Per una volta sono d’accordo con Rutelli: dimezziamo le Regioni
11 Giugno 2012
Ma guarda un po’ che cosa mi tocca leggere e sentire. Non me lo sarei mai immaginato. Apro le pagine politiche del Corriere della sera e m’imbatto in una interessante e stupefacente intervista a Francesco Rutelli. Che cosa sostiene di tanto “scandaloso” perfino per me, al punto di condividerlo alla lettera? Il ripensamento delle Regioni riguardate come oggettive fonti di sperpero del denaro pubblico, clientelismo, corruzione, disfunzioni e conflitti tra i poteri dello Stato. Finalmente un’idea sensata. Finalmente una vendetta postuma per chi ha avversato l’istituto regionale prevedendone proprio ciò che oggi denuncia Rutelli. Finalmente un po’ di giustizia per le voci che hanno gridato nel deserto per almeno cinque decenni.
Avevo diciassette anni nel 1970 quando vennero eletti i primi Consigli regionali, con relative Giunte e Presidenze. La mia Destra, quella Destra che neppure i “destristi” ricordano più, si era opposta con tutte le sue forze (esigue a dire la verità non per lo scarso vigore delle argomentazioni, ma per l’ostilità che scontava da parte di tutti i soggetti politici che si riconoscevano nell’arco costituzionale) al regionalismo forsennato che colava dalle voraci fauci della partitocrazia smaniosa di mettersi in bocca un’altra prelibatezza che il potere costituzionale aveva approntato, ma che con difficoltà il Parlamento era riuscito a cucinare.
Fu così, dopo la lunga astinenza, che presero forma le Regioni a Statuto ordinario (altro discorso vale per quelle a Statuto speciale). E l’ingordigia dei partiti sembrò placarsi. Fu un’illusione, naturalmente. Già non gli bastavano le varie autonomie locali sulle quali si erano gettati a capofitto, figurarsi le Regioni che offrivano immense possibilità di soddisfacimento politico-affaristico. Da quarantadue anni la partitocrazia divora immense risorse, senza procurare alcun beneficio ai cittadini. Ma chi ha ormai il coraggio di opporsi?
Ecco perché saluto con soddisfazione la presa di posizione di Rutelli che ha avuto il coraggio di infilare il coltello nella piaga e dire ciò che era proibito perfino pensare: le Regioni, molto più delle Province, sono terribilmente ingombranti. “Ripensare i poteri delle Regioni e dimezzarne il numero”, propone Rutelli. Sottoscrivo senza riserve. Presenti una proposta di legge costituzionale (non si limiti soltanto ad un emendamento al Senato: facilmente sopprimibile), la firmo immediatamente. E ancora, osserva: “L’Italia non regge più la doppia devoluzione: verso Bruxelles, inevitabile, e verso venti mini-Stati”.
Chi se la sente di contraddire una verità tanto semplice per di più dopo i disastri derivanti dalle cessioni di sovranità dello Stato verso l’Europa e verso le Regioni? Le quali, osserva Rutelli, “non possono occuparsi di commercio estero, relazioni internazionali, energia e trasporti. Né avere il potere sulla sanità: 140 miliardi l’anno. E la competenza esclusiva sul turismo. I tempi sono cambiati”. Già, sono diventati terribilmente tristi. Anche per le sciagurate scelte istituzionali che sono state fatte, come il regionalismo appunto.
Le Regioni, dunque, possono essere tagliate. Il macroregionalismo di Gianfranco Miglio andava in questo senso, ma non venne compreso anche per responsabilità dello stesso indimenticabile politologo il quale, prossimo alla Lega, alzava il tiro e faceva intravvedere la secessione dietro il suo progetto. Molto più modestamente, ma fattibilmente, Rutelli oggi dice che le regioni potrebbero riunirsi secondo criteri tutt’altro che fantasiosi, riducendosi in dieci aggregazioni con quali risparmi è facilmente immaginabile.
Al senatore che, pur tra tanti guai riesce ancora ad individuare qualche idea che valga la pena di essere discussa, vorrei mandare (se non si offende) i numerosi atti parlamentari del tempo che fu contro le Regioni, firmati da esponenti del Movimento Sociale Italiano. La sua onestà intellettuale glieli farà apprezzare, mentre non so perché la Destra italiana, il centrodestra berlusconiano per quasi vent’anni si sono dati come compito primario quello di correre appresso alla Lega sul terreno che era a loro meno congeniale, il regionalismo estremista appunto, declinato in federalismo. Quando si dice le contraddizioni della politica…