Per Pd e Terzo polo viene prima la guerra al Cav. che il popolo libico

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Per Pd e Terzo polo viene prima la guerra al Cav. che il popolo libico

24 Marzo 2011

Compatti e contenti. Gli alleati di opposizione e chissà, magari in futuro anche di coalizione, hanno scelto: prima la battaglia senza se e ma al Cav., al suo governo e alla maggioranza, poi  gli interessi dell’Italia. Risoluzione Libia parte seconda: dopo l’astensione di mercoledì al Senato, ieri a Montecitorio Pd, Idv, Fli e Udc ci hanno ripensato e hanno votato no. No al documento della maggioranza col quale si fissano paletti precisi su Nato, Onu, monitoraggio delle coste mediterranee per scongiurare l’esodo in massa di immigrati e la redistribuzione dei flussi migratori.

E così dopo un girotondo di tatticismi su documenti incrociati, e nonostante l’offerta di Pdl e Lega a recepire parte delle istanze delle opposizioni in cambio di un voto unitario, il fronte anti-Cav. si è votato la sua risoluzione. A passare è stata quella della maggioranza anche se con sette voti di scarto, complici le solite assenze tra i deputati del centrodestra e pure alcune defezioni (per malattia) nei banchi delle opposizioni. La domanda è: a che pro? Qui non c’è un atto del governo che in democrazia si può criticare e osteggiare col voto. No, qui c’è la posizione dell’Italia nei confronti dell’Europa e della Nato. Il che significa che di fronte alla guerra in Libia che adesso va bene alla sinistra (ironia della sorte: per le vie e nelle piazze di bandiere arcobaleno non se ne trovano neanche a cercarle col lanternino, sparite anche i sit-in permanenti) al primo posto dovrebbe esserci la salvaguardia degli interessi nazionali.  

Insomma, la sinistra e il terzo polo hanno perso un’altra occasione per affrancarsi, una volta per tutte, dall’antiberlusconismo che seppelliscono a parole ma nei fatti è sempre il solo collante che mette tutti d’accordo, soprattutto in Parlamento. Bersani spiega le ragioni del no e dice che era praticamente impossibile votare la mozione della maggioranza perché “bisogna che quel che dice il Paese lo si possa capire ovunque, all’Onu, in Europa e a Bengasi. Non possiamo presentarci con una documentessa di cinque cartelle aggiustate per risolvere i problemi e le miserie di una maggioranza che deve cercare il suo equilibrio”. Ma c’è qualcosa che non torna perché buona parte dei punti della risoluzione democrat erano stati inseriti nel documento del centrodestra che contava sul voto unanime dell’assemblea dal momento che in ballo c’è una questione che dovrebbe travalicare i recinti dei partiti e le contrapposizioni tra schieramenti e guardare invece all’immagine del paese nello scenario internazionale.

Il Pd, aggiunge Bersani, ha preso una linea chiara: “la la posizione dell’Italia è nei limiti dell’Onu. Noi non siamo bellicisti: la forza serve a fermare i massacri, da lì in poi c’è l’azione politica e diplomatica, che non può avere come interlocutore Gheddafi”. Ne più ne meno quello che va sostenendo da due giorni la maggioranza, fatto salvo che la via diplomatica del governo per il dopo,  non scarta a priori una mediazione anche col rais libico se questi dovesse restare ancora in sella. Per il resto, ciò che dice Bersani è ciò che dice il governo e infatti alla fine sono state messi ai voti due risoluzioni molto simili tra di loro.  

L’altro tema sul quale le opposizioni si sono avvitate è l’affondo sull’assenza del premier alla Camera (come il giorno prima in Senato). C’erano e hanno parlato Frattini e La Russa che non sono propriamente due signori distinti che passavano di lì, bensì due ministri del governo Berlusconi e due ministri, per così dire, del ramo. Ci ha messo il carico da novanta persino Casini quando dichiara che l’assenza di Berlusconi in Parlamento e le sue dichiarazioni altalenanti possono far pensare ad una “riserva mentale” su questa operazione e sullo stesso Gheddafi. Casini definisce la missione  una “scelta inevitabile. La comunità internazionale si è mossa tardi e male – ha proseguito – c’è protagonismo francese fuori luogo, che non è del tutto estraneo a interessi che nulla hanno a che fare con la nobile politica. E ci sono preoccupazioni anche per i flussi di profughi ed e’ giusto che l’Europa non ci lasci da soli”.

Il ‘ma’ centrista rimanda ancora una volta ai rapporti tra il Cav. e Berlusconi, come se il prima valesse anche per l’ora e nel frattempo non fosse successo nulla. La maggioranza col ministro La Russa accusa le opposizioni di “fare il gioco sporco”: anziché dimostrare senso di responsabilità  come chiesto da Napolitano ha “trascinato la polemica politica in campo internazionale votando contro il nostro documento nella speranza che non avessimo i numeri”. Così non è stato ma al di là dei tatticismi, quello che resta agli atti è che l’immagine del Paese ne esce divisa, con le solite strumentalizzazioni di parte. E non è un buon biglietto da visita per i nostri interlocutori nazionali, specie in una fase delicata come questa.

Evidentemente, sinistra e terzo polo hanno la memoria corta oltreché le armi (politiche) caricate a demagogia anti-Cav, perché solo qualche anno fa sia col governo D’Alema per la missione in Kosovo che con quello Prodi per gli interventi militari negli altri scenari del mondo dove regimi e dittature hanno cancellato vite umane, il centrodestra allora all’opposizione non solo sostenne le decisioni di quegli esecutivi ma come nel caso del governo Prodi, fu determinante per salvare la stessa maggioranza divisa tra pacifisti-no global e interventisti da una crisi di governo.  

La realtà (triste), invece, è che nel giro di una settimana le opposizioni sono passate dal voto favorevole alla missione in Libia nelle commissioni parlamentari Esteri, all’astensione sul documento della maggioranza in Senato (recepiva quello già votato nelle commissioni), al voto contrario alla Camera. Se questa è la linea della responsabilità…