di evitare questa debacle? Appena una settimana ci separa dal verdetto; manca poco per scoprirlo. I vertici locali del Pd sono tutti col fiato sospeso e puntano all’obiettivo minimo, ossia l’approdo al ballottaggio. Nel caso dovessero farcela, da lunedì dovranno riuscire, insieme al candidato sindaco, in uno sforzo ancora più complicato: rimettere insieme i cocci di un centrosinistra dilaniato da polemiche ed accuse reciproche, nel tentativo di costruire un’alleanza di governo che segni il passo dai disastri degli anni precedenti. Un compito quasi impossibile, come questa campagna elettorale.