Per una riforma della giustizia si può partire dalla proposta di Alfano

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Per una riforma della giustizia si può partire dalla proposta di Alfano

Per una riforma della giustizia si può partire dalla proposta di Alfano

27 Novembre 2011

Una riforma della giustizia è urgente ma piena di ostacoli. Per questo l’Associazione Magna Carta Verona – Scipione Maffei ha voluto organizzare un convegno dal titolo emblematico “Per una giustizia equa ed efficiente” per dare ai suoi associati, operatori del diritto, amici e decine di altri interessati l’opportunità di approfondire questo tema così importante per la civiltà e il progresso di un popolo, nonché di una nazione. I mali della nostra giustizia sono quotidianamente sotto gli occhi di tantissime persone, imprese e società che devono affrontare le innumerevoli difficoltà e ostacoli dell’iter giudiziario. Per dibattere su questo tema urgente e delicato dal punto di vista teorico quanto politico, la realtà scaligera della Fondazione è riuscita a riunire attorno allo stesso tavolo quattro tra i massimi esperti italiani del settore.

Il convegno, organizzato martedì 22 presso la sala di UniCredit Group di Verona, è stato aperto dai saluti di Dino Crivellari, amministratore delegato management bank di UniCredit. Ricordando dati impressionanti portati dall’allora Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, che la lentezza civile fa perdere un punto PIL annuo, ha sottolineato che “va affrontato alla radice il problema di efficienza della giustizia civile: la durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i 1.000 giorni e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie stilate dalla banca mondiale; l’incertezza che ne deriva è un fattore potente di attrito nel funzionamento dell’economia, oltre che di ingiustizia. Nostre stime indicano che la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustizia civile potrebbe giungere a un punto percentuale”.

Il dibattito è poi entrato nel vivo con l’intervento dell’avvocato Stefano Casali, moderatore del convegno: “Come sostenuto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il funzionamento della giustizia è motivo di grande insoddisfazione: è necessaria, pertanto, una riforma complessiva che garantisca una razionalità intrinseca al nostro ordinamento giuridico”. Una giustizia “equa ed efficiente” è essenziale per dare credibilità e slancio civile ad un Paese moderno. La lentezza “biblica” del nostro sistema giudiziario è tristemente famosa e sempre più oggetto di richiami e multe, anche da parte dei competenti organismi europei. La giustizia deve garantire il rispetto della dignità di ogni persona che ha il diritto di essere giudicata con “tempi ragionevoli” e in modo “imparziale”.

La prima manovra da compiere per questa riforma è stata esplicitata dal Prof. Avv. Tommaso E. Frosini, Ordinario di Diritto Pubblico Comparato presso l’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, che ha dichiarato come “un sistema che consenta l’interscambiabilità dei ruoli tra pubblici ministeri e giudici non risponda al principio fondamentale della separazione dei poteri, cha va applicato anche all’interno dei singoli ordini”. La separazione delle carriere è il primo passo tanto che occorrono due percorsi paralleli guidati, gestiti e controllati da due differenti organismi. Ora è il Consiglio Superiore della Magistratura l’unica istituzione che controlla entrambi i percorsi e ruoli. Secondo Frosini “il Parlamento attuale non avrà la forza per riformare l’attuale sistema”, ma l’augurio che sinceramente viene espresso è che “almeno si possa creare un terreno fertile per il futuro”. Un terreno e un clima che da anni vengono invocati dai cittadini e dalle imprese, senza trovare un vero ascolto e una attuazione da parte delle forze politiche.

Ogni giorno le cronache ci parlano di scandalosi ritardi della giustizia italiana, gli stessi investitori stranieri sono scoraggiati da questo grave ostacolo e l’incertezza dei tempi giudiziari allontana. Riformare la giustizia secondo un’efficienza e una trasparenza diventa un aiuto anche all’economia, e non solo ai diritti dei cittadini. È proprio di questi giorni la pubblicazione da parte della Banca Mondiale del rapporto “Doing business 2012”, dove l’Italia si posiziona solo al 87 posto, dietro addirittura ad Albania, Rwanda e, ovviamente, all’ultimo posto di Eurolandia. Secondo dieci parametri, quali l’allacciamento dell’elettricità, la capacità di ottenere l’applicazione di un contratto stipulato, la protezione dell’investitore, l’ottenimento dei permessi di edificabilità, la facilità nel commercio con l’estero, la registrazione di proprietà, la soluzione di cause di insolvenza, il pagamento delle tasse e l’accesso al credito, il nostro Paese non è particolarmente attraente per gli investitori. Una pessima giustizia civile, un sistema di infrastrutture spesso inadeguato, una burocrazia cavillosa e complicata spiegano la difficoltà di investire in Italia e far partire il motore della nostra economia. Secondo Confindustria, nel periodo 2000 – 2007, se i tempi dei processi fossero stati la metà di quelli effettivi vi sarebbe stato un incremento di due punti percentuali del PIL. Necessaria quindi una giustizia efficiente per risparmiare, per attrarre investimenti, per rendere moderno uno Stato.

Il professore Nicolò Zanon, docente ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Milano e membro del Consiglio Superiore della Magistratura, ha approfondito il ruolo del Csm: “Risulta fondamentale intervenire sul sistema elettorale dei membri per attuare il potere di selezione preventiva da parte delle diverse correnti che compongono la magistratura”. È innegabile riconoscere che le carriere e le posizioni all’interno della macchina giudiziaria non siano influenzate dalle correnti. L’appartenenza a questo o quell’orientamento non è indifferente nella carriera di un magistrato. Occorre “liberare” la magistratura da queste influenze che rispondono a criteri esterni alla vera giustizia, a lobbies e ideologie politiche ed economiche di parte.

L’ultimo intervento è stato fatto dal Prof. Avv. Annibale Marini, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Emerito di Diritto Civile dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, ad oggi membro del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha affrontato il tema scottante delle intercettazioni. “Il problema – ha spiegato Marini – non riguarda la privacy, ma la libertà di comunicare, espressione della libertà personale. Per garantire la sicurezza delle persone, questa libertà può essere limitata, ma con precisi vincoli stabiliti dalla legge. L’intercettazione – ha concluso – dev’essere disposta non per acquisire la prova ma per completare la prova già acquisita”.

Ha infine concluso l’incontro una suggestiva riflessione del Prof. Avv. Giuseppe de Vergottini, Presidente del Comitato Scientifico dell’Associazione Magna Carta Verona – Scipione Maffei ed Emerito di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Bologna, che ha focalizzato le diverse questioni dibattute in una sintesi globale di ragguardevole spessore critico e dialettico incentrata nel particolare sull’importante dato della formazione del giurista a livello universitario e sulla giurisprudenza costituzionale relativa al nodo politica di partito/magistratura.

Le osservazioni emerse hanno stimolato il pubblico in sala, nella consapevolezza che – pur con il recente cambio di compagine governativa – la riforma presentata dall’allora Ministro Alfano risulta certamente essere un fondamentale tassello da cui iniziare una proficua e ampia discussione su un punto cruciale dell’intero impianto democratico e per la fattiva realizzazione di un reale Stato di diritto.

(Tratto da fMC)