Perché a sei mesi dal decollo Alitalia non riesce ancora a volare

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Perché a sei mesi dal decollo Alitalia non riesce ancora a volare

16 Luglio 2009

La questione Alitalia torna alla ribalta dopo la convocazione della compagnia da parte del presidente dell’ENAC, il quale ha anche ammesso di essere “preoccupato per la situazione di Alitalia” e che “le difficoltà non le possono pagare di certo i passeggeri con disagi e ritardi”.

In effetti i dati pubblicati dall’AEA mostrano un livello di disservizio molto elevato nei primi mesi dell’anno. Le statistiche dell’AEA sono imparziali in quanto l’associazione raggruppa tutte le maggiori compagnie tradizionali.

In particolare il 26,2 per cento dei voli Alitalia a breve e medio raggio sono arrivati in ritardo contro una media AEA del 17,8 per cento. Per le tratte intercontinentali la preoccupazione è ancora maggiore in quanto i ritardi dei voli sfiorano il 40 per cento.

Questi disservizi sono dovuti alle difficoltà di un’integrazione tra Alitalia ed Air One che certo non è stata facile, ma è dovuta forse anche alla volontà di cambiare totalmente modello di business in un periodo estremamente breve.

La scelta di focalizzare il proprio “hub” su Roma Fiumicino, rispetto a Malpensa provoca ulteriori difficoltà, in quanto lo scalo romano è molto più congestionato rispetto a quello milanese e dunque è più facile accumulare ritardi.

Inoltre la diversità tra Air One e Alitalia era evidente anche nelle differenti alleanze globali alle quali le due compagnie appartenevano prima della fusione; il vettore di Carlo Toto era in partnership con Lufthansa, mentre Alitalia con Air France. Dopo il merger si è scelto il partner francese, ma questo ha comportato una ridefinizione di tutto il network, con una notevole difficoltà di integrazione.

Le difficoltà nella qualità del servizio non possono non avere anche un impatto sul bilancio economico. I clienti potrebbero facilmente associare i disservizi della nuova Alitalia alla vecchia Alitalia e questo fatto sarebbe preoccupante per la compagnia aerea guidata dall’amministratore delegato Rocco Sabelli poiché potrebbe portare ad una perdita di clienti.

La situazione economica del vettore non sembra facile, nonostante le rassicurazioni di mercoledì 15 luglio al question time alla Camera del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Altero Matteoli.

Infatti il vettore continua ad avere dei tassi di riempimento estremamente bassi, simile a quanto registrava lo scorso anno Air One. In particolare il load factor nei primi 5 mesi dell’anno, secondo dati AEA, è stato pari al 57,4 per cento, circa 15 punti percentuali in meno della vecchia Alitalia.

Se si raffronta lo stesso dato con i grandi operatori europei, i dubbi sul raggiungimento dell’obiettivo di un EBIT negativo solo per 200/250 milioni di euro, aumentano.

Air France ha registrato un tasso di riempimento vicino al 78 per cento e nonostante questo nel primo trimestre ha accumulato perdite per oltre mezzo miliardo di euro.

La nuova Alitalia doveva raggiungere del 72 per cento secondo il “Piano Fenice” e dunque ad oggi l’obiettivo è lontano circa 15 punti percentuali. Certamente i mesi invernali sono stati i più difficili, , ma l’obiettivo non potrà essere raggiunto.

Secondo lo stesso “Piano Fenice” per ogni punto in percentuale in meno di tasso di riempimento, l’EBIT previsto per il 2009 peggiorerebbe tra i 55 e i 60 milioni di euro. Probabilmente Alitalia chiuderà l’anno con un load factor inferiore alle previsioni di almeno 6/8 punti percentuali e dunque non è difficile calcolare che l’EBIT sarà di circa 330/480 milioni inferiore alle previsioni.

A fine anno la compagnia italiana trasporterà circa 20/22 milioni di passeggeri, cioè circa 6 milioni in meno di quanto previsto alla partenza della nuova impresa.

La nuova Alitalia ha inoltre un altro punto di debolezza riscontrabile in tutte le compagnie aeree; è estremamente sensibile alle variazioni di prezzo. In particolare è previsto che per ogni punto percentuale in meno del prezzo medio del biglietto, si prevede un peggioramento dell’EBIT pari a 30/35 milioni di euro.

La crisi del trasporto aereo ha provocato una maggiore competizione e tutti i vettori aerei hanno deciso di ridurre i prezzi dei biglietti per non perdere clientela. Ryanair, la prima compagnia low cost europea ha previsto un calo dello Yield pari al 15/20 per cento per il 2009. Certamente Alitalia non avrà una riduzione così importante, ma le offerte che ha dovuto lanciare tra marzo e luglio, sono probabilmente sintomo di un abbassamento del prezzo medio. Se il prezzo medio fosse 8/10 punti percentuali sotto le previsioni, l’EBIT potrebbe registrare un peggioramento pari a 240/350 milioni di euro.

Sommando le difficoltà di un load factor inferiore alle previsioni e un prezzo medio del biglietto più basso rispetto al “piano Fenice” la perdita operativa potrebbe essere compresa in un range tra i 770 e 1080 milioni di euro.

Quali fattori possono migliorare questa stima disastrosa? Certamente il prezzo del carburante è sceso in modo tale che potrebbe fare stimare una riduzione dei costi legati al rifornimento degli aeromobili dell’ordine del 40 per cento con un risparmio di circa 480 milioni di euro.

I conti di Alitalia dunque potrebbero chiudere con una perdita netta compresa tra i 300 e i 600 milioni di euro. Il limite inferiore non è molto distante dalle previsioni del “Piano Fenice” e dalle affermazioni di Altero Matteoli. Si tratta tuttavia di una stima e come tale deve essere presa. In mancanza di dati ufficiali è l’unico modo per potere immaginare l’andamento della compagnia aerea.

A 6 mesi dalla ripartenza la compagnia continua ad avere notevoli difficoltà e l’estrema difficoltà in cui si trova ad operare certamente non la aiuta.