Perché a Bari c’era profumo di complotto
30 Settembre 2011
II pubblico ministero e l’indagato si erano già incontrati e studiati una decina di volte. Gli interrogatori erano durati moltissime ore e i due ormai si conoscevano quasi bene, anche se nessuno dei due si fidava dell’altro. Ma quando il magistrato Giuseppe Scelsi sbottò, l’indagato Gianpaolo Tarantini ammutolì. In otto mesi di frequentazione forzata, era la seconda volta che gli vedeva perdere le staffe. E la causa era sempre la stessa, quella maledetta parola: «complotto». Il pomeriggio del 28 gennaio 2010, fuori dalla procura di Bari, pioviggina; le agenzie diramano l’anticipazione di uno scoop di Panorama che annuncia che la procura pugliese sta indagando su una presunta trappola ai danni di Silvio Berlusconi per «comprometterne la reputazione». Nell’operazione sarebbero coinvolti giudici, politici e giornalisti. In quelle ore, anonime fonti giudiziarie baresi si affrettano a smentire la notizia, affermando che non è «in corso alcuna indagine sull’esistenza di un ipotetico complotto».
La procura, guidata da Antonio Laudati, il giorno dopo, si limita a una cauta precisazione. Oggi, però, scopriamo che l’idea di un complotto «mediatico-politico-giudiziario» non era flutto della fantasia dei cronisti di Panorama, ma al contrario una pista per nulla campata in aria, che i magistrati pugliesi stavano effettivamente battendo da almeno tre mesi. A rivelarlo sono proprio gli interrogatori di Tarantini, l’uomo accusato di avere condotto Patrizia D’Addario e molte altre escort nelle dimore del capo del governo. Per esempio il 6 novembre 2009 l’imprenditore, all’epoca agli arresti domiciliari, confessa davanti ai pm di sentirsi un capro espiatorio e di «pensare a un complotto ordito» contro di lui e contro Berlusconi. Ad accendergli la lampadina «sono state le dichiarazioni rese dall’onorevole Massimo D’Alema nella trasmissione di Lucia Annunziata» spiega. A che cosa si riferisce? Bisogna tornare indietro di cinque mesi, al 14 giugno 2009. Quel pomeriggio l’ex premier, parlando con la conduttrice di In mezz’ora, annuncia «scossi,» per il governo e descrive Berlusconi «come un uomo animato dal pericoloso mito dell’eterna giovinezza». Soltanto tre giorni dopo, il 17 giugno, D’Addario rende pubblico il caso escort con un’intervista intervista al Corriere della sera. Per Tarantini l’annuncio di D’Alema «presupponeva la conoscenza della volontà di D’Addario di rilasciare l’intervista». Secondo Scelsi, oggi passato alla corte d’appello, la linea «complottista» sarebbe stata suggerita a Tarantini dal nuovo procuratore Antonio Laudati, «molto amico dell’ex ministro della Giustizia» Angelino Alfano. In realtà già il 20 giugno 2009, ben prima dello sbarco di Laudati (insediatosi a settembre), Tarantini si era lamentato, con un esposto denuncia, per le dichiarazioni ai media di D’Alema e di D’Addario, e del fatto che in un interrogatorio reso il 15 giugno, a cavallo fra le due interviste, nessuno gli avesse chiesto conto delle visite della escort a Palazzo Grazioli.
A inquietarlo erano state soprattutto le estemazioni del leader pd: «Il giorno precedente il mio interrogatorio un noto esponente del centrosinistra ha reso dichiarazioni per me dal significato oscuro e poco decifrabile» aveva Il senatore Alberto Maritati, 61 anni, senatore del Pd e fino al 1999 pm a Bari con Scelsi. detto. «Frasi che io oggi sono costretto a interpretare come premonitrici di quello che sarebbe successo di li a poco». I120 giugno Tarantini ha paura di venire usato per dare l’annunciata «scossa» e teme di «essere vittima di strumentalizzazioni per fatti troppo più grandi di lui». All’epoca Laudati telefonò a Scelsi per dirgli che si era sparsa la voce che quelle fughe di notizie erano a lui addebitabili. Scelsi nei giorni scorsi si è tirato fuori dall’elenco dei sospetti, dichiarando ai colleghi di Napoli e di Lecce (i quali stanno indagando su Tarantini e sulle tensioni investigative tra Scelsi e Laudati): «Fu a seguito dell’intervista al Corriere della sera che feci convocare ad horas D’Addario e assunsi da lei sommarie informazioni testimoniali». In base a questa verità, non poteva essere lui la fonte di politici e cronisti. In realtà la escort nella sua autobiografia, Gradisca, Presidente (pubblicata nel novembre 2009), ha detto di avere ripetuto alla stampa quanto già dichiarato ai pm. C’è una discrepanza evidente: le versioni di Scelsi e di D’Addario non coincidono. La verità è che le dichiarazioni di D’Addario quando finiscono sul giornale non sono affatto una novità in procura, dove la testimonianza della donna era già stata raccolta l’8 giugno, cioè nove giorni prima dell’uscita del Corriere della sera, dal tenente colonnello della Guardia di finanza Salvatore Paglino, come vedremo stretto collaboratore di Scelsi. Cinque giorni dopo l’intervista, il 22 giugno, D’Addario viene risentita e anche questa volta non è presente il pm Scelsi. A condurre l’interrogatorio sono due finanzieri, insieme con l’awocato della escort, Maria Pia Vigilante, che insolitamente formula domande in prima persona. Comunque l’argomento «complotto» resta nell’agenda delle toghe anche nei mesi successivi, come hanno confermato lo stesso Scelsi e la collega Eugenia Pontassuglia davanti ai magistrati di Napoli e di Lecce.
Per Pontassuglia nell’autunno 2009 «tra i temi da approfondire» c’erano i rapporti tra Roberto De Santis, Tarantini e lo stesso «onorevole D’Alema che da alcune intercettazioni risultava essere presente in Sardegna nello stesso periodo in cui c’era Tarantini , cioè nell’agosto 2008». De Santis è un imprenditore pugliese che Scelsi descrive oggi con un pizzico di perfidia come «persona assai vicina all’onorevole D’Alema e suo compagno di barca». «Sono amico di De Santis da 35 anni» ha concesso D’Alema in una recente intervista. Gli inquirenti in quelle ore vogliono capire se qualcuno avesse gettato D’Addario fra le braccia del premier. Per questo chiedono lumi a Tarantini su due incontri con l’amico De Santis a Roma dopo l’esplosione dell’affaire D’Addario. Vogliono sapere se in quell’occasione De Santis consigliò aTarantini di farsi intervistare dai giornalisti. Lo scorso 17 settembre, interrogato dai pm di Lecce, Scelsi aggiunge informazioni su quel filone investigativo: «Fu nel secondo degli interrogatori che il collega Ciro Angelillis introdusse l’argomento del complotto mediaticopolitico-giudiziario chiedendo a Tarantini notizie sulla presenza dell’onorevole D’Alema in Sardegna e sugli eventuali incontri con Tarantini nella stessa estate in cui quest’ultimo aveva iniziato a frequentare Villa Certosa», dimora sarda di Berlusconi.
A questo punto Scelsi svela un particolare sinora inedito: «Tarantini dichiarò di essersi rivolto a De Santis, dopo le perquisizioni (del maggio 2009, ndr), chiedendogli di attivarsi presso qualche politico presumibilmente vicino ai magistrati». Secondo Scelsi, De Santis bussò alla porta di Alberto Maritati, fino al 1999 pm della procura di Bari e poi senatore del Pd. E l’uscio si dischiuse. «Feci presente al procuratore Laudati* aggiunge Scelsi «che avevo avuto richieste di informazioni da parte dell’onorevole Maritati, vicino all’ambiente dell’onorevole D’Alema (del cui governo Maritati fu sottosegretario, ndr)». E come avrebbe risposto Scelsi alla proposta indecente? «Ho categoricamente rifiutato di dare notizie, come tra l’altro risulta da alcune conversazioni intercettate sull’utenza di De Santis». Secondo il pm «le conversazioni intercettate» registrarono «sia l’incarico dato da De Santis all’onorevole Maritati» sia la sua (di Scelsi) «categorica chiusura». Con Panorama Maritati non dissimula il disappunto: «Quello che dice Scelsi è falso, e quando usciranno le intercettazioni sarà chiaro a tutti». Ma perché l’ex collega mentirebbe? «Chiedetelo a lui» replica, laconico, il senatore. Di certo in quei giorni Scelsi e Maritati s’incontrano con l’avvocato di D’Addario, Maria Pia Vigilante, al Caffè Borghese di Bari. Una circostanza ammessa dallo stesso Maritati, che però ha sempre rifiutato interpretazioni maliziose: « Cos’avrei potuto complottare? Non abbiamo parlato d’inchieste». Per lui si tratta di un incontro fra vecchi amici: «Vigilante la conosco da quando era fanciulla e Scelsi da trent’anni. L’ho difeso davanti al Csm quando era ingiustamente accusato, ci vogliamo bene» ha dichiarato alcuni mesi fa.
Ora, però, i rapporti tra i due sembrano essersi incrinati. Chi frequenta entrambi i contendenti propone una verità intermedia: nella primavera 2009, De Santis temeva che uscissero intercettazioni compromettenti sulla sua vita privata (era già stato coinvolto in un’inchiesta sulla prostituzione 10 anni prima) e per questo chiese a Maritati di verificare se esistesse questo rischio. Che nell’immediatezza non si concretizzò. In compenso oggi, a due annidi distanza, le chiacchiere telefoniche di De Santis e dell’amico awocato Salvatore Castellaneta (a sua volta indagato a Bari per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione) sono divenute pubbliche conversazioni imbarazzanti. Per esempio il 5 marzo 2009 Castellaneta e De Santis, in trasferta a Parigi, telefonano a Tarantini per ingaggiare una ragazza, Vanessa, e domandano se «vanno bene 500 euro per due». Gianpy replica che è troppo poco. Sesso a parte, le ragazze servono soprattutto per agevolare gli affari e per questo vengono selezionate e inviate a Palazzo Grazioli. Castellaneta partecipa allo scouting, De Santis pare più interessato ai business possibili grazie alla presidenza del Consiglio. Una preziosa opera di consulenza che aveva già portato Tarantini ai piani alti del governo. Quando però a Palazzo Chigi non sedeva Berlusconi. Nell’interrogatorio del 6 novembre 2009 Tarantini dichiara: «Una volta De Santis mi inviò da Livia Turco, ministro della Sanità del governo Prodi, per un progetto sulla tracciabilità delle sacche di sangue». L’accordo non si fece. Come non si conduse quello con la Protezione civile di Guido Bertolaso. Ma indubbiamente sui giornali i due flop hanno avuto un risalto ben diverso.
Ma ritorniamo al complotto. Nel 2009 le fughe di notizie a Bari non si fermarono a giugno. Il 26 di quel mese il neoprocuratore Laudati, ancora in attesa di trasferirsi, organizzò una riunione con toghe e finanzieri per discutere delle indagini in corso. In quell’occasione, denuncia oggi Scelsi ai colleghi di Lecce, Laudati spiegò «di essere stato mandato a Bari per conto del ministero della Giustizia» e avrebbe chiesto di «congelare» l’inchiesta sino al suo insediamento ufficiale. Il braccio destro di Scelsi, Paglino, sintetizzò l’accaduto in una severa relazione scritta per i suoi superiori. Da subito i rapporti fra Laudati (che ha annunciato querele per calunnia) e la coppia Scelsi-Paglino si fanno tesi. A fine luglio il capo della procura, a sentire i suoi accusatori, avrebbe suggerito a Scelsi di riconvocare Tarantini per un interrogatorio, in vista di possibili nuove dichiarazioni. I1 pm obbedisce, seppur malvolentieri, e riascolta l’imprenditore tra il 28 e il 29 luglio. Oggi Scelsi a Lecce descrive così l’esito di quegli incontri: «11 risultato fu assolutamente deludente perché Tarantini non disse nulla di nuovo rispetto a quello che già sapevamo». Ormai il dima in procura è da lunghi coltelli. Sei giorni dopo, il 4 agosto, il file contenente quei verbali viene sottratto dal computer di Scelsi per poi ricomparire beffardamente sulla prima pagina del Corriere della sera il 9 settembre: proprio il giorno dell’insediamento di Laudati. Un’accoglienza davvero sgradevole. Anche questa volta Tarantini invia un esposto alla procura per lamentarsi dell’accaduto. L’idea del complotto continua a montare nella sua testa.
Un anno e mezzo dopo finisce in manette un consulente della procura, aspirante giornalista, con l’accusa di avere rubato il documento segreto. Passano 10 giorni e viene scarcerato per mancanza di «gravi indizi»: il gip su::erisce agli inquirenti di rivolgere lo sguardo altrove, individuando «i soggetti in grado di avere accesso fisicamente al computer del pm titolare delle indagini». Cioè Scelsi. Chi sia la talpa per ora resta un mistero. Forse per capire qualcosa in più bisognerà aspettare la condusione dell’inchiesta e la pubblicazione delle intercettazioni ancora coperte dal segreto. Conversazioni che potrebbero perlomeno mettere a nudo l’astioso circo «mediatico-politico-giudiziario» che ha per mesi reso plausibile la pista del complotto.
(Tratto da Panorama)