Per Repubblica la risalita dello spread dipende dalla non riforma dell’art.18

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Per Repubblica la risalita dello spread dipende dalla non riforma dell’art.18

05 Aprile 2012

Secondo quanto riportato da Roberto Mania su La Repubblica del 7 febbraio scorso, un netto ed incisivo intervento sul mercato del lavoro – art. 18 dello Statuto dei lavoratori compreso – avrebbe dovuto provocare, in base alle “stime dei tecnici al tavolo del lavoro” (con le parti sociali, ndr), un ulteriore abbassamento di altri 200 punti dello spread tra il Btp decennale e l’analogo Bund tedesco. Un segno di discontinuità, propedeutico al riacquisto di una maggiore affidabilità dei nostri titoli di Stato sui mercati finanziari, di cui il governo Monti si sarebbe fatto garante.

Dopo mesi di trattative con le parti sociali, il consiglio dei Ministri ha finalmente approvato il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro. In tema di licenziamenti individuali per motivi economici, secondo quanto previsto dalla bozza originaria, il giudice, nel caso in cui avesse accertato l’inesistenza del motivo del licenziamento, avrebbe dovuto disporre nei confronti del lavoratore un’indennità compresa tra 15 e 27 mensilità.

Netto, al riguardo, il dietrofront dell’esecutivo. Già, perché in base al testo definitivo, ora il giudice reintegrerà il lavoratore nel momento in cui dovesse ritenere il licenziamento per motivi economici illegittimo per “manifesta insussistenza”. In tutti gli altri casi di illegittimità, invece, corrisponderà un indennizzo compreso tra 12 e 24 mensilità. L’onere della prova, inoltre, non spetterà più al lavoratore. Prevista anche l’estensione dell’obbligo del reintegro per i licenziamenti discriminatori anche ai lavoratori delle aziende al di sotto dei 15 dipendenti, mentre per i cosiddetti licenziamenti disciplinari, il reintegro giudiziale avverrà soltanto “nei casi gravi” (indennizzo da 12 a 24 mensilità negli altri).

E’ in quest’ottica che s’inseriscono le indiscrezioni riportate dal quotidiano diretto da Ezio Mauro: la mancata riforma dell’art. 18 pare stia provocando quanto profetizzato da Repubblica appena 2 mesi orsono. All’opposto, però. Perché se la modifica dell’art. 18 valeva 200 punti di spread in meno, non si comprende perché la mancata riforma della disciplina dei licenziamenti individuali non dovrebbe causarne la risalita. Dopo i rialzi di ieri, infatti, oggi si è assistito ad un’altra mattinata difficile per lo spread tra Btp e Bund, che da un valore di apertura di 356 punti è risalito bruscamente a quota 380.

Il duo Monti-Fornero, cedendo alle pressioni della Cgil (e del Pd), sembra aver innescato nuova tensione nei mercati. Detto ciò, e fermo restando gli aspetti strettamente economico-finanziari legati al collocamento dei nostri titoli di Stato nei mercati, dal punto di vista tecnico il testo dell’esecutivo non risponde appieno ai richiami più volte pronunciati dalle istituzioni comunitarie in tema di flessibilità in uscita.

Ora toccherà al Parlamento pronunciarsi. Il Pdl ha già annunciato modifiche. Dall’altra parte della barricata, invece, si esulta per la riconquista del reintegro. Per quanto riguarda Repubblica, invece, non resta che affidarsi all’antico brocardo latino verba volant scripta manent. Ma ciò che rimane agli atti è la marcia indietro del governo sui licenziamenti e la nuova corsa dello spread.