Per Scalfari il programma di Renzi è “carta straccia”. E Vendola si candida

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Per Scalfari il programma di Renzi è “carta straccia”. E Vendola si candida

02 Ottobre 2012

“Per quanto riguarda il suo programma politico, per il poco che risulta dalle sue carte e dalle sue prolusioni, si tratta di un’agenda generica che enuncia temi senza svolgerli. I temi sono quelli che campeggiano da mesi sui giornali, le sue soluzioni però Renzi non le indica. Quindi il suo programma è carta straccia”. Testuale, Eugenio Scalfari nel suo consueto editoriale domenicale (del 30 settembre, ndr) su La Repubblica. Parole al vetriolo, quelle del fondatore del quotidiano diretto da Ezio Mauro. Prova lampante di quanto il dibattito all’interno del centro-sinistra si stia, da qualche tempo a questa parte, catalizzando sulla candidatura del sindaco di Firenze alle primarie (di coalizione, ndr) previste tra poco più di un mese.

“Politicamente molto più di centro-destra che di centro-sinistra”. E ancora, “se vincerà le primarie il Pd si sfascerà, perché se ne andranno tutti quelli che fin qui hanno votato Pd come riformista di centro-sinistra”. E soprattutto, “non a caso Berlusconi loda Renzi pubblicamente”. Insomma, il ‘partito Repubblica’ schiera l’artiglieria pesante, le truppe cammellate in ottica anti-renziana. “Sculacciate zagrebelskyane”, le ha definite martedì Il Foglio di Giuliano Ferrara. Perché? Semplice, perché corpo estraneo – a sinistra – rispetto all’establishment culturale del Palasharp.

La replica di Renzi non s’è fatta attendere. In un’intervista rilasciata lunedì a Goffredo De Marchis, sempre su La Repubblica. Ovvero, “le primarie – è Renzi a parlare – servono ad allargare il campo del Partito democratico. Non è un male che le piazze si riempiano dei delusi dei vari schieramenti”. Ovvio, per vincere, in democrazia, occorre intercettare i voti di chi, alla scorsa tornata, decise di spendere il suo voto altrove. Anche nel campo del Pdl. “Altrimenti ci schiacciamo sulla vocazione minoritaria dei Fassina (responsabile Economia del partito, ndr) perdendo di vista la vocazione maggioritaria che è la scintilla originaria del Pd”, ha proseguito il rottamatore. Che non ha mancato di duettare di fioretto contro l’affondo di D’Alema convinto del fatto che se dovesse vincere Renzi, il centrosinistra si sfascerebbe. Il Matteo nazionale non si è scomposto più di tanto, impugnando la ormai famigerata ramazza: non è il centrosinistra a sfasciarsi ma lui a non riavere più la poltrona in parlamento, è il monito renziano.

Vocazione maggioritaria, quella di Renzi. Una riedizione del progetto veltroniano del Lingotto di 5 anni or sono. Un’idea in grado di condurre il neonato Pd, alle elezioni del 2008 e in condizioni politiche affatto favorevoli, al 33% dei voti: un italiano su tre. “Non voglio che i democratici restino una riserva indiana”. Weltanschauung antitetica a quella di Scalfari (e di Bersani?), dunque. Il redde rationem, con ogni probabilità, il 25 novembre e il 2 dicembre prossimi. Alle primarie.

Già, primarie e relative regole. La bozza del regolamento verrà approvata sabato prossimo, all’Assemblea del partito. Le prime indiscrezioni starebbero allarmando, e non poco, lo staff del sindaco di Firenze e degli altri "piccoli" candidati. I motivi sono presto detti: l’istituzione del registro degli elettori di centro-sinistra e conseguente apertura del medesimo in anticipo rispetto del primo turno delle consultazioni (il 25 novembre) a cui potersi iscrivere fino al giorno prima del voto. Chi non voterà al primo turno, poi, non potrà farlo al secondo. Inoltre, il Partito sembrerebbe intento a imporre una soglia per le candidature: trecento firme di delegati e ventimila iscritti. Secondo l’opinione di Sandro Gozi, uno dei “piccoli”, troppo gravosa. “Ma scherziamo? Perché Bersani non vuole garantire il pluralismo delle idee?”, ha dichiarato il deputato piddino.

Infine, Nichi Vendola. Dopo un tira e molla di qualche settimana (forse mese), il leader di Sel ha deciso di candidarsi. Con queste parole, ‘non proprio in linea’ (eufemismo) con quelle di parte del Partito democratico: “Per scacciare il fantasma del Monti bis e trasformare le primarie, da ennesima faida di partito a occasioni di svolta per il Paese ci vediamo al MAV di Ercolano, sabato 6 ottobre alle 18. Accetto la sfida: per vincerla”.

Ecco, chissà cosa pensa al riguardo chi, nel Pd, sabato scorso ha organizzato un convegno al Tempio di Adriano di Roma dal titolo (e dai contenuti) inequivocabile: “Cento di queste riforme: il Pd e l’agenda Monti oltre il 2013”. Animatori della corrente, tra i tanti, il costituzionalista Stefano Ceccanti, il giuslavorista Pietro Ichino, Enrico Morando, Marco Follini, Giorgio Tonini e Claudio Petruccioli. Un sogno, quello paventato dai partecipanti del summit di sabato: Monti ancora premier. Perché “l’agenda Monti senza Monti non ha alcun senso”, secondo quanto affermato da Petruccioli.

Tuttavia, non può non sorgere spontanea una domanda: quale il senso delle primarie se Monti di nuovo premier dopo Monti? Nessuno, evidentemente. Con buona pace delle schermaglie, dei litigi e dei nervosismi di un centrosinistra in cui, almeno finora, ci sono più scuole di pensiero che certezze.