Per vincere i ballottaggi serve una strategia politica responsabile
23 Maggio 2011
Il solo fatto che il Terzo polo non abbia dato indicazioni esplicite di voto, avvantaggia oggettivamente i candidati della sinistra. Non lo dicono apertamente, ma è fin troppo chiaro dalle allusioni, dagli atteggiamenti, da quanto scrivono i loro esponenti sempre e comunque contro il centrodestra, che l’invito a sostenere i candidati di centrosinistra è eloquente. Per non dire che lo sconfitto candidato sindaco di Napoli, Raimondo Pasquino, di osservanza demitiana, si è esplicitamente pronunciato a favore di De Magistris con il quale, ha detto, avrebbe maggiori affinità politiche rispetto a Lettieri.
Sorprende che, sempre a Napoli, perfino Clemente Mastella, eletto al Parlamento europeo nelle liste del Pdl, non abbia ritenuto di spendere neppure una parola in favore di Lettieri, facendo intende che tutto sommato potrebbe anche andargli bene il suo persecutore al tempo in cui era magistrato. Misteri della politica partenopea.
A Milano, comunque, non va meglio. Soltanto adesso, alle battute finali, la Lega si rende conto, senza peraltro ammetterlo, di aver scherzato con il fuoco al primo turno, disimpegnandosi sfacciatamente, tanto che buona parte dei suoi elettori non sono andati a votare. Bossi crede di rimediare attaccando a testa bassa Pisapia e pretendendo (ma che c’entra?) lo spostamento al Nord di alcuni ministeri: bizzarrie elettorali? Sarei cauto nel derubricarle in questo modo. In genere quel che chiede, la Lega l’ottiene. Ed anche questo è un problema per il Pdl sciaguratamente legatosi mani e piedi al Carroccio.
In questo scorcio di campagna elettorale, ciò che balza evidente alla considerazione dei cittadini è l’assenza politica proprio del Pdl, a conferma che non è un partito, ma un’ibrida formazione tenuta insieme soltanto dalla personalità di Berlusconi. Dal predellino ad oggi, infatti, quello che doveva essere il soggetto trainante di un’autentica rivoluzione liberale e conservatrice, non è stato capace di darsi un’identà ed una struttura. Ha lasciato che le cose fluissero anarchicamente.
In provincia, come ognuno sa, è un disastro, ma nessuno ne parla. Mi riferiscono di Benevento: una città consegnata alla sinistra per pura insipienza: candidati che non hanno preso neppure una preferenza, il ché la dice lunga sulla composizione della lista. Eppure non responsabilizzi responsabili del partito (chiamiamolo così) siano state chieste quantomeno le ragioni di una disfatta senza precedenti, laddove il Pdl, soltanto tre anni fa, era di gran lunga il primo partito. Faccio questo esempio perché significativo dello stato di decozione di una struttura decisionale che di fatto non decide niente.
A Napoli temo che finirà allo stesso modo. A riprova che non si possono inventare candidature e conseguenti strategie prescindendo da un quadro politico generale: è ciò che è mancato in queste amministrative affrontate con il pressappochismo di sempre, fidando sulle virtù taumaturgiche di Berlusconi, prima vittima della superficialità di un partito che sembra uno shogunato, vale a dire un’alleanza tra signori della guerra i quali da tempo immemorabile, dissimulando le loro ambizioni dietro un formale ossequio al capo, si stanno impegnando alla spasimo per costruirsi, dandosi quotidiana battaglia, posizioni personali tali da ritenersi tranquilli al momento dello show down.
Ci avviamo così ai ballottaggi di domenica, senza una strategia unitaria, senza un quadro di riferimento, tra polemiche intestine e propositi di vendette malcelati. Comunque andrà a finire – naturalmente ci auguriamo bene – un capitolo nuovo si aprirà lunedì prossimo. La speranza è che la ragione prevalga sugli istinti. Che la ricomposizione nel Pdl e nella coalizione avvenga sotto il segno della comprensione che l’improvvisazione non porta da nessuna parte. Per l’ennesima volta ci permettiamo di sollecitare Berlusconi a guardare dentro la sciagurata campagna elettorale che è stata condotta e richiamare i fautori del casino permanente ad un minimo di senso di responsabilità. Lui stesso deve avviare una seria analisi del voto e mettere riparo alle criticità che si sono manifestate. Questo fa un partito che vuole comunque avere un futuro.
Mi rendo conto che la richiesta, come tutte le altre, difficilmente troverà accoglienza. Ma non credo che al momento ci sia altro da fare. A meno di non voler condannare alla marginalità una costruzione politica erosa al proprio interno da particolarismi insanabili che, se alimentati dalle sconfitte di Milano e Napoli, sarebbero devastanti.