Perché l’addio di Bolton alla Casa Bianca segna la fine dell’ultima utopia occidentale

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Perché l’addio di Bolton alla Casa Bianca segna la fine dell’ultima utopia occidentale

Perché l’addio di Bolton alla Casa Bianca segna la fine dell’ultima utopia occidentale

14 Settembre 2019

Segni del tempo. I baffi sproporzionati di John Bolton lasciano la Casa bianca: è lo stesso Trump a volerne fare a meno. Sarà però che è lo spazio per ciò che Bolton rappresenta ad essersi fatto angusto. E qui non parliamo tanto di geopolitica o del ruolo che vogliono avere nel mondo gli Stati Uniti d’America.

Qui vogliamo interrogarci, pur con ogni cautela, sul significato che può avere ancora oggi la parola “Occidente” – e farlo su un giornale come questo ha di certo il suo perché.

La ragione è che l’uomo Bolton, col suo piglio pragmatico e la sua stringente fibra morale, con la simpatia e l’affabilità che chiunque lo abbia conosciuto giura che egli possegga, pur sotterrata sotto la sua proverbiale espressione ermetica, è ancor più e soprattutto un simbolo.

Il suo è l’Occidente dei nuovi conservatori, nati trotzkisti ed hegeliani fin nel midollo. È il profumo pungente di Hegel che accompagna Fukujama nel racconto dell’ultima storia, quella conclusa e dunque completa. Il premio per gli uomini che hanno saputo assecondare, non condurre, il lungo pellegrinaggio di libertà che la storia umana ha compiuto e che hanno infine raggiunto la meta. E la democrazia liberale incarna quell’assoluto compimento.

L’ultima grande utopia occidentale, l’ultima ortodossia civile della nostra società si fonda sull’idea che l’Occidente ha anticipato un percorso che è comune, universale: da replicare ovvero che comunque finirà per replicarsi da sé. Più che esportata, la democrazia va sollecitata.

C’è una mistica dietro i falchi della politica estera americana. Il senso di una missione e di un Occidente che ha l’ardire e l’ardore di riconoscersi a capo di un movimento epocale, storico, di destino. Direte che forse questi sono toni alti, ma la vocazione universale di una civiltà segna il suo apice. Essa si riconosce entro dei confini, ma straborda per autoreplicarsi e sopravvivere.

Questa tendenza oggi è superata; roba vecchia, inattuale: forse per questo Bolton appare a molti come un vecchio arnese. Perché a dispetto di Fukujama, la storia ha continuato a correre.

Per i conservatori ottimisti, per i “conservatori attivi” come Bolton, la civiltà è predisposizione ontologica di un tipo umano, la sua massima aspirazione materiale e spirituale. La civiltà segna un di qua ed un di là: distingue ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. La differenza tra coloro che parlano e coloro che blaterano, avrebbe detto qualche antico frequentatore della biblioteca di Alessandria.

Oggi non ne siamo più convinti di questa distinzione. Tremiamo all’idea di avere sulle spalle la lunga storia d’Europa, con i suoi chiari ed i suoi scuri. Forse è proprio l’idea di distinzione a farci paura, perché ne cogliamo un significato negativo, respingente, isolante. Eppure a smussare troppo gli angoli ci si tocca ma non ci si incastra, è una legge della geometria prima che della sociologia. E ci troviamo così a dar credito di dignità ad ogni tradizione altra, fuorché alla nostra.

Ed ecco perché, in tutta questa faccenda, perfino il tipo conservatore ha la necessità di trasformarsi: dai conservatori nuovi bisogna passare ai nuovissimi. Se l’Occidente (questo il nome che vogliamo dare al nostro contenitore di civiltà) indietreggia, bisogna evitare di trasformare questo cammino in una rotta. Perché, alla fine va tenuto in conto, a scartare il superfluo si fa brillare l’origine. L’άρχη, il principio da cui tutto riparte.

Forse questa è la grande sfida del mondo conservatore: orfano di un dato civile di positiva e arrembante affermazione, deve ragionare di un recupero, mai nostalgico, del dato originario e della visione umana di questa parte di mondo. Non un inno al passato, ma al sempre possibile.

Insomma, ragionando di baffi siamo finiti a parlare di “ovest”. C’è una cosa però che deve valere per l’Italia e che spesso dimentichiamo. Guardiamo ad ovest, ma con i piedi nelle acque azzurre del Mediterraneo: anche quella, per noi, da secoli, una casa accogliente!