Perché la veltronomics non può rinnegare la politica di Prodi
18 Febbraio 2008
Walter Veltroni non finisce mai di sorprenderci. Un grande
disegnatore satirico, Giorgio Forattini, lo rappresenta come un grosso verme in
posizione eretta; ma il vero simbolo dell’ex sindaco di Roma dovrebbe essere il
camaleonte, l’animaletto che assume il colore dell’ambiente in cui si trova.
Anni or sono scoprimmo che, nonostante la sua antica iscrizione al Pci, il
leader del Pd non era mai stato comunista. Adesso, dopo il discorso
programmatico di sabato all’Assemblea costituente del suo partito, ci siamo
resi conto che il Pd non era il perno della maggioranza che sosteneva il
Governo Prodi, ma la principale forza di opposizione, tanto che adesso sta
proponendo agli elettori una politica totalmente alternativa a quella condotta
finora.
Prodi aveva caricato gli italiani di tasse, Veltroni ridurrà la
pressione fiscale, sfrondando tutte le aliquote di un punto l’anno.
Prodi aveva
subito il veto dei Verdi sulle opere pubbliche, Veltroni rilancerà le
infrastrutture.
Prodi e Padoa Schioppa erano andati a caccia di “tesoretti” da redistribuire anche a costo di mortificare la ripresa
economica (con la manovra del 2007) e di peggiorare persino il deficit
tendenziale (con la Finanziaria 2008). Veltroni ridurrà la spesa pubblica
(girando però lontano da quella sociale e, immaginiamo, da quella degli
stipendi del pubblico impiego).
Prodi aveva tartassato i giovani precari
costringendoli a far fronte – col loro prelievo contributivo (9 punti in più
dal 2007 al 2010) – agli oneri della controriforma pensionistica; Veltroni
promette loro un salario minimo legale di 1.000-1.100 euro mensili
(dimenticando che ci sono, purtroppo, tanti lavoratori dipendenti che non
percepiscono una retribuzione equipollente).
E il professore bolognese ? Sabato
si aggirava per il salone come un vecchio zio ormai rassegnato all’amara
battuta di Groucho Marx: “Non mi iscriverei mai ad un club che ammette tra i
suoi soci persone come me”.
Quella del Walter nazionale, in fondo, è una
vecchia e collaudata tecnica degli ex comunisti: l’uso dell’amnesia
auto-indotta come arma di rigenerazione politica. Quando sono in difficoltà,
gli eredi di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer si trasformano in tanti “smemorati di Collegno”, in tante persone “nate ieri”, che gettano
a mare un passato ingombrante e si mettano subito alla ricerca di un futuro.
Magari comportandosi come quell’uccello – il cuculo, forse – che depone le uova
nel nido degli altri.
Coloro che, dopo la caduta del Muro di Berlino, non
esitarono a ballare sulle macerie di 70 anni della loro storia, non si fanno
sicuramente degli scrupoli ad abiurare un “governicchio” che in una
ventina di mesi ha scontentato tutti gli italiani. Ecco, allora, Veltroni che
parla, propone e dispone come se, dal 2006 ad oggi, fosse rimasto seduto sui
banchi dell’opposizione, come se non avesse trascorso tanti anni al
Campidoglio, ma fosse appena tornato dall’Africa e si accingesse a consegnare
alle cronache le sue memorie di viaggio.
leitmotiv della propaganda
elettorale del Pd è chiaro: il Governo Prodi ha realizzato il risanamento
finanziario di un Paese stremato, ha ottenuto risultati formidabili sul terreno
della lotta all’evasione, ma è stato impedito dal “cattivo” Clemente
Mastella e dalla “voglia di elezioni” del centro destra di avviare una
grande stagione di riforme. Il PdL deve smontare questa rappresentazione
distorta dei fatti.
L’Unione ha potuto avvalersi di un periodo di crescita
economica che, unitamente all’impianto normativo predisposto dal Governo
Berlusconi prima di passare la mano, ha consentito l’inatteso e imprevisto
boom di entrate (il famoso extragettito) nell’”anno del Signore” 2006,
quando TPS andava in giro raccontando che l’Italia era tornata alla situazione
tragica del 1992.
Raccontare che pochi mesi dopo l’insediamento la terribile
coppia Prodi-Visco aveva già combattuto e vinto l’evasione è una clamorosa
bugia.
E se nel 2007 il gettito è aumentato ciò non è dipeso dalla ritrovata
virtù dei contribuenti, ma dal fatto che gli italiani sono stati costretti a
pagare nuove tasse. Sono state le maggiori entrate a tenere in equilibrio i
conti pubblici e a consentire la redistribuzione dei “tesoretti”, quando
sarebbe stato meglio utilizzare i surplus per risanare strutturalmente le
finanze pubbliche.
Ci accorgeremo presto
– basterà che il rallentamento dello sviluppo produca i suoi
effetti sul gettito – di quanto
fosse effimero il risanamento di Prodi, dal momento che il deficit 2008 si
avvicinerà nuovamente alla soglia del 3% nella seconda metà dell’anno.
Ecco perché non si può consentire, durante la
campagna elettorale, che il Pd prenda, nei fatti, le distanze dall’esperienza
del Governo Prodi e che Veltroni si presenti all’opinione pubblica (avvalendosi
del conforto dei media più importanti) come il “figlio del contadino
nuovo”.