Perché i sindacati sono un freno allo sviluppo del mercato auto in Italia
01 Dicembre 2009
Il futuro di Termini Imerese è molto incerto e molto dipenderà dalle riunioni che si terranno in questo mese di dicembre tra le parti in causa, vale a dire Fiat, il Governo e i sindacati.
La riunione di ieri, lunedi 30 novembre, tra il Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola e i sindacati, ha mostrato una posizione sindacale molto distante dalla realtà. Le organizzazioni rappresentanti degli interessi dei lavoratori hanno chiesto un aumento produttivo nel settore automotive da 600 mila a 1,6 milioni veicoli l’anno. Tale richiesta al Governo è molto irreale, poiché difficilmente potrà essere fatto qualcosa in tal senso.
Nel 2008 in sei stabilimenti Fiat italiani sono stati prodotti 659 mila veicoli. Nel nostro paese si producono meno auto che in Repubblica Ceca o Belgio e dunque non si può dire che l’Italia sia una potenza nel settore automotive. Il Ministro Scajola ha fatto giustamente notare che nel nostro paese si vendono molti veicoli (siamo il secondo mercato europeo), ma al contempo se ne producono pochi.
Al di fuori di Francia e Germania, che hanno produttori nazionali rilevanti e che hanno livelli produttivi fino a 9 volte a quelli italiani, in Europa si è consolidata una tendenza da parte delle grandi case automobilistiche: andare a produrre laddove le condizioni di business sono migliori. Questo non significa solo produrre con un costo del lavoro basso, ma soprattutto è importante avere condizioni di business certe e una burocrazia che non sia eccessivamente pesante. Non è forse un caso che Gran Bretagna e Spagna, che non hanno più delle case automobilistiche importanti, producano 3 volte il numero di autoveicoli prodotti in Italia.
È essenziale nel mercato odierno sapere attirare gli investitori esteri. Questo in Italia non è mai stato fatto, non solo nel settore auto motive.
La posizione sindacale è un altro elemento di freno allo sviluppo del mercato auto in Italia. I Sindacati chiedono che il rinnovo degli incentivi sia condizionato al salvataggio delle fabbriche italiane. Questa posizione, non solo è irrealistica, ma va contro le leggi comunitarie. Non è possibile condizionare un aiuto con un clausola di questo tipo, poiché va contro ogni legge della concorrenza. Una misura di tale genere sarebbe bocciata immediatamente dall’Unione Europea e i sindacati dovrebbero saperlo.
Se questa posizione è irrealistica, quella del delegato sindacale Roberto Mastrosimone della Fiom mostra l’inadeguatezza del mondo sindacale. La proposta Fiom è quella che, per salvare lo stabilimento di Termini Imerese, venga ridotta la produzione Fiat negli altri stabilimenti stranieri. Se Fiat adottasse una tale misura, probabilmente, non si ritroverebbe a chiudere solamente lo stabilimento siciliano, ma andrebbe direttamente verso il fallimento e tutti i 22 mila dipendenti italiani verrebbero licenziati. Gli stabilimenti produttivi esteri, infatti, hanno un’efficienza maggiore rispetto a quelli italiani. Se dovesse essere ridotta la produzione estera, il gruppo torinese si troverebbe direttamente fuori mercato.
I sindacati hanno fatto richieste molto irrealistiche al Governo. Il Ministro Scajola ha risposto che potrebbero essere rinnovati gli incentivi, ma questi saranno legati all’innovazione tecnologica.
Tutte le politiche d’incentivi di tutti i Governi proposti negli scorsi anni sono andate a dopare la domanda di veicoli, ma mai hanno posto l’attenzione sulla produzione. Sarebbe necessario che venisse invertita questa tendenza, anche eliminando la politica costosa dei sussidi e favorendo invece l’arrivo di investitori stranieri nel mondo automotive.
Semplificare la burocrazia e alleggerire la tassazione sono sicuramente misure molto più complicate che adottare una politica degli incentivi, ma se non verrà attuata una tale riforma, la produzione di autoveicoli in Italia difficilmente fermerà il declino che ha conosciuto nell’ultimo decennio.