Perché chi attacca le fondazioni fa il gioco dell’antipolitica

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Perché chi attacca le fondazioni fa il gioco dell’antipolitica

13 Febbraio 2014

Non per amor di polemica bensì per il gusto di un’analisi documentata, vogliamo controbattere a chi dalle pagine di autorevoli quotidiani nazionali ha deciso di fare una crociata contro le fondazioni politiche, complice il 5 per mille versato volontariamente dai contribuenti. Accademici e giornalisti "anti-casta" scrivono che le libere contribuzioni nient’altro sarebbero che una versione mascherata del finanziamento ai partiti; più in generale, si mette alla berlina le attività svolte dalle fondazioni dipingendole come un dopolavoro della politica fatto di scambi di poltrone e di favori, una voragine che sottrae fondi a ben più nobili intenti associazionistici.

Nel calderone finisce anche Magna Carta, la fondazione che per anni (dieci) ha trasfuso idee nella battaglia politica, e nelle vene del nostro giornale, seguendo uno schema – quello tra elaborazione scientifica, formazione della classe dirigente, organizzazione di convegni e seminari, divulgazione giornalistica – che ad altre latitudini viene indagato per capirne esiti e portata storica. Basta farsi un giro sul sito della Fondazione per averne contezza. Ai detrattori nostrani invece interessa solo che grazie al 5 per mille, estorto, così pare, ai cittadini, si alimenti un traffico di milioni di euro destinati alle vacche grasse del, sempre secondo loro, parastato. Non è così per Magna Carta e spiace che sul banco dell’accusa non sieda la plebe intellettuale che imperversa sui blog à la page, ma ben più edotti e riveriti osservatori.

Ebbene, per gli anni fiscali 2010 e 2011, nel dicembre 2013 sono stati accreditati a Fondazione Magna Carta in totale meno di 1.500 euro tramite libera contribuzione di privati. Una cifra che merita un ragionamento controcorrente, opposto alle scomuniche dei Savonarola di turno. Altro che pozzi senza fondo! Non sarà che chi s’impegna nelle fondazioni lo fa con una bella dose di passione personale, per responsabilità, come un lavoro necessario (al Paese), perché, come si diceva una volta, "ci crede"?

La rete costruita da Magna Carta sui territori italiani e ancor di più l’essere diventato un solido punto di riferimento del network che raggruppa tanti centri studi europei e atlantici, sta lì a dimostrarlo. Magna Carta è stata (ed è) protagonista della migliore stagione di quel fenomeno internazionale passato sotto il nome di nuovo conservatorismo (economia sociale di mercato e difesa della tradizione e dell’interesse nazionale) che, ben oltre i nostri angusti confini, rappresenta una delle eredità più innovative dell’ultimo decennio in termini di teoria politico-culturale. Ma sappiamo che facendo un’affermazione del genere ci addentriamo in una discussione troppo seria per certa bellettristica, soprattutto se il paradigma dominante è diventato il birignao dell’antipolitica.