Per Saakashvili Mosca vuole riscrivere la cartina del Caucaso

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Per Saakashvili Mosca vuole riscrivere la cartina del Caucaso

05 Dicembre 2008

Da quando la Russia ha invaso la Georgia lo scorso agosto, la comunità internazionale sembra continuare a chiedersi come abbia avuto inizio questa guerra: l’esercito militare della Georgia ha agito irresponsabilmente per prendere il controllo di Tskhinvali nella regione dell’Ossezia del Sud?

Questa domanda è stata messa al centro dell’attenzione soprattutto in seguito a un’agguerrita campagna russa, da milioni di dollari, che si basa su report, molto parziali e fuorvianti, diffusi da un osservatore militare dell’OSCE (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) che accusava la Georgia di aver risposto militarmente nell’Ossezia del Sud senza una sufficiente provocazione da parte della Russia. E sembra che tale campagna sia riuscita ad imporsi con successo, a giudicare dallo spazio che le hanno dedicato di recente i media.

Concentrarsi su tale quesito fa perdere di vista l’intensa e sfacciata politica di cambiamento di regime della Russia, che ha mirato a lungo a destabilizzare la Georgia attraverso manipolazioni etniche, tentando poi di ostacolare la nostra democrazia mentre bloccava l’espansione della NATO. Inoltre, non è mai stato in discussione se le nostre forze siano entrate nell’Ossezia del Sud. Ho sempre apertamente riconosciuto di aver ordinato un’azione militare nell’Ossezia del Sud – come avrebbe fatto qualsiasi leader democratico responsabile, e come mi richiedeva la stessa Costituzione georgiana in difesa del mio paese.

Ho preso questa decisione dopo essermi trovato di fronte a due fatti. In primo luogo, la Russia aveva ammassato centinaia di carri armati e migliaia di soldati al confine tra Russia e Georgia nell’area dell’Ossezia del Sud. Avevo informazioni certe sul fatto che stessero per entrare in Georgia, un dato che più tardi è stata confermato da intercettazioni telefoniche verificate dal "New York Times" e da altri – e peraltro un dato sostanzialmente mai smentito dalla Russia. (Noi avevamo allertato la comunità internazionale sia riguardo al dispiegamento militare sia riguardo al flusso di mercenari già il 7 Agosto.)

In secondo luogo, per una settimana le forze russe ed i loro delegati si sono impegnati in una serie di provocazioni di morte, bombardando i villaggi georgiani che erano sotto il controllo del mio governo – con la maggior parte dell’artiglieria localizzata a Tskhinvali, spesso entro aree controllate dalle forze di pace russe. Dunque, il 7 agosto, la Russia e i suoi delegati hanno ucciso numerosi operatori di pace georgiani. Le forze di pace della Russia e gli osservatori dell’OSCE hanno ammesso che non sono stati in grado di prevenire gli attacchi letali. Infatti l’OSCE si è dimostrata impotente nell’impedire che la Russia costruisse due basi militari all’interno dell’Ossezia del Sud durante lo scorso anno.

E così la domanda da porsi non è se la Georgia abbia o meno ordinato l’azione militare – prendendo di mira i siti dell’artiglieria che stavano bombardando i villaggi sotto il nostro governo. Sì, lo abbiamo fatto. La vera domanda, piuttosto, è: quale governo democratico avrebbe mai agito diversamente se i suoi cittadini fossero stati massacrati e il suo territorio sovrano invaso? L’Ossezia del Sud e l’Abkhazia sono internazionalmente riconosciute come parte della Georgia, e persino alcune aree interne alla zona di conflitto erano sotto il controllo del governo georgiano prima dell’invasione russa. Abbiamo combattuto per respingere un’invasione straniera. I georgiani non sono mai intervenuti al di fuori del territorio della Georgia.

Il mio governo ha esortato la comunità internazionale ad avviare un’indagine indipendente e imparziale sulle origini della guerra. Inizialmente io lo avevo proposto il 17 agosto, davanti al cancelliere tedesco Angela Merkel a Tbilisi. Mi sono offerto di rendere disponibile ogni minima prova e testimonianza. La Russia deve ancora aderire in questi termini all’inchiesta. Inoltre, lo scorso venerdì sono stato per molte ore davanti alla commissione istituita dal parlamento georgiano, con a capo il leader del patito di opposizione, per indagare sulla conduzione della guerra. E’ la prima volta che un leader di questa parte del mondo viene controllato da un’indagine legislativa in diretta sulla televisione nazionale per le sue decisioni durante la guerra. Io stesso ho anche chiesto ad ogni membro della mia amministrazione e del mio esercito di rendersi disponibile alla commissione.

Chi si interroga sulla legittimità delle azioni della Russia non dovrebbe domandarsi se i leader della Georgia, democraticamente eletti, abbiano agito in difesa del proprio popolo e della propria terra, ma dovrebbe piuttosto cercare una prova reale dei fatti, rispondendo agli interrogativi su chi tra Georgia e Russia abbia commesso le seguenti azioni:

–          Chi ha perseguito l’annessione di fatto del territorio sovrano di uno stato vicino?

–          Chi ha distribuito illegalmente passaporti ai residenti del vicino stato democratico con l’obiettivo di creare un pretesto per l’invasione (per “proteggere i propri cittadini”)?

–          Chi ha inviato centinaia di carri armati e migliaia di soldati oltre i confini internazionalmente riconosciuti del vicino stato democratico?

–          Chi ha lanciato una serie di provocazioni mortali e attacchi diretti nel corso di molti mesi, causando un gran numero di vittime civili?

–          Chi ha rifiutato di intraprendere un significativo dialogo bilaterale su proposte di pace?

–          Chi ha costantemente bloccato ogni sforzo internazionale di mantenimento della pace?

–           Chi ha rifiutato di partecipare alle conferenze d’urgenza sulla pace nell’Ossezia del Sud organizzate dall’Unione europea e dall’OSCE a fine luglio?

–          Chi, quando la crisi ha iniziato ad aggravarsi, ha rifiutato di avere qualsiasi significativo contatto? (Io ho cercato il presidente Dmitry Medvedev sia il 6 che il 7 agosto, ma ha rifiutato le mie chiamate)

–          Chi ha cercato di mascherare un’invasione progettata da lungo tempo, sostenendo, in data 8 agosto, che la Georgia avesse ucciso 1400 civili e dato inizio a una pulizia etnica? – “fatti” ben presto smentiti da organizzazioni dei diritti umani internazionali e russe.

–          Chi non ha voluto concedere all’Unione europea di monitorare le aree del conflitto con un accesso illimitato, una volta cessati i combattimenti, mentre aveva inizio la brutale pulizia etnica dei georgiani?

Sono tutte domande che hanno bisogno di una risposta. Il fatto che nessuno possa rispondere a favore della Russia sottolinea quanto sia rischioso ritornare agli stessi affari di sempre. La Russia considera la Georgia come una prova. Se la comunità internazionale non risponderà in modo risoluto, Mosca agirà nuovamente per ridisegnare la cartina della regione, attraverso l’intimidazione o la forza.

Rispondere con fermezza al governo di Putin-Medvedev non significa né isolare né abbandonare la Russia; una risposta risoluta può infatti coniugarsi all’intenzione di continuare a trattare e a commerciare con la Russia. Ma è necessario chiederle di tener fede a quanto stabilito. Mosca deve onorare i suoi impegni sovrani e ritirare completamente le sue truppe alle posizioni precedenti ad agosto. Deve inoltre permettere all’Unione europea di monitorare la situazione senza restrizioni, e allinearsi alla comunità internazionale riconoscendo che questi territori sono parte della Georgia. Tali passaggi non richiedono azioni bellicose: rappresentano semplicemente il corso necessario a contenere un regime imperiale.

Tutti noi speriamo che la Russia decida presto di unirsi pienamente alla comunità internazionale, in una partnership profonda e collaborativa. Questo rappresenterebbe il maggior contributo possibile alla stabilità della Georgia. Nel frattempo, dovremmo assicurarci che non vengano sacrificate democrazie come la Georgia, che stanno tentano di rendere questa complicata parte del mondo più stabile, sicura e libera.

© The Wall Street Journal
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raduzione Benedetta Mangano