Perché il federalismo demaniale porterà più soldi nelle casse degli Enti locali
30 Giugno 2010
Un’altra grande manovra è stata finalmente avviata. I suoi punti salienti seguono le seguenti direttive:
– conferimento (gratuito) di beni demaniali e del patrimonio disponibile dello Stato (per un valore di circa 3,2 miliardi di Euro, suddivisi tra 1,9 miliardi di fabbricati e 1,3 miliardi di terreni) agli enti locali (in via prioritaria ai comuni, in ossequio al principio di sussidiarietà). Alle Regioni andranno in particolare i beni del demanio marittimo (spiagge, porti etc) e del demanio idrico (fiumi, laghi etc.; una quota dei proventi dei canoni ricavati dall’utilizzazione del demanio idrico trasferito dovrà però essere trasferito alle Province); i laghi che si estendono sul territorio di più Regioni (come, per esempio, il Lago di Garda) potranno però essere attribuiti solo previa intesa tra gli enti interessati, mentre i fiumi che scorrono sul territorio di più Regioni resteranno invece allo Stato.
– destinazione del 75% del ricavato ottenuto dalla eventuale vendita di tali beni alla riduzione del debito (o, nel caso eccezionale in cui non ci siano debiti, per spese di investimento) ed imputazione del restante 25% al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato;
– istituzione di un fondo nazionale per acquisire i beni che non servono all’Amministrazione centrale e che gli enti locali non vogliono acquisire;
– esclusione dei privati dai fondi ai quali i beni conferiti dovessero essere stati assegnati (dopo essere stati in ogni caso valorizzati).
Nel patrimonio indisponibile dello Stato resteranno invece gli immobili già utilizzati per finalità istituzionali, i porti, gli aereoporti di rilevanza nazionale, i beni del patrimonio culturale, le reti stradali ed energetiche, le ferrovie, i parchi nazionali e le riserve.
Il federalismo demaniale è dunque il primo passo concreto verso la devolution e il primo passo necessario per cercare di mettere ordine nel caos di venti Regioni con bilanci che seguono quindici diversi metodi di contabilizzazione e un disordine nelle spese pagato da tutti gli italiani con la tecnica dei ripiani a piè di lista e con il proliferare delle imposte locali: i tecnici della Commissione paritetica tra lo Stato e le autonomie locali ne hanno contate ben 45 diverse (18 comunali, 17 regionali e 10 provinciali), tra cui, per esempio, anche la famigerata "tassa sull’ombra" che colpisce, a Terni, "la proiezione sul suolo pubblico di balconi, tende e pensiline".
L’impresa di mettere ordine nei conti pubblici passa comunque necessariamente da un censimento delle proprietà pubbliche e dalla costituzione di un attendibile conto patrimoniale; impresa non facile a quanto sembra se è vero che alla richiesta del Ministero agli enti locali di comunicare tutti i beni posseduto entro il 31 marzo, hanno finora risposto solo la metà degli stessi enti.
I beni da trasferire devono infatti essere censiti in appositi elenchi da allegare ai dpcm che dovranno essere adottati entro 180 giorni dall’entrata in vigore del Dlgs (approvato in via definitiva dal consiglio dei ministri il 20 maggio scorso).
Entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, infine, dovranno essere individuati ed attribuiti, sempre con dpcm, anche i beni del Ministero della Difesa, trasferibili in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per esigenze di difesa e sicurezza nazionale.
Gli enti che vorranno acquisire i beni dello Stato dovranno dunque presentare domanda all’Agenzia del Demanio entro 60 giorni dalla pubblicazione in gazzetta dei citati decreti, indicando nella stessa domanda come e con quali scopi intendono utilizzare l’immobile da acquisire.
I beni trasferiti entreranno quindi a far parte del patrimonio disponibile degli enti locali (ad eccezione del demanio marittimo) e potranno essere venduti solo dopo essere stati adeguatamente valorizzati (dietro apposita autorizzazione dell’Agenzia del Demanio).
I beni per i quali non venga presentata domanda confluiranno invece in un patrimonio vincolato affidato alla stessa Agenzia del Demanio. Abbiamo detto che il conferimentro degli immobili sarà gratuito. A dire il vero però, a fronte però del trasferimento, gli enti che abbiano ricevuto beni demaniali, a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo al passaggio di proprietà, subiranno comunque una riduzione dei trasferimenti erariali.
E, se è vero che le spese sostenute per la valorizzazione dei beni trasferiti saranno escluse dal rispetto dei vincoli del patto di stabilità, tale esclusione, però, si applicherà soltanto nei limiti degli importi già sostenuti dallo Stato per la gestione e la manutenzione degli stessi immobili.
La razionalizzazione e il risparmio per i conti pubblici, comunque, è evidente. Basti pensare, infatti, che, oggi come oggi, il rendimento di tale patrimonio è del tutto inconsistente: a fronte di un patrimonio dello Stato che vale circa 49 miliardi di Euro, il rendimento è di soli 189 milioni (secondo i dati della Ragioneria di Stato); lo 0,qualcosa%.
Nella specie, poi, il patrimonio da trasferire concretamente agli enti locali frutta oggi allo Stato solo 20 milioni di euro l’anno. Non dovrebbe essere difficile, pertanto, per gli enti locali ricavarne di più e far fronte così ai minori trasferimenti.