Perché il ritorno allo Stato è l’origine del disastro e non la soluzione

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Perché il ritorno allo Stato è l’origine del disastro e non la soluzione

28 Novembre 2008

 

L’analisi più puntale dell’attuale crisi finanziaria è stata fatta da Henry Hazlitt nel suo libro ‘L’economia in una sola lezione’: “Mutui sulla casa garantiti dal governo, specialmente quando sia richiesto un anticipo molto basso o nessun anticipo, comportano inevitabilmente prestiti molto peggiori di ogni altro. Essi costringono il contribuente in generale a sussidiare l’alto rischio connesso e a caricarsi le perdite. Inoltre incoraggiano la gente a comprare case che non possono permettersi. Tendono a produrre una sovrabbondanza di abitazioni rispetto ad altre cose. Drogano temporaneamente il mercato, alzano il costo delle case per tutti (compresi quelli che hanno comprato la casa grazie ai mutui garantiti) e possono spingere ingannevolmente l’industria delle costruzioni a una espansione incontrollata e costosa. In breve alla lunga non incrementano la produzione nazionale nel suo complesso ma al contrario incoraggiano investimenti disastrosi”.

Hazlitt, un giornalista economico americano che divenne amico stretto di Mises, scriveva questa pagina nel 1946. Sono passati 68 anni ma sembra ieri, anzi oggi e domani.

Se c’è un momento giusto per riscoprire il liberalismo di Hayek e Mises, di Einaudi e Friedman, in realtà è proprio questo, alla faccia degli opportunisti bipartigiani che, persa l’ultima corsa della storia, usano aggrapparsi alla ringhiera del primo tram che passa per poi farlo a pezzi se vedono che il binario è ostruito da una montagna di rottami arrugginiti.

Non è semplice il compito di chi deve trovare una via d’uscita dalla crisi finanziaria globale ed evitare le conseguenze devastanti della restrizione dei consumi e del credito sull’economia reale, è chiaro. La lettura di Hazlitt può evitare errori fatali. Fra una scarpinata e l’altra lungo le rotte delle istituzioni finanziarie globali, verrebbe loro da ripensare che cosa c’è all’origine dello sconquasso planetario: non una crisi etica provocata dall’avidità dei manager – l’avidità che è stata equamente distribuita dal Signore in ogni tempo e in ogni luogo – ma la convinzione che agli straordinari e apparentemente illimitati profitti privati avrebbe fatto seguito, in caso di disfatta, non la rovina personale, il fallimento e il rientro nei ranghi, ma al contrario la dispersione delle perdite fra milioni o miliardi di poveracci.

Operai, impiegati pubblici o privati, liberi professionisti, precari, piccoli medi e grandi imprenditori, insomma quelli che si alzano presto per andare a lavorare o cercare lavoro e risparmiano quel tanto che basta per pagare le tasse allo Stato, sono loro le vittime della crisi. Sono stati pugnalati alle spalle,mentre come al solito si davano da fare, dalla madre di tutte le recessioni, la gigantesca bolla edilizia provocata dai mutui subprime e dal conseguente crollo di Freddy Mac e Fannie Mae, i due fondi parastatali che avevano offerto la loro garanzia in nome e per conto nientepopodimeno che degli United States of America.

Fannie Mae e Freddie Mac sono nati dall’ideologismo della sinistra e dal sociologismo della destra per favorire la diffusione più ampia possibile della proprietà immobiliare e hanno goduto di miliardi di dollari di linee di credito garantite dallo Stato, tassi di credito di favore da parte della Fed in nome dello Stato, esenzione fiscale a livello statale e federale. Soprattutto essi avevano alle spalle la garanzia assoluta di non fallire, al di là di ogni spericolatezza manageriale e di ogni falsificazione di bilancio (c’è stato anche questo, sì).

Il ritorno allo Stato di cui ora si vagheggia in Italia e nel mondo, nelle facoltà di economia, negli editoriali di prima, nei gabinetti ministeriali è l’origine del disastro, non la sua soluzione. Al di là dei provvedimenti giusti o sbagliati che oggi si prendono di fronte all’emergenza, al di là delle cattive idee della sinistra e delle buone intenzioni della destra, in Italia come altrove unite spesso soltanto dal rifiuto del liberalismo e dall’idea della funzione messianica dello Stato, quello che soprattutto serve oggi è difendere la verità dei fatti dalla rimozione dei nuovi opportunisti.

Sennò, passata la tempesta, ci ritroveremo in una normalità ingloriosa, da ultimi della classe per efficienza amministrativa, competitività economica, sostegno sociale, libertà di impresa. Ok, il magna magna patriottico sull’Alitalia non era nelle intenzioni; ok, la social card ha un nome magniloquente ma è meglio che niente.. e però, crisi o non crisi, dateci uno Stato meno invadente e più efficiente, allentate la corda del fisco sulle imprese e sui privati, favorite la concorrenza in ogni settore, smantellate le Iri locali, abolite le province, riducete sprechi e doppioni, regalateci un federalismo leggero. E soprattutto uno Stato leggero.

PS – Il libro di Hazlitt non è stato ancora pubblicato in italiano, devo la scoperta del passo sopra citato a un prezioso sito portoghese di cultura austro-liberale, Causaliberal.net.