Per restare in Rai la Dandini scriva a Veltroni
08 Luglio 2011
di redazione
Chi è Serena Dandini? Figlia di nobili decaduti, presentatrice, giornalista e autrice televisiva. Ma è anche, come tanti altri, una dipendente a contratto. Il suo, in particolare, glielo ha stipulato la Rai. Il 2011 rischia di essere l’anno della suo addio all’azienda ed è decisa a farne un caso nazionale. Per questo ha scelto di alzare la voce dalle colonne del Corriere della Sera che, il 5 luglio scorso, ha pubblicato una lettera in cui lamenta di non esser stata ancora avvertita sulle sorti del suo contratto e, dunque, del programma “Parla con me”.
Dicevamo, chi è la Dandini? Chi è la Dandini per considerarsi tanto indispensabile da chiedere cosa ne pensa l’Italia intera del suo contratto? Ricordiamo che iniziò a lavorare in Rai negli anni ’80, collaborando con diversi programmi come autrice, perché amica di Veltroni e del suo giro: da allora non si è più mossa. Chi è, quindi, per alludere all’illegittimità del trattamento che le riserva Mamma Rai, denunciando lugubri poteri che influenzerebbero le decisioni dei suoi datori di lavoro? Chi è per ritenersi l’unica (o almeno la più autorevole) vittima di un sistema che penalizza una grossa parte degli italiani che lavorano?
In questo momento molte persone si trovano nella sua stessa malaugurata condizione, eppure non hanno i privilegi di cui lei gode. Per avere quelli bisogna chiamarsi Dandini. La verità è che la presentatrice desidera dipingersi come l’ennesima bocca “scomoda” che le trame dirigiste dei potenti vogliono tappare. E invece è una come tanti altri, solo con amici potenti. Parliamo di lavoratori dipendenti, operai, insegnanti, giornalisti e tanti ancora, ai quali non è concesso né il lusso di un comodo salotto da the come quello del suo programma né, tantomeno, uno spazio per sfogare la frustrazione sul Corriere. A questi altri, di solito, il contratto non viene rinnovato (sempre che ce l’abbiano), eppure accettano il loro destino.
Dandini, se alla Rai le dicono “le faremo sapere”, se ne faccia una ragione. Perché lei non è né migliore, né più utile, né più “scomoda” di tutti gli altri.