Perché dobbiamo riempire gli arsenali della democrazia

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Perché dobbiamo riempire gli arsenali della democrazia

Perché dobbiamo riempire gli arsenali della democrazia

19 Gennaio 2023

Gli arsenali della democrazia, come li chiamava Roosevelt, si stanno svuotando. Secondo i dati diffusi dallo Stockholm International Peace Research Institute, la spesa militare in rapporto al PIL dell’Italia è in quasi costante decrescita. Dal 3% del 1966 è scesa fino al 2,1% del 1988. Nel 2015 ha toccato il minimo di 1,2%, l’ultima rilevazione del 2021 indica il raggiungimento di quota 1,5%.

Ma com’è la situazione degli altri Paesi? La media dei Paesi membri dell’OCSE ha un andamento simile al nostro, con la differenza che l’Italia è sempre stata ben sotto la media. Il discorso è diverso per i Paesi Membri dell’Unione Europea. Prima del 1999 l’Italia spendeva molto meno degli altri, da allora le percentuali si sono sostanzialmente allineate.

L’assenza di investimenti per creare la famosa “politica di difesa comune”, ormai argomento di discussione dei pranzi di Natale più che delle istituzioni comunitarie, rischia di diventare un problema. Gli Stati Uniti hanno speso sempre molto più dei Paesi europei. Ma, pur avendo il primato nel mondo in termini assoluti, anche gli arsenali della democrazia americana si riducono rispetto al passato: dal 9% del 1960 è arrivata al 3,2% del 2021.

La Cina si attesta oggi all’1,7%, per un totale di 293 miliardi. Anche per questo il governo di Xi-Jinping prevede un vasto programma di riarmo. La Federazione Russa, invece, ha sempre mantenuto alta la spesa miitare, oggi è il quinto Paesi in termini assoluti, in forza di una spesa che vale il 3,1% del Pil.

Secondo il Royal United Services Institute, le munizioni di artiglieria che gli Stati Uniti producono attualmente in un anno sarebbero bastate solo per 10 giorni o due settimane di combattimento in Ucraina nella prima fase della guerra. Sul Wall Street Journal, Jacquelyn Schneider ha scritto che “quattro mesi di sostegno all’Ucraina hanno esaurito gran parte delle scorte di armi statunitensi, compreso un terzo dell’arsenale di Javelin e un quarto di Stinger”. Le conseguenze del CHIPS and Science Act sono destinate a riverberarsi sempre più negativamente sulla Cina.

“Oggi, gli input vitali sono la capacità di produrre in serie semiconduttori ad alte prestazioni, satelliti e sistemi di guerra algoritmica che dipendono da essi”, ha spiegato lo storico Niall Ferguson in un editoriale su Bloomberg. E non un caso che l’autore sottolinei che “gli Stati Uniti e i loro alleati stanno combattendo indirettamente fornendo all’Ucraina ciò che Alex Karp, amministratore delegato di Palantir Technologies, chiama ‘il potere dei sistemi avanzati di guerra algoritmica’.”

Ma, così come la Russia non è intenzionata ad arretrare sul campo di battaglia, la Cina non è disposta a rinunciare a essere, secondo la Casa Bianca, “l’unico concorrente con l’intento di rimodellare l’ordine internazionale e, sempre più, il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per portare avanti tale obiettivo”. Considerate le enormi difficoltà europee sul terreno della politica di difesa comune, le prospettive dei Paesi Occidentali sono destinate ad essere sempre più interdipendenti.

Se la globalizzazione mostra delle crepe non significa che sia terminata o fallita, ma sicuramente impone di gestire con maggiore attenzione le relazioni internazionali. La collocazione geografica dell’Europa e la capacità di spesa, nonché di innovazione, americana sono due asset complementari che possono garantire la resistenza delle democrazie liberali. Ma così come l’integrazione europea dovrà vedere una svolta, ogni singolo Paese dovrà fare la sua parte.

Senza cedere alle sirene ingannevoli del pacifismo e del disarmo, che portano solo a una sconfitta più rapida a beneficio delle dittature, sarebbe bene iniziare ad adeguare la spesa militare al livello stabilito dalla Nato: il 2% del Pil. Dobbiamo tornare a riempire gli arsenali della democrazia. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha recentemente confermato che la strada tracciata è quella. Non c’è altro tempo da perdere.