Per Obama aumentano i danni della “catastrofe senza precedenti”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Per Obama aumentano i danni della “catastrofe senza precedenti”

03 Maggio 2010

La “catastrofe ecologica senza precedenti” evocata da Obama per spiegare la marea nera che si sta allargando sulle coste della Louisiana potrebbe non esaurirsi nei danni naturali ma coinvolgere l’amministrazione Usa e il presidente in persona, accusato di essersi mosso in ritardo, sottovalutando l’entità del problema. Un accusa che richiama da vicino quanto successo nel 2005 per l’uragano Katrina ai tempi di George W. Bush.

Ieri Obama si è recato a Venice, nel sud della Lousiana, per una brevissima visita. Sulla sua agenda un appuntamento al quartier generale della Guardia Costeria e una breve conferenza stampa con i giornalisti che lo seguono nei viaggi.

Nella sua breve dichiarazione Obama si è detto certo che la Bp è responsabile e pagherà per i danni provocati dalla marea nera nel Golfo del Messico, forse “una catastrofe ecologica senza precedenti”, e che le vittime verranno risarcite in maniera adeguata. Dopo la conferma che la marea nera si trova a sole 9 miglia dalla costa, il presidente ha difeso la reazione della Casa Bianca. “Sin dal primo giorno – ha detto – eravamo preparati al peggio e abbiamo reagito con decisione”. Il presidente ha anche puntato il dito contro la Bp che aveva già ammesso la sua impotenza con Doug Suttle, il Chief Operating Officer, che dalle colonne del NYT aveva spiegato che il colosso petrolifero ha “usato praticamente tutti i mezzi” a sua disposizione e che “non ci sono molte altre risorse contro una perdita come questa”.

Ad alzare i toni della visita sono gli abitanti del piccolo centro tra i più colpiti dall’invasione del greggio, che hanno giudicato tardivo l’arrivo di Obama e ricordato come gli aiuti per Haiti – un paese straniero – siano stati immediati. Gli avvocati che hanno avviato le class action contro Bp, Halliburton e la società svizzera proprietaria della piattaforma esplosa, la Transocean, si sono detti invece convinti che la visita di Obama, ad alta carica simbolica, accelererà gli aiuti e accrescerà le pressioni su Bp.

Secondo il ministro dell’interno Ken Salazar, responsabile anche per l’ambiente, una volta tamponata l’emergenza saranno necessari fino a 3 mesi per scavare un nuovo pozzo di petrolio accanto a quello già esistente. Su un punto Salazar non ha dubbi: la perdita è “potenzialmente catastrofica” e la priorità del governo federale nella battaglia contro la marea nera è di stare “col fiato sul collo” a Bp, cui verrà  chiesto di pagare il conto. Intanto il greggio continua a uscire dal pozzo ad una profondità di oltre 1.500 metri. La macchia nera si sta di fatto allargando e spostando verso nord, minacciando oltre all’equilibrio delle paludi del Delta, anche le spiagge di Mississippi, Alabama e Florida.

Dall’esplosione della piattaforma DeepWater Horizon del 22 aprile, la perdita di petrolio ha raggiunto gli 800mila litri al giorno, ma “se l’estremità del pozzo dovesse cedere si potrebbero superare i 16 milioni di litri al giorno”, ha detto il comandante della guardia costiera americana, l’ammiraglio Thad Allen. alla Cnn. Il presidente di Bp America Lamar McKay si è mostrato pessimista, spiegando che azionare il dispositivo che dovrebbe chiudere la falla è come “operare a cuore aperto a 1.500 metri di profondità con sottomarini telecomandati”. La soluzione più plausibile, a questo punto, appare la cupola di contenimento che è in via di completamento e potrà entrare in funzione entro 8 giorni.

Le ricadute pratiche della catastrofe non si sono fatte attendere. Le principali società americane di alimentazione che vendono prodotti della pesca hanno diffuso un comunicato congiunto in cui sottolineano di accogliere con “estremo favore” la decisione delle autorità di vietare la pesca per 10 giorni nell’area interessata dalla marea nera. “La chiusura precauzionale delle acque al largo di Mississippi, Louisiana e parte della Florida era necessaria per rassicurare i consumatori che i nostri prodotti continueranno a garantire i più alti livelli di qualità” ha dichiarato il presidente del Louisiana Seafood Promotion and Marketin Board, Harlon Pearce. “Plaudo alla decisione delle autorità” ha aggiunto.

Il disastro appare ben lontano dall’essere risolto, per questo l’auspicio è che le polemiche vengano rinviate ad un secondo momento, concentrandosi sugli interventi da attuare. E solo successivamente indagare e individuare le colpe, punendo i responsabili.