Perché la “resurrezione” di Cristina Kirchner potrebbe essere fatale non solo per lei
23 Maggio 2019
Recentemente, le maggiori testate giornalistiche di tutto il mondo si sono interessate alle imminenti elezioni presidenziali argentine, il 27 Agosto si terranno le primarie degli schieramenti “in gara” e il 26 Ottobre ci sarà il primo turno. Un interesse più che legittimo, dal momento che l’assetto geopolitico dell’America latina ha cambiato “volto” molto rapidamente, nel giro di pochi anni e Buenos Aires è uno degli artefici di questa
svolta.
Ad interessare maggiormente la stampa è stato, però, il ritorno in campo di Cristina Kirchner. L’ex first lady, nonché ex presidente, nonché attuale senatrice ha annunciato la sua volontà di correre per la vicepresidenza formando un ticket con il candidato presidente della coalizione peronista, guidata dal Partito Giustizialista, Alberto Fernandez. Un aspetto sicuramente non trascurabile, ma il suo ritorno potrebbe trasformare un’ipotetico trionfo elettorale, che le maggiori testate danno già per certo, in un’autentica vittoria di Pirro per lei o per il suo stesso partito.
Le ragioni sono sostanzialmente due. Una legata al nuovo panorama geopolitico del qualeil presidente argentino Mauricio Macrì è uno dei protagonisti. La seconda è, invece, legata alle profonde contraddizioni che stanno connotando il fronte peronista. Se infatti Macrì, negli ultimi tempi, ha vacillato sul versante economico, pagandone il conto in termini elettorali e di popolarità (secondo i sondaggi le intenzioni di voto lo darebbero solo al 28%), ha compiuto passi importanti sul piano della politica estera. Infatti, insieme al presidente brasiliano Jair Bolsonaro e al presidente cileno Sebastian Pinera, ha smantellato l’ Unasur (Union de Naciones Suramericanas) e al suo posto ha istituito il Prosur (Foro para el Progreso y Desarollo de America Latina). E le differenze non sono solo nel nome.
Macrì, Bolsonaro e Pinera insieme a Perù, Paraguay, Colombia, Ecuador e Guyana hanno intenzione di rinforzare i rapporti con la Casa bianca, isolando quindi paesi come Venezuela, Uruguay e Bolivia. Insomma, gli alleati della Kirchner. Lo stesso Jair Bolsonaro nei giorni scorsi, dopo aver incontrato l’ex presidente statunitense George W. Bush, ha dichiarato “Sappiamo delle difficoltà che ci sono perché il Venezuela torni alla normalità, ma più importante che fare un gol è evitare di prenderlo, il che avverrebbe se l’Argentina tornasse in mano alla Kirchner. Non sono un veggente ma dalla sua faccia ho compreso che Bush era preoccupato non solo per il Venezuela ma anche per la questione dell’Argentina “. Ciò apre due possibilità, per quanto riguarda la politica estera, entrambe molto difficili per la Kirchner.
Nel primo caso l’Argentina rischia di trovarsi isolata nel contesto sudamericano con pochi alleati “rilevanti” nell’area (Venezuela, Bolivia e Urugay) e senza più il supporto del Brasile e degli Stati Uniti. Donald Trump ha già dichiarato il suo sostegno a Macrì, promettendo ingenti investimenti in caso di una sua vittoria. Nel secondo caso, invece, il gioco di alleanze potrebbe restare immutato. Alberto Fernandez è sì un peronista, ma un moderato avverso alla corrente kirchnerista e tendente al centro. Un candidato con ottime possibilità di intercettare il voto dei moderati indecisi e che quindi potrebbe lasciare immutata le alleanze dell’Argentina, mettendo la Kirchner in una posizione scomoda, finendo per ostracizzarla dal suo stesso partito. Arriviamo così alla seconda ragione. Non solo Fernandez, al contrario di quanto si legge nei giornali, non è un semi- sconosciuto negli ambienti che ruotano intorno alla Casa Rosada (sede centrale del potere esecutivo della Repubblica Argentina), parliamo infatti dell’ex Soprintendente per la Sicurezza durante la presidenza di Carlos Saul Menem e dell’ex Capo di Gabinetto durante la presidenza sia di Nestor che di Christina Kirchner. Non solo, Fernandez rappresenta uno dei volti della corrente moderata e anti kirchnerista che sembra avere preso in mano il Partito Giustizialista.
Due sono le possibilità che apre questo “golpe intra partitico”.La prima è che i peronisti moderati riescano a prendere pieno controllo del Partito Giustizialista, marginalizzando la corrente kirchnerista e quelle più radicali. L’eventualità forse più probabile, avvalorata anche dallacandidatura di Juan Schiaretti, uno dei più implacabili avversari della Kirchner almeno dal 2008, tradottasi poi in una vittoria. E in questo caso per la “rediviva” Cristina Kirchner questa resurrezione potrebbe tramutarsi in un colpo di grazia, tenendo anche conto anche delle complesse vicende giudiziarie che la vedono direttamente coinvolta. Se si concretizzasse la seconda eventualità, all’interno del fronte peronista si aprirebbe una vera e propria frattura tra la corrente moderata vicina a Fernandez e quelle più ortodosse vicine alla Kirchenr. Una frattura che, in caso di vittoria, causerebbe non pochi problemi all’interno della Casa Rosada.