Per ogni paradiso fiscale che scende ce ne sono almeno due che salgono
05 Maggio 2009
San Marino, come noto, è una piccola rocca a circa 30 chilometri da Rimini.A San Marino ci sono circa trentamila abitanti, 13 banche con 60 filiali e 58 finanziarie. Tra filiali e finanziarie un istituto ogni 250 persone. Ma a San Marino, secondo quanto recentemente riportato dall’ex capo di Stato, ora all’opposizione, ci sono soprattutto depositi per 12,5 miliardi di Euro l’anno.
L’impronta finanziaria della Repubblica del Titano, del resto, ha avuto un vero e proprio boom negli ultimi anni. Basti pensare infatti che, fino ad una decina di anni fa, c’erano solo 4 banche.
San Marino è stata comunque inserita, all’inizio di marzo, nella famosa lista nera di circa 40 paesi non cooperativi. Paesi a cui l’OCSE ha espressamente chiesto di aderire all’articolo 26 del codice di relazioni internazionali per lo scambio di informazioni di carattere fiscale.
In una lettera inviata al segretario generale dell’OCSE il governo sanmarinese ha quindi espresso l’intenzione di uniformarsi agli standard richiesti ed ha assicurato che, entro settembre 2009, il Parlamento del Titano voterà gli emendamenti necessari per modificare la normativa in tema di segreto bancario e per consentire appunto lo scambio di informazioni sensibili ai fini di eventuali accertamenti fiscali. Ad oggi, peraltro, il Codice non prevede il reato di evasione fiscale, che costituisce una semplice violazione amministrativa e non è quindi consentita alcuna rogatoria in materia.
In parallelo a tale impegno con l’OCSE è inoltre a breve attesa la firma di accordi di cooperazione economica e finanziaria con l’Italia e la rinegoziazione della Convenzione in materia di doppia imposizione. E’ evidente, del resto, che il paese maggiormente interessato ad una “redenzione” del Titano sulla via della trasparenza sia l’Italia.
San Marino, comunque, non è il solo paradiso “attenzionato”.
Anche Andorra, per esempio, dove non è prevista alcuna tassa diretta sui profitti di impresa, né sul reddito delle persone fisiche o sul patrimonio e il segreto è tutelato dalla Costituzione, salvo il caso di indagini su riciclaggio e finanziamenti al terrorismo internazionale, è stata inserita nella lista nera e (a partire dal 2011) ha dovuto comunque concedere un incremento dell’euroritenuta sulle persone fisiche dal 15% al 35%.
Ma, come detto, vista la natura globale dell’economia mondiale, limitare un paradiso fiscale lasciandone operativi altri è come cercare di coprirsi con una coperta sempre troppo corta.
Se, come abbiamo scritto in altri precedenti interventi, la Cina continua a non mettere in discussione i privilegi fiscali di Hong Kong e se, peraltro (senza neppure andare così lontano), molti degli stessi Stati che oggi fanno la voce grossa sono gli stessi che poi proteggono i “propri” paradisi fiscali, o che comunque mantengono leggi di favore in materia di illeciti fiscali e finanziari, è inutile fare proclami fini a se stessi.
Gli USA, del resto, mantengono ancora centri off shore, come le Isole Vergini Americane o come il Delaware.
Il Regno Unito è circondato dai paradisi fiscali della Manica.
La stessa Germania non consente di sequestrare beni e società di provenienza illecita intestati ad un prestanome, se quest’ultimo è incensurato o non è a sua volta indagato per lo stesso reato.
Ma anche se questi Stati si adegueranno alla nuova linea imposta dalla crisi mondiale le cose cambieranno poco.
Per un paradiso in discesa infatti nuovi paradisi, vicini e lontani, diventano di moda.
Dubai, Kazakhstan, Turkmenistan, Giamaica, Sri Lanka.
In Dubai è stato infatti creato il Difc (Dubai International Financial center): 50 ettari di zona franca con esenzione dal pagamento di imposte dirette per le imprese e i dipendenti fino a 50 anni e tutela del segreto bancario.
In Kazakhstan esistono già numerosi trust e fondi di investimento che garantiscono una schermatura decennale dell’investimento.
In Turkmenistan è prevista una detassazione totale per le società che aprono sedi nel Paese e tutela del segreto bancario.
La Giamaica ha recentemente destinato un fondo di 102,6 milioni di dollari alla sua trasformazione in paradiso fiscale.
Lo Sri Lanka, il primo aprile scorso (e fino all’11 marzo 2011) ha deciso di varare un’amnistia fiscale di due anni su tutti i redditi che verranno depositati in valuta estera.
Certo, questi paesi non sono la Svizzera. Sono Paesi dove la certezza del diritto è spesso un optional e dove le leggi possono cambiare dall’oggi al domani; alcuni di essi sono poi a forte instabilità politica ed è alto il rischio guerra e terrorismo. Non assicurano insomma quella tranquillità che spesso assicuravano i paradisi sotto tiro e i possibili danni collaterali potrebbero alla fine rivelarsi più gravi di quello di sottoporsi alla dovuta tassazione.