Per Pecoraro il clima è solo una questione politica
17 Settembre 2007
Una prima osservazione preliminare
Nel contesto delle varie “grida”
relative al “catastrofismo climatico” del pianeta imputato alle attività umane, si è tenuta la Conferenza Nazionale
sul Clima a Roma voluta dal ministro dell’Ambiente, in cui non mi pare che la
parte veramente scientifica abbia avuto una rilevanza significativa, almeno per
ciò che riguarda le valutazioni e le comunicazioni ufficialmente espresse.
Concordo, come del resto ho già
avuto modo di dire prima che la stessa Conferenza avesse luogo, con quanto
espresso, per esempio, da due noti fisici dell’atmosfera ed esperti
climatologi: Guido Visconti e Franco Prodi. Il primo, nel contestare le
affermazioni del ministro Pecoraro Scanio sull’eccesso di riscaldamento
dell’Italia (4 volte rispetto alla media del pianeta: 0,7°C) si domanda (vedi
“Libero Mercato” del 14 settembre): “….. se sono stati gli amici verdi del ministro
a informarlo così male o se il livello
scientifico del suo staff prende delle ovvie quanto inevitabili cantonate”
visto che nello stesso rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc)
si “nota chiaramente che nel periodo 1901-2004 (praticamente il secolo XX) le
regioni del Mediterraneo, Italia inclusa, si è scaldata in media di
0,2-0,6 gradi per decade a fronte di altre regioni della terra come il Canada
che nello stesso periodo arriva fino a 1,5 gradi/decade” Forse il concetto di
“localizzazione spaziale” e di “media temporale” sfugge ai “consulenti del ministro
(benedetta scuola italiana, se ci sei batti un colpo!). Il secondo protesta (vedi
Corriere della Sera del 15 settembre) e più che giustamente, sul fatto che alla
Conferenza “sia stato dato un titolo ed una impostazione scientifica senza invitare nessuno scienziato e, in
più: “hanno sbagliato a leggere i dati
(che infatti sono stati corretti dal Cnr smentendo, a posteriori, le
affermazioni del ministro).
E dov’erano e sono mai state
consultate le Società Italiana di Fisica, di Chimica, di Geologia o altre
Associazioni scientifiche libere? Nulla di nuovo sotto il sole italico. Quando
si parla di questioni che dovrebbero basarsi su corrette conoscenze
scientifiche, gli scienziati seri e gli esperti veri sono gli ultimi ad essere
considerati o peggio non vengono neanche interpellati. È accaduto varie volte
per esempio in occasione della prima Conferenza sull’Energia del 1987 (dopo
Chernobyl e prima del famigerato referendum in cui scienziati come Edoardo
Amaldi e Mario Ageno venivano quasi sbeffeggiati dagli ambientalisti arrabbiati
e dai radicali di complemento) e della seconda nel 1998 in cui tra le tante
voci interessate a parlare (associazioni ambientaliste, partiti politici,
ministri vari, associazioni agricole e industriali, sindacati, movimenti
radicali ecc.) quella della scienza era confinata in una sessione tecnica
parallela senza risonanza alcuna.
E veniamo al merito del problema
Le questioni di fondo sono: 1) se
il riscaldamento globale è una realtà; 2) se la colpa è tutta o in parte dell’uomo;
3) se i rimedi che vengono sbandierati hanno una giustificazione e servono a
qualcosa.
Per usare correttamente il metodo
scientifico nessuna affermazione che non sia suffragata da dati e osservazioni
ben fondate e incontrovertibili può essere assunta come “certa”. Semmai, come
lo stesso rapporto 2007 dell’Ipcc è tenuto a fare, si può parlare di “very
likely” (molto probabile) o “possibile” entro certi limiti di affidabilità o di
approssimazioni delle misure, là dove esistono, o delle proiezioni (non “previsioni”)
là dove solo modelli o simulazioni possono essere adottati.
E dunque, per dirla con un
notevole numero di scienziati seri e prudenti, magari con poco “appeal”
televisivo, ecco come stanno le cose: (vedasi, ad esempio l’articolo, “Non
moriremo per il caldo” pubblicato su La Stampa del 15 settembre).
a)
è verosimile che vi sia una evoluzione climatica
globale dal 1850, ma non vi è forte evidenza di una influenza umana
significativa. Vi è inconsistenza, ad esempio, tra il raffreddamento occorso
tra il 1940 e il 1970 con i modelli basati sulla crescita continua di emissioni di CO2. D’altra parte nessun
riscaldamento ulteriore dopo il 1998 è stato osservato.
b)
vi sono molte incertezze nei modelli climatici e le
basi di tali modelli sono incomplete. Perfino gli effetti della meteorologia
normale e delle nubi sono ancora poco compresi.
c)
le variazioni climatiche naturali sono notevoli e ben
documentate da fonti geologiche, oceanografiche e storiche. Esse sono inoltre
fortemente correlate con le frequenze delle macchie solare e altre cause
cosmiche che hanno effetto sulla copertura nuvolosa, cosa questa che non è
tenuta in debito conto dai modelli climatici.
d)
non vi è evidenza ragionevole del fatto che il XX
secolo sia stato il più caldo negli ultimi 1000 anni. Affermazioni precedenti
basati sulla curva a “mazza di golf”
(curva che manifesterebbe un rapido aumento di temperatura media globale) sono
state oggi completamente discreditate (anche il Summary del recente Quarto
Rapporto dell’Ipcc non vi fa più alcun cenno).
e)
Non vi è dubbio che la scienza dei problemi climatici è lontana dall’essere sicura. Poiché molti
effetti cosmici non sono considerati nei modelli climatici, argomenti come “non vi è altra spiegazione” (al di
fuori delle emissioni antropogeniche di CO2) non sono
credibili.
E ciò sia detto per restare nei
limiti della “decenza” conoscitiva.
Ma si potrebbe dire di più contro questo “catastrofismo”
demagogico, antiscientifico e pericoloso per la coscienza dell’opinione
pubblica e il realismo delle decisioni a livello socio-politico.
Tra le quali il protocollo di
Kyoto non è sicuramente la più efficace ma invece molto costosa; e mentre ci
sarebbe indubbiamente il ripensamento all’energia nucleare, sola fonte
accertata che può competere su “larga
scala” sia economicamente che ecologicamente con l’uso eccessivo di
combustibili fossili. Ma non a chiacchiere, con i fatti. Siamo ancora in tempo
perché il nostro Paese non perda un altro treno.
Renato Angelo Ricci è presidente dell’Associazione Galileo 2001 e presidente onorario della Società Italiana di Fisica (Sif).