Per vincere Sarkozy deve far scivolare Hollande ma non è così semplice

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Per vincere Sarkozy deve far scivolare Hollande ma non è così semplice

12 Marzo 2012

Le elezioni presidenziali francesi sembrano un ballo sulla mattonella; con la testa di lui sulla spalla dell’altro; con occhi socchiusi e qualche singulto; quelli intorno ritmano stancamente il tempo, battendo le mani, spesso fuori tempo. Lui è il presidente uscente, Sarkozy, detto Sarkò; l’altro è lo sfidante Hollande, da sempre dirigente del Partito socialista francese.

La presidenza francese sarà una questione tra i due. Le previsioni li vedono a poca distanza al primo turno del sistema maggioritario (29 contro 26%, a vantaggio del socialista ); al ballottaggio invece la distanza si allargherebbe notevolmente (55 contro 45 %). Con queste previsioni, Hollande cerca di stare il più abbottonato possibile, per evitare errori; Sarkò invece è in caccia aperta. In effetti la partita si gioca sugli “altri”, come quasi sempre con questi sistemi elettorali.

Cominciamo col dire che, a quanto pare, circa il 50% dei francesi ancora non sa per chi votare. Poi i candidati attuali sono 12; ma, secondo Legge, ognuno di loro deve raccogliere entro il 16 marzo le firme di almeno 500 sindaci, che li “garantiscano”. Le previsioni dicono che i candidati con le 500 firme richieste non dovrebbero superare i sette o otto. A rischio si dice anche Marine Le Pen, candidata del Fronte Nazionale; gli altri sostengono che lei gioca a fare la vittima del sistema; ma la capo dei nazionalisti sostiene che le mancano ancora 30 firme e che in questa situazione ha anche difficoltà a reperire risorse per la propria campagna elettorale.

Tre candidati stanno, nei sondaggi, sopra al 10 % dei voti. La Le Pen stessa ( al 16 % circa e forse più ), che rappresenta una destra populista, il cui elettorato tuttavia poco si riconosce in Sarkò e quindi difficilmente voterà per lui al ballottaggio; anche perché con questo sistema elettorale si registra il paradosso che il Fronte Nazionale, con il 20 % dei voti circa, non è rappresentato in Parlamento e ha pochissimi sindaci; e Sarkò è accusato di non aver fatto nulla per modificare questo sistema.

Bayrou (al 12% circa), che è un candidato cattolico centrista, alla Casini (ma più ruspante; viene dalle campagne dei Pirenei ed ha un tratto molto umano e modesto); il suo elettorato si dividerà al secondo turno tra Sarkò e Hollande, con preferenza per quest’ultimo. Melanchon, dato ora al 10% circa, che rappresenta da sempre la sinistra socialista, ma proposto anche dal vecchio partito comunista; sicuramente i suoi voti andranno ad Hollande, che ricambierà con qualche ministero e alcuni collegi elettorali per le legislative di Giugno prossimo.

Sotto il 10% vengono dati alcuni cavalieri solitari di destra e di sinistra (monarchici, nemici personali di Sarkò, aspiranti ministri di un campo e dell’altro, rivoluzionari, anarchici; ma anche ecologisti (3% circa), crollati nei sondaggi rispetto alle attese (10%), soprattutto a causa di una candidata sbagliata, Eva Joly, approdata in Francia dalla Norvegia, causa matrimonio con il signor Joly ( poi morto suicida ), arrivata quarantenne in magistratura, nota per azioni giudiziarie clamorose e poi datasi alla politica, girovaga da Bayrou ai verdi. I suoi voti andranno tutti a Hollande: resta il dubbio se, in caso di vittoria, lui le farà fare il ministro o no. I voti degli altri candidati andranno in ordine sparso per Sarkò, per Hollande o per nessuno dei due.

Questo è oggi il quadro stanco delle prossime “presidenziali” francesi. Per la verità qualche gridolino di emozione c’è stato. Per esempio, quando Carlà, l’italienne, ha detto che loro (lei e Sarkò) sono “modesti”. Oppure quando lui, Sarkò, ha detto che, se perderà, si ritirerà a vita privata ( sempre che là ci ritrovi l’adorata Carlà ); e quando lei, Carlà, ha detto che lui rischia la vita per la Francia, dandosi troppo nel suo impegno, con pericolo di infarto. Oppure quando la compagna di Hollande, la giornalista Trierweiler, da sempre socialista, ha dichiarato che nel 2007 non votò per la Royal, moglie in carica di Hollande, per rivalità personale.

Oppure quando la Joly, forse per uscire dalla sua progressiva inesistenza politica, ha detto che alcuni leaders dell’attuale maggioranza, a cominciare da Sarkò, hanno un ghigna “xenofoba”. Oppure quando molti giorni di campagna elettorale se ne sono andati sul dibattito attorno alla carne “halal”; gli islamici di Francia hanno nominato una commissione teologica per stabilire la compatibilità dell’alimentazione con carne proveniente da animale non sgozzato e con la testa non rivolta alla Mecca, con la dottrina islamica; e i politici si sono scontrati in materia.

Conclusione: sembra proprio che allo stato delle cose, Hollande o Sarkò vinceranno, solo perché l’altro avrà perso; e per la democrazia d’oltralpe e per la sua storia, tutto ciò non sembra molto affascinante.