Perché i tassi sui mutui sono volati al 5,71%
22 Novembre 2007
Secondo i dati forniti dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI) nel bollettino mesile di ottobre (sezione Recent evolution of the italian banking system) a settembre il tasso medio sui mutui concessi è stato del 5,63% contro una media in Europa del 5,02%. Ad ottobre il tasso è salito al 5,71%, il più alto da 5 anni.
Negli anni scorsi, e ancora oggi, i mutui concessi avevano, anche se formalmente a tasso fisso, una forte componente variabile. Secondo la teoria delle aspettative, dati i tassi molto bassi degli anni scorsi, l’unica predizione possibile per il futuro era che salissero. Quindi tutte le istituzioni finanziarie hanno concesso mutui a tassi che rispecchiassero le aspettative di aumento dei tassi futuri.
Oggi ci troviamo con concessioni di nuovi mutui al 5,71% (nel caso specifico di ottobre secondo i dati ABI) senza però conoscere il tasso medio pagato sui mutui concessi 5 anni fa a tassi variabili. L’ABI fa inoltre presente che oggi, rispetto al passato, è cambiata la composizione tra mutui concessi a tasso fisso e mutui concessi a tasso variabile. Conoscere questa proporzione e il suo cambiamento nel tempo potrebbe fornire maggior chiarezza sull’andamento del mercato. Secondo i dati ABI il tasso minimo storico di concessione di mutui è stato luglio 2003 con il 3,58%. Questo per i mutui a tasso fisso. Cosa è successo ai mutui a tasso variabile negli utlimi 5 anni? Intuitivamente possiamo immaginare che con i tassi in crescita i nuovi mutui vengono concessi a tassi variabili data la tendenza del mercato di oggi.
In generale se i tassi sono bassi le istituzioni tendono a concedere mutui a tassi variabili data l’aspettativa di aumento di questi. Al contrario quando i tassi sono elevati le stesse istituzioni finanziarie tendono a erogare mutui a tassi fissi, data l’aspettativa di discesa dei tassi. Queste situazioni non sono negoziabili dai consumatori e quindi chi vuole comperare una casa e non ha denaro contante deve per forza sottostare alle condizioni di “mercato”.
In questo scenario la crisi del cosidetto sub-prime si configura come una ulteriore fonte di costo per il sistema economico. Indipendentemente dal livello dei dati nei singoli paesi, in un mercato cosi altamente integrato, le istituzioni più esposte dovranno far fronte ai costi delle opeazioni che avevano come sottostante i mutui concessi a fronte di strumenti derivati. Se quindi una istituzione finanziaria italiana aveva una esposizione sul mercato del subprime all’estero, questo non significa che la stessa isituzione non scarichi il costo delle operazioni sul mercato interno. E viceversa.
Ad oggi, l’Europa, e l’Italia secondo le parole del Governatore di Bankitalia Mario Draghi, a margine dell’Ecofin a Oporto in Portogallo, appare meno esposta degli Stati Uniti a questa crisi anche se i valori, di questa minor esposizione, non sono ben noti.
Per chi richiede un mutuo per l’acquisto di una casa, i più elevati tassi di concessione dei mutui incorporano, o incorporeranno, il costo delle operazioni di subprime da parte delle istituzioni finanziarie e di conseguenza con tassi più alti aumenterà il rischio di insolvenza nel ripagare il mutuo. Questo rischio viene incorporato da chi concede il mutuo nel tasso applicato che diviene sempre più elevato sia per l’aumento dei tassi in sè sia per i maggiori rischi di insolvenza. Conseguentemente i rischi delle operazioni di subprime si sono trasferiti, o si trasferiranno, su chi decide di prendere a prestito denaro per l’acquisto di una casa. In questo senso i prezzi delle case sono in crescita, nontanto per il costo dell’immobile ma per il costo dei mutui.